Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Crisi climatica e nuove politiche energetiche

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Presentazione di “Cambiamenti climatici. Antropocene e Politica” di Daniele Conversi – intervento di Giorgio Pagano

a cura di in data 14 Settembre 2023 – 21:13

Presentazione di “Cambiamenti climatici. Antropocene e Politica” di Daniele Conversi
6 aprile a La Spezia
Intervento di Giorgio Pagano

Il libro di Daniele Conversi affronta quella che viene definita una “crisi gigantesca”, che richiede una “rivoluzione”. Io preferisco usare il termine “conversione”, sulla scia di Alex Langer e poi, per altre ma convergenti vie, della “Laudato sì” di Bergoglio, ma il senso è questo: il mondo deve cambiare, e noi stessi dobbiamo cambiare.
Il libro spiega come siamo arrivati alla “crisi gigantesca” e alla consapevolezza progressiva della crisi, anche se ancora in modo insufficiente.
Il termine “Antropocene” designa l’attuale epoca geologica e indica che siamo ben oltre la crisi climatica. Si pensi alla perdita di biodiversità, all’impoverimento del suolo, ai virus, alla deforestazione…
Tutto comincia negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso.
La lotta contro le conseguenze del DDT risale al 1962.
Il rapporto del Club di Roma sui limiti dello sviluppo, purtroppo lasciato nel dimenticatoio, è del 1972. Non metteva ancora al centro i cambiamenti climatici, ma era una svolta. Tanto più dopo un Sessantotto, almeno in Italia, sostanzialmente industrialista. Altrove ci fu qualche barlume, qualcosa anche da noi, nel Sessantotto degli inizi…
La consapevolezza ha un certo blocco negli anni Ottanta e Novanta, poi le cose si muovono nel nuovo secolo. Ma il processo è di una lentezza esasperante.
Prevale un’altra ideologia rispetto al Sessantotto degli inizi: produttivismo, consumismo, crescita infinita.
La questione dei consumi ebbe un ruolo anche nel crollo dell’URSS.
Per arrivare alla consapevolezza, sostiene Conversi, occorre l’interdisciplinarietà. Questa è una parte molto interessante del libro. Abbiamo, su questa materia, libri di climatologi, o di ecologisti. Ma gli scienziati sociali? Non c’è più distinzione tra storia naturale e storia umana, sociale. Scrivo spesso del Sahel, delle migrazioni: ma come faccio a non considerare anche la storia della natura?
Poi, certo, servono i decisori politici. C’è, dice Conversi, una divaricazione tra scienza e politica.
Serve il “cosmopolitismo della sopravvivenza”: un approccio globale, l’internazionalismo, il multilateralismo.
Però – ecco un’altra parte molto interessante del libro – siamo in una fase in cui prevale l’ideologia nazionalista: un enorme ostacolo nei negoziati multilaterali, perché il cambiamento climatico ignora i confini nazionali.
La tesi di Conversi è che bisogna comprendere questa ideologia, e capire se ci può essere un “nazionalismo verde”. Servono sia il multilateralismo sia gli Stati apripista. Come certi Stati del Nord Europa che stanno cercando di trascinare tutto il continente. Come dovrebbero fare gli Stati del Mediterraneo, i più colpiti dalle ondate di calore…
Non è semplice: la globalizzazione è produttivistica-consumistica, ma anche il nazionalismo, in genere. USA, URSS e Cina hanno la stessa ideologia. E i Paesi poveri non vogliono rinunciare ad avere quello che hanno i Paesi ricchi.
Tuttavia un ruolo degli Stati può, deve esserci. Anche di villaggi, città, regioni: i piani strategici locali, le comunità energetiche… Così come può, deve esserci un ruolo degli individui e delle famiglie. E pure dei lavoratori nella conversione dei processi produttivi: la lotta dei lavoratori dell’ex GKN è esemplare anche per questo.
Il libro invita a riflettere sull’Unione europea: un grande mercato, privo di soggettività politica. Siamo sicuri, in questa Unione europea, di fare gli interessi del lavoro e di combattere al meglio la crisi climatica? E’ solo un maleducato chi parla di “sovranità nazionale”? Michael Broning, direttore della Friedrich-Ebert-Stiftung a New York, braccio USA della fondazione di cultura politica legata alla SPD tedesca, ha scritto il libro “Lode alla Nazione. Perché non possiamo lasciare lo Stato nazionale ai populisti di destra”. Il tema è quello dell’imprescindibilità della nazione a fondamento di una vocazione internazionalista.
Più in generale il tema è: nonostante trent’anni di tentativi, le soluzioni globali, basate su regole uniformi e su obiettivi concordati a livello mondiale, non hanno funzionato. Il loro fallimento, sostiene lo studioso Charles F. Sabel, è la realtà da cui partire. Non per rinunciare alle indispensabili azioni globali, ma per giungervi attraverso sforzi concreti che partano “dal basso”, nelle istituzioni, nei processi produttivi, nei comportamenti dei cittadini.
Infine una considerazione sulla pace e la guerra. La guerra non aiuta certo la lotta alla crisi climatica.
Anche la questione della pace e della guerra ci dice che serve il multilateralismo, non il nazionalismo. Ma ci dice anche che serve un multilateralismo che tenga conto di esigenze nazionali. Una comunità piuttosto che una unità.
“Cambiamenti climatici” è un libro di grande interesse perché ci offre tanti spunti per un lavoro davvero ciclopico.

Giorgio Pagano

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