Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Dall’economia e dalla solidarietà una lezione alla politica

a cura di in data 30 Settembre 2011 – 16:05

La  Repubblica-Il Lavoro – 30 settembre 2011 – Le navi di Messina hanno riaperto la rotta italiana per la Libia. Là dove la politica è assente c’è l’economia, come dimostra anche l’iniziativa dell’Eni. C’è anche la cooperazione italiana: fin dall’inizio della rivolta libica un comitato di associazioni e Ong -tra cui quella che presiedo, Funzionari senza Frontiere- opera a Bengasi nel campo dell’assistenza sanitaria, senza il minimo sostegno da parte del Governo.
Ma né l’economia né la solidarietà possono supplire all’assenza di politica estera di un Paese: l’Italia è senza ruolo in Libia e nel Mediterraneo. Sembra quasi che non sia più un Paese mediterraneo. È difficile che a lasciare un segno siano un Paese, e un Presidente del Consiglio, dalle mille giravolte: prima l’amicizia esibita nei confronti di Gheddafi (“statista moderato, leader responsabile”), poi la resistenza a schierarsi con la Nato, ora l’improvvisazione imbarazzante con cui si ricerca un ruolo nel dopo Gheddafi. Il tatticismo oscillante al posto del  respiro strategico ci ha tolto ogni credibilità internazionale. Il ripiegamento di questi giorni nell’ombelico del “ciarpame senza pudore” delle “vergini che si offrono al drago” (le parole di Veronica Lario del 2009 restano l’atto di accusa più lucido e spietato) ha fatto il resto: Berlusconi ha altre cose a cui pensare, per cui  non è andato né a Tripoli, visitata da Sarkozy e Cameron e poi da Erdogan, né all’Assemblea generale dell’Onu, e non si occupa né di Libia né di Palestina. Nel Mediterraneo nel quale siamo immersi e dove tutto cambia siamo ridotti a comparse: il ministro Frattini sembra messo lì apposta. In Libia lasciamo tutto lo spazio alle ambizioni neocoloniali di Francia e Gran Bretagna. E della Cina, che attribuisce al Mediterraneo la funzione di luogo di arrivo e smistamento delle proprie merci per l’Europa. La realtà è che dovremmo smetterla tutti di pensare alla Libia come a una “torta” da spartire. La Libia è un Paese che i libici devono imparare a governare nella democrazia: l’interesse comune dei libici, degli italiani, degli europei e dei cinesi è di non dover rimpiangere Gheddafi. Dopo di che verranno anche gli affari, per chi sarà capace di farli.
In attesa che anche da noi “Napoleone” (è ancora Veronica Lario che parla) lasci il campo alla rinascita della politica, l’economia e la solidarietà possono tentare di tenere alto il nome dell’Italia. Ed è significativo che a volte lo facciano insieme: la nostra missione umanitaria in Libia è finanziata in parte dai porti liguri. Questo primo aiuto dell’Italia alla Libia fornisce anche un’indicazione alla politica della nostra regione: accendere di più i riflettori sulle relazioni internazionali, non solo per donare ma anche per cogliere le opportunità politiche ed economiche che i nuovi scenari offrono. Attenzione: l’area del Sud Mediterraneo coinvolge 200 milioni di abitanti in rapida espansione demografica. La geopolitica e la demografia ci spiegano che il futuro della Liguria è nell’intreccio di due sguardi, verso il Nord e verso lo spazio euro-mediterraneo e euro-africano. Sono i due mondi con i quali dobbiamo ricongiungerci.

Giorgio Pagano

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