Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Autunno 1943. L’arrivo di Piero Borrotzu e di Gordon Lett, le bombe e gli attentati a Vezzano e a Sarzana

a cura di in data 13 Aprile 2024 – 09:25

Gordon Lett, terzo in prima fila da destra, e il Battaglione Internazionale

Città della Spezia, 30 ottobre 2023

L’ARRIVO DI PIERO BORROTZU
L’ottobre del 1943 fu il mese in cui tornarono o arrivarono per la prima volta nella nostra zona alcuni tra coloro che saranno tra i protagonisti della Resistenza. Nell’ultimo articolo della rubrica (“Autunno 1943. La nascita del CLN e la tipografia clandestina”, 22 ottobre 2023) ho raccontato la storia del ritorno dal carcere del lericino Tommaso Lupi e della realizzazione della tipografia clandestina alla Rocchetta.
Il 14 ottobre arrivò il tenente dell’esercito Piero Borrotzu, ventiduenne. Borrotzu era sardo, ma la madre era originaria di Vezzano. Aveva cercato di opporsi ai tedeschi a Milano, Monza e Bergamo, ma senza esito. Preferì trasferirsi a Vezzano: il cugino Antonio Ferrari lo aveva informato dei suoi contatti con la rete di cospiratori che stava creando il colonnello dell’esercito Giulio Bottari (ne ho scritto nell’articolo “Storie di raccolte delle armi e delle prime salite ai monti”, 24 settembre 2023). Bottari affidò a Borrotzu l’incarico di organizzazione dei gruppi cospirativi, che egli svolse molto bene. Il suo impegno fu decisivo per rafforzare il “Gruppo Bottari”. Un ruolo molto importante lo ebbe, a Follo, il parroco Carlo Borelli. A novembre il gruppo era costituito da 26 persone. A dicembre arrivò, grazie a Borrotzu, un altro sardo: il tenente Franco Coni, che sarà uno dei comandanti partigiani più coraggiosi. Anche in questo gruppo c’erano, come in quello della tipografia clandestina alla Rocchetta, alcune donne molto impegnate. Il nucleo forte del gruppo era costituito da militari “badogliani”: fu, questa, una componente fondamentale della Resistenza, soprattutto all’inizio, insieme a quella dei “vecchi” antifascisti. Poi la rete di Bottari, Borrotzu e Coni si unì al gruppo di Torpiana di Zignago, legato al Partito d’Azione (si veda l’articolo del 24 settembre). Da questa unione nacque la Brigata d’assalto Lunigiana, e da essa la Colonna Giustizia e Libertà. Le prime azioni furono compiute nel 1944.

L’ARRIVO DI GORDON LETT
Il 15 ottobre arrivò Gordon Lett, ufficiale inglese fuggito da un campo di prigionia nel Piacentino. Non riuscì a ricongiungersi con l’esercito britannico e si fermò a Rossano di Zeri, ospite della famiglia De Luchi. La voce si diffuse, i fascisti fecero una prima perlustrazione armata nello Zerasco già a fine novembre. Il 10 novembre Lett incontrò Giulio Bertonelli, del gruppo di Torpiana, e iniziò una collaborazione con gli azionisti, che non sarà però facile, perché l’ufficiale inglese era guidato da un’ottica militare e non politica. Lett nel 1944 si distanziò dagli azionisti e diede vita al Battaglione Internazionale. A loro volta gli azionisti, che all’inizio si erano illusi su una vasta azione d’appoggio alleata, compresero che la Resistenza aveva bisogno di piena autonomia politica e di unità tra le sue diverse componenti: misero da parte il rapporto esclusivo con gli Alleati ed entrarono, nel gennaio 1944, nel CLN, del quale all’inizio non facevano parte (si veda l’articolo di domenica scorsa). La storia di Lett è emblematica perché ci racconta come i contadini delle nostre valli sposarono la causa antifascista, trattando i partigiani, anche stranieri, come fossero persone di famiglia. E perché ci spiega che la Resistenza fu un fatto europeo, internazionale, transnazionale, e non nazionalista. Gli stranieri nelle formazioni partigiane furono innumerevoli. I fascisti erano molto preoccupati per i prigionieri di guerra inglesi. Il 25 novembre, per esempio, una decina tra carabinieri di Borghetto, brigadieri e squadristi spezzini, salirono fino ai Casoni di Suvero per scovarli, ma senza esito. Il 7 dicembre, a Sesta Godano, ci fu uno scontro a fuoco tra carabinieri e sconosciuti, al termine del quale fu ferito e arrestato un prigioniero inglese. Il giorno dopo Tullio Bertoni, ispettore del Partito Nazionale Fascista per la Val di Vara, scrisse al capo della provincia raccontando che un altro prigioniero di guerra era fuggito e sollecitandolo a «procedere senza indugi al rastrellamento della zona, ma con elementi idonei e di provata fede fascista». Bertoni si riferiva ai carabinieri, dei quali non si fidava.

I PRIMI NUCLEI DEL FRONTE DELLA GIOVENTU’
Nell’autunno 1943 si formarono anche i primi nuclei di quello che sarà il Fronte della Gioventù. A capo del Fronte fu all’inizio il giovane comunista Arrigo Diodati “Renato” (ma anche “Franco”), che era rientrato dalla Francia e che rimase alla Spezia fino agli scioperi del marzo 1944, per poi trasferirsi a Genova. Diodati, in contatto con il comunista Filippo Borrini “Pino”, fece uscire, da novembre, al Canaletto, nella casa di Faustino Gelli, dove erano stati collocati un ciclostile e una macchina da scrivere, il giornale “La voce dei Giovani”. Altri giovani comunisti si aggregheranno: tra essi Elio Podestà, Tullio Podestà e Piero Pezzini. Del Fronte della Gioventù fece parte alla Spezia anche un nucleo cattolico: raccolto presso la parrocchia di piazza Brin, retta da don Antonio Mori, dotato di ciclostile, preparava testi di stampa clandestina. Militavano nel gruppo Marcello Varone (a volte Varrone), che fungeva un po’ da capo, Ferdinando Carrozzi, Sergio Fregoso, Valentino Reggiardo e Silvano Rossato.
Don Mori ebbe un ruolo politicamente importante: Paolo Borachia, il rappresentante della DC nel CLN, scrisse che, subito dopo l’8 settembre: «Il primo contatto preso da me fu quello con don Antonio Mori».
Sempre alla fine del 1943 si formarono inoltre i primi nuclei – a partire dal Sarzanese, dove operava Anna Maria Vignolini – di quelli che saranno i Gruppi Difesa della Donna (fondamentalmente gravitanti intorno al PCI).

LE AZIONI DEI GAP
I comunisti spezzini si attivarono, sulla base delle indicazioni nazionali, per compiere attentati. Il ruolo dei GAP – Gruppi di Azione Patriottica – era quello di galvanizzare gli antifascisti e di infondere senso di isolamento e di insicurezza ai fascisti.
Leggiamo una testimonianza del comunista Terzo Ballani, che sarà poi nel 1944 commissario politico della Brigata “mista” Centocroci (composta cioè da “badogliani” e da comunisti):
«Nei mesi di ottobre e novembre si riuscì a costituire due zone di azione nella località “Termo” per tutta l’area occupata dalle fabbriche più importanti e Villa Andreini per la città – porto mercantile e Arsenale etc.
In ognuna di queste zone vi agivano dai 15 ai 20 gappisti divisi in squadre di tre elementi comandati per la zona del Termo dal gappista Angelinelli – Villa Andreini dal gappista Lido Casalini».
Dopo una prima fase dedicata alla raccolta delle armi e alla diffusione di stampa clandestina, si passò alle azioni:
«Le azioni di gappisti di guerra vera furono eseguite alla fine autunno-inverno 1943. […] Avviene nei mesi di novembre la prima azione importante dei gappisti nella zona dei Castagnetti di Vezzano Ligure, quando tre squadre di gappisti attaccarono una grossa squadra di tedeschi di circa 20 uomini comandati da un sergente per liberare circa quaranta uomini rastrellati in quella zona per farli lavorare per la costruzione di alcuni tronchi di strada.
Lo scontro fu improvviso e quindi rapido nella confusione; la maggior parte fuggì e i tedeschi che rimasero sorpresi non ebbero la possibilità di una immediata reazione».
Questa azione non è citata nella storiografia.
I documenti citano numerose azioni di sabotaggio delle comunicazioni telefoniche e telegrafiche. Il 6 novembre uscì sui muri della città un manifesto minaccioso, che faceva riferimento ad attentati alle linee telefoniche alla Foce e a Campiglia, nel capoluogo, e al Pezzino, al Fezzano e alle Grazie, nel comune di Portovenere, firmato dal capo della provincia Franz Turchi. Il 30 novembre e poi il 9 dicembre toccò alle linee di Riccò, il 6 dicembre a quelle della Chiappa.
I documenti citano, a proposito di Vezzano, due azioni. I carabinieri denunciarono il 6 e poi il 7 ottobre un attentato lungo la rotabile Vezzano-La Spezia: alcuni ragazzi furono visti mentre mettevano bombe, due sospettati vennero fermati. Nei due rapporti la data dell’attentato è diversa: 3 e 4 ottobre. L’8 ottobre un altro rapporto dei carabinieri scriveva di due persone fermate per il furto dei paletti issati dai militari tedeschi presso il ponte ferroviario di Vezzano Ligure, avvenuto il 7. Più grave ancora fu quanto accadde, secondo il rapporto dei carabinieri del 26 novembre, a Valeriano, frazione di Vezzano, il 21 novembre: erano state lanciate due bombe a mano, a scopo intimidatorio, nella campagna vicina al Dopolavoro, dove si riunivano i fascisti. Ci furono otto perquisizioni e quattro fermi. Non sembra trattarsi, in nessun caso, dell’azione raccontata da Ballani: non tutto, infatti, coincide. Ma certamente i giovani gappisti a Vezzano erano molto attivi.
In un volantino in tedesco senza data ma del 1943, intitolato “Questioni tristi!”, era scritto (ringrazio l’amica Chiara Cozzani dell’ACIT per la traduzione):
«Alcuni gruppi di cosiddetti ribelli, che vanno piuttosto considerati come criminali, tendono imboscate e uccidono i coraggiosi camerati tedeschi, o le nostre milizie, che adempiono al loro dovere di servizio. Si tratta di crimini vili compiuti da una mano vile.
Compiono queste azioni nel buio della notte, in vicinanza dei paesi, in modo da poter scomparire senza essere puniti e senza affrontare volontariamente il combattimento.
Così avviene che molti abitanti dei paesi interessati, che non hanno a che fare con i vigliacchi crimini dei banditi, devono ingiustamente subire i provvedimenti punitivi, anche se finora hanno superato le difficoltà della guerra.
Il capo della provincia della Spezia ha deciso d’accordo con il colonnello Almers che gli abitanti dei paesi che non hanno niente a che fare con i vigliacchi crimini dei banditi vengano possibilmente risparmiati dai provvedimenti punitivi.
Ma si è constatato che in molte di queste località qualche abitante aiuta questi elementi criminali, che compiono anche atti di violenza e saccheggi, e fornisce loro alloggio.
La popolazione è obbligata a opporvisi. In conclusione deve far capire in modo assoluto e non punibile che non ha nulla a che fare con tali banditi di strada.
Questi misfatti vengono compiuti da persone che in tempi normali si collocano al di fuori di ogni comunità popolare e che per questo motivo devono essere trattati come criminali.
E’ tempo che colui che è in grado di comprendere le nobili e umane leggi collabori con le autorità, per liberarsi di questi delinquenti che disonorano il nome dell’Italia.
E ora, popolazione e amici della Liguria, avanti!»
In realtà fu tutto un crescendo antitedesco e antifascista.
Il 12 dicembre furono sparati colpi di arma da fuoco contro i treni nella galleria di Santo Stefano Magra e a Bettola di Aulla. Secondo il commissario federale del Fascio Umberto Bertozzi l’autore della sparatoria a Santo Stefano – lo scrisse a Turchi il 27 dicembre – era Ottorino Schiasselloni, di Caprigliola (si veda l’articolo del 24 settembre).
Ma l’attentato vero e proprio ci fu a Sarzana, la sera del 13 dicembre, contro i fascisti. Il maggiore Rago, commissario prefettizio di Sarzana e segretario del fascio locale, fu oggetto di colpi di pistola. Rago e il segretario comunale che lo accompagnava, Eugenio Gari, rimasero feriti, il secondo in modo più grave. La reazione fascista fu furiosa. Il giorno dopo il Ministero dell’Interno scrisse alla Direzione nazionale della Polizia: si era proceduto a quaranta arresti e al coprifuoco fino alle 19. Gli arresti salirono a un centinaio, ma la rappresaglia fu poi mitigata da Turchi.
L’ultima bomba dell’anno fu quella scoppiata in un caruggio di Vernazza, il 27 dicembre.

La famiglia De Luchi, che ospitò Gordon Lett a Rossano di Zeri

GLI ATTENTATI ALLA FERROVIA TRA LEVANTO E BONASSOLA
Faccio un breve passo indietro nel tempo. Ho raccontato, nell’articolo “Storie di fratellanza. I ragazzi inglesi sconosciuti e il ragazzo di Sarzana” (17 settembre 2023), la storia dell’Operazione Speedwell: i sei paracadutisti inglesi sbarcati il 7 settembre 1943 a Barbarasco con l’obiettivo del sabotaggio delle linee ferroviarie. William Foster e James Shortall, catturati dai tedeschi il 20 settembre alla Foce e uccisi il 21 settembre a Ponzano, dovevano operare nel punto più lontano e difficile: la ferrovia tra La Spezia e Genova. Ho fatto una ricerca sugli atti di sabotaggio ferroviario in quei giorni. Nella linea tra La Spezia e Genova ce ne furono due, entrambi nella galleria di Bonassola, denunciati dai carabinieri: nella notte del 15 settembre e in quella del 17 settembre. Non sappiamo con certezza che gli autori fossero i due inglesi, ma è molto probabile. Il 18 settembre il podestà di Bonassola scrisse al prefetto, «addolorato per i due fatti avvenuti in questo territorio non dovuti certamente ad elementi bonassolesi». Concludeva che a Bonassola «non ci sono mai stati comunisti, eccetto un certo Querzola Dante». Il 19 scrisse il commissario prefettizio di Levanto, per rassicurare il prefetto che aveva ottemperato agli ordini ricevuti per la vigilanza sulla linea ferroviaria: per poterla fare aveva sequestrato anche la macchina del sen. Giovanni Agnelli, che a Levanto aveva la villa. E riferì che i tedeschi avevano preso due ostaggi: «tra questi il Rag. Dante Quaglierini alle dipendenze di quest’amministrazione, che risulterebbe radiato dal novero dei sovversivi sin dal 1941. La cattura del Quaglierini ha prodotto penosa impressione in paese, anche per le precarie condizioni di salute in cui versa». Quaglierini, sfuggito alla condanna a morte, passò alla clandestinità e si impegnò, come ispettore del PCI, tra i partigiani della zona costiera da Portovenere a Moneglia, collaborando con il professor Carando, di cui era amico. Fu capo di stato maggiore della Brigata Centocroci e presidente del CLN di Levanto. Classe 1896, il suo nome di battaglia fu “Vecchio”.

SI AVVICINA LA “PRIMAVERA PARTIGIANA”
La “primavera partigiana” del 1944 era ormai vicina.
Erano sempre più numerosi i giovani renitenti alla chiamata della Repubblica sociale mussoliniana. La prima chiamata ci fu a fine novembre: nello Spezzino aderì solo il 17%.  A fine novembre i volantini del CLN che invitavano i giovani a disertare furono trovati nel capoluogo, a Lerici, a Santo Stefano Magra, a Vernazza. Quei ragazzi diventarono in molti casi partigiani: fu la terza componente della Resistenza, dopo i militari e gli antifascisti del ventennio.
La situazione occupazionale e assistenziale alla Spezia era, per citare una lettera di Turchi al Ministero dell’Interno del 21 dicembre 1943, «molto pesante». Per non parlare di quella alimentare.
Con la primavera ci fu una crescita del numero dei partigiani e dell’attività delle bande, che si intrecciò con l’avanzata alleata. La vittoria sembrava vicina. Ma era un’illusione. Sarebbe dovuto passare un altro anno ancora, di lotte, di sofferenze, di terribili stragi.

Post scriptum
Le foto di oggi sono di Gordon Lett, terzo in prima fila da destra, e del Battaglione Internazionale; e della famiglia De Luchi, che ospitò Gordon Lett a Rossano di Zeri.

Sul 1943 rimando a questi articoli:
“Marzo 1943. Gli scioperi che scossero il fascismo”, Il Secolo XIX nazionale, 19 marzo 2023, anche in www.associazioneculturalemediterraneo.com
“Gli scioperi del marzo-aprile 1943, come il malcontento divenne politico”, www.patriaindipendente.it, 20 marzo 2023
“25 luglio 1943, non fu solo un’illusione”, Città della Spezia, 25 luglio 2023
“25 luglio 1943. Cade il fascismo stremato, ma la tragedia non è finita”, Il Secolo XIX nazionale, 25 luglio 2023
“In quei quarantacinque giorni di Badoglio cominciò il riscatto. E partì dal basso”, www.patriaindipendente.it, 20 agosto 2023
“Lo sciopero degli operai dell’OTO Melara, i calzolai e una lezione contro l’odio”, Città della Spezia, 26 agosto 2023
“Come Spezia fu occupata dai tedeschi”, Città della Spezia, 3 settembre 2023
“L’epopea dell’8 settembre”, “La Nazione”, 6 settembre 2023
“La disfatta e il riscatto”, Il Secolo XIX nazionale, 9 settembre 2023
“Un unico sopravvissuto all’affondamento della corazzata ‘Roma’”, www.patriaindipendente.it, 12 settembre 2023
“Storie di fratellanza. I soldati inglesi sconosciuti e il ragazzo di Sarzana”, 17 settembre 2023
“Operazione Speedwell. La resistenza internazionale”, Il Secolo XIX nazionale, 21 settembre 2023
“Dall’operazione Speedwell al Battaglione Internazionale”, www.patriaindipendente.it, 21 settembre 2023
“Storie di raccolte delle armi e delle prime salite ai monti”, Città della Spezia, 24 settembre 2023
“Autunno 1943. La nascita del CLN e la tipografia clandestina”, Città della Spezia, 22 ottobre 2023

Sul sito dell’associazione culturale Mediterraneo è stato pubblicato, in occasione dell’ottantesimo della Lotta di Liberazione, il “Dizionario online della Resistenza spezzina e lunigianese”: 160 voci – a cui sono riconducibili tutti i miei articoli e contributi pubblicati dal 2009 a oggi – accompagnate da una galleria di immagini, da una cronologia redatta da Maria Cristina Mirabello e da una mappa della IV Zona Operativa.

DALLA PROSSIMA DOMENICA, PER TUTTO IL MESE DI NOVEMBRE, LA RUBRICA “LUCI DELLA CITTA’” SARA’ SOSPESA E SOSTITUITA DALLA RUBRICA “DIARIO DALLE TERRE ALTE”, D’INTESA CON LA DIREZIONE DEL GIORNALE.

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