Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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I piani per lo sviluppo e la democrazia in Africa: é nei Comuni la nuova frontiera della solidarietà

a cura di in data 29 Dicembre 2008 – 10:15

Il  Secolo XIX – 29 dicembre 2008 – L’Africa ci parla, anche se noi l’ascoltiamo poco. Con il dramma del Congo: due milioni di profughi che hanno perso tutto e vagano in un paese distrutto dalla guerra civile. Con il rapporto della Fao: nell’Africa subsahariana una persona su tre è cronicamente affamata e nei mesi scorsi rivolte per il cibo sono scoppiate in 25 Paesi. Cosa  ne è dell’Africa dopo tanti anni di indipendenza? Il deserto avanza stagione dopo stagione, le epidemie di Aids fanno scempio di vite umane, le guerre civili non finiscono mai. Ogni anno muoiono 40 milioni di persone, 18 milioni sono bambini.
Bisogna invertire la rotta, o la tragedia sarà immane. I Paesi occidentali porgono un orecchio distratto all’Africa, e l’Italia è tra quelli più indietro: i finanziamenti per la cooperazione sono fermi allo 0,2% del Pil. Il Governo ha fatto tagli drastici e nel 2009  raggiungeremo il punto minimo in 20 anni: lo 0,09%, quando dovremmo aver superato lo 0,33% del 2006 ed essere già lanciati verso lo 0,51% previsto per il 2010.
Il Niger è nel cuore di questo continente bellissimo e straziante. E’ in gran parte desertico, la popolazione è concentrata in un’area molto piccola e aumenta fuori da ogni controllo: 40 anni fa era di 4 milioni, oggi è di 13 milioni. Si prevede che salga a 50 nel 2050. Le risorse ambientali sono sempre più scarse, le terre coltivate sono il 20% e si stanno riducendo a causa dei cambiamenti climatici.
Nel Niger qualcosa il nostro Governo sta facendo: ha cofinanziato, negli scorsi anni, in 70 Comuni, il supporto ai Piani di sviluppo locale. Abbiamo deciso, come Comuni italiani, di contribuire a questo impegno con il progetto “Municipi senza frontiere”. Anci, Euro-African Partnership for Decentralised Governance e la Ong Cospe hanno formato i dipendenti dei Comuni perché possano trasferire ai colleghi dei Comuni del Niger le loro competenze nei campi principali di attività: amministrazione generale e anagrafe, bilancio, pianificazione territoriale e ambientale, infrastrutturazione e gestione del ciclo delle acque e di quello dei rifiuti, servizi ai cittadini e alle imprese. Si è concluso il corso formativo del primo nucleo che farà questa esperienza e si recherà, nei prossimi giorni, per tre settimane in Niger. Ci sono anche due dipendenti comunali di Genova e Spezia.
La Liguria, quindi, dà un piccolo ma significativo contributo a un obiettivo fondamentale. Non bastano, infatti, gli investimenti se non ci sono l’infrastruttura istituzionale adeguata, l’autogoverno dei territori, il decentramento, i sindaci e i “civil servants”. La priorità “non è fornire pesci ma insegnare a pescare”. Se cresce il decentramento, se nascono amministratori e funzionari formati e competenti, sarà più facile gettare i semi della democrazia e avviare con successo politiche per lo sviluppo, la salute, l’acqua.
I Comuni dei Paesi occidentali sono decisivi: nessuno come un  nostro sindaco o dipendente comunale può entrare in sintonia con un sindaco o un dipendente comunale africano. Le dinamiche politiche  e gestionali sono le stesse, pur in un contesto enormemente diverso.
I Comuni, inoltre, possono dare vita a partenariati “comunità a comunità”, basati su reciprocità e scambio, capaci di coinvolgere sia le istituzioni locali che le organizzazioni della società civile, le nostre e le loro comunità. E’ la nuova frontiera della cooperazione internazionale: la cooperazione più utile ed efficace, che porta risultati positivi nel lungo periodo. In Africa ma anche da noi: perché così comprendiamo meglio che Africa e Europa sono molto vicine e che il futuro può essere costruito solo assieme. Che solo a questo livello si possono affrontare sfide epocali come quelle dei mutamenti climatici, dell’immigrazione, del terrorismo, dei fondamentalismi religiosi. Che dall’Africa vengono stimoli forti per mettere in discussione forme di governo del mondo e stili di vita dell’Occidente, già travolte dai crac bancari e dal tramonto in atto dell’impero dei consumi.
Qualche mese fa il commissario dell’Unione europea Louis Michel ha invitato i Comuni a stipulare gemellaggi che abbiano queste caratteristiche, e ha stanziato cospicui finanziamenti. Il processo è appena iniziato, l’auspicio è che i Comuni liguri facciano la propria parte e comprendano sempre più il valore aggiunto che può venire dalle peculiari competenze e modalità di intervento delle autonomie locali. Questo è quello che oggi l’Africa domanda all’Occidente.
Giorgio Pagano
L’autore, già sindaco della Spezia, si occupa di cooperazione internazionale nell’Anci(Associazione nazionale comuni italiani) e di politiche urbane nella Recs (Rete città strategiche)

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