Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Io, riformista vado con Sel per ritrovare la vera passione

a cura di in data 17 Ottobre 2011 – 16:19

La Repubblica – Il Lavoro 17 ottobre 2011 – Perché uno come me, socialista riformista da sempre, sta con Sel? Me lo hanno chiesto in tanti in questi giorni: il caso ha voluto che la risposta arrivasse da un semplice episodio, più rivelatore di tante spiegazioni dottrinarie. Ero a Bruxelles, agli Open Days, e mi sono ritrovato accanto a Nichi Vendola ad applaudire Martin Schulz, presidente del gruppo dell’Alleanza dei democratici e dei socialisti al Parlamento europeo, che spronava i suoi “compagni” a una risposta di sinistra alla crisi. In Europa il dibattito è molto più avanti che da noi, nei partiti socialisti stanno avvenendo cambiamenti importanti. La sinistra può vincere in Germania e in Francia su una linea diversa da quella della Bce. Un’altra sinistra, che non confonda più riformismo e neoliberismo, è quindi possibile. Quell’applauso in comune mi ha fatto riflettere: sulle nostre esperienze personali così diverse ma anche sul filo comune mai smarrito. Ora si tratta non solo di conservare questa storia quanto soprattutto di innovarla.
Conservare e innovare, innanzitutto, i partiti. In questi anni ho privilegiato l’impegno associativo: lì ho ritrovato la passione ideale perduta nel Pd. Qualche frutto c’è stato, a partire dai referendum di giugno, segnale chiaro dell’incrinatura dell’egemonia neoliberista. Ma ora c’è bisogno della sinistra. Il rischio, se non c’è lo sbocco politico, è che tutto si esaurisca nella protesta o nella rassegnazione. Dobbiamo cambiare i partiti, che devono diventare partiti veri.
Il sentimento di opposizione, nel vuoto della politica, può incontrare il vento dell’antipolitica. Con la fine del berlusconismo ritorna l’antipolitica, come in ogni fase storica in cui il vecchio muore e il nuovo ha difficoltà a nascere. Non c’è solo l’indignazione, ci sono anche la rinuncia e l’astensione. Alla base dell’antipolitica c’è il distacco tra governanti e governati: la politica che si occupa solo di sopravvivere, e non più della vita reale delle persone. L’antipolitica, dunque, alberga nel vuoto della politica: una politica sempre più impoverita produce l’antipolitica. All’origine del dramma italiano c’è l’assenza della politica e dei partiti: eccedono solo nella  ricerca del potere, ma difettano di progetti e di idee. Lo svuotamento di legittimità dei partiti è radicale: ma ciò non è affatto un bene. Bisogna voltare pagina, rimettendo al centro il tema del rapporto tra governanti e governati e quindi ricostruendo le forze politiche, di destra e di sinistra.
Qual è, allora, il ruolo di Sel? Quello di una forza che nasce volutamente “transitoria”, come lievito per costruire una sinistra nuova, insieme laburista e ambientalista, e per questo radicalmente antiliberista. E quindi alternativa al berlusconismo ma anche al nuovo partito della borghesia italiana che forse sta nascendo.
Fausto Bertinotti ha posto una domanda chiave: può oggi la sinistra affrontare la sfida del governo senza perdere la sua anima? E’ difficile, forse titanico: ma bisogna provarci. Perché ce lo chiede il popolo della sinistra, che ha un’enorme sfiducia nel mercato ed è alla ricerca di soluzioni alternative, come per esempio coloro che sono in questi giorni a Genova a Fa’ la cosa giusta. Certo, serve un pensiero più coraggioso. Bisogna conservare e innovare anche nel campo dei principi: eguaglianza sociale, oltre gli strumenti del vecchio welfare; riaffermazione del principio di guida della politica sull’economia, oltre il vecchio statalismo; nuovo modello di sviluppo: dobbiamo cioè crescere per risanare ma per crescere dobbiamo fare un uso diverso delle nostre risorse, perché in Occidente non riusciremo più a crescere come ieri.

Giorgio Pagano

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