Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Difendiamo lo spirito della Costituzione

a cura di in data 6 Luglio 2016 – 11:00

Il Secolo XIX nazionale, 1° luglio 2016 – Cinquantasei anni fa la mobilitazione contro il governo Tambroni e il Msi aprì una fase nuova nella storia del Paese. La sofferta nascita del centrosinistra fu accompagnata da un processo di rilancio della Resistenza e dell’antifascismo. La svolta del luglio 1960 sanò alcuni degli esiti più dolorosi della rottura dell’unità antifascista del 1947-1948. Si tornò a celebrare in forma unitaria il 25 aprile, in una stagione e in un clima culturale in cui l’antifascismo venne ricollocato all’origine della Repubblica. Si cercò di farne un valore largamente diffuso e condiviso, ‘paradigma’ unificante del comune sentire della grande maggioranza degli italiani. Il centrosinistra venne vissuto come una ripresa della collaborazione interrotta nel 1947-1948. Lo schema, in forma più ampia, riaffiorò negli anni ’70, con il compromesso storico. Ma restò sempre il problema dell’anticomunismo: la drammatica contraddizione della vita politica nazionale su cui si infranse la possibilità, per l’antifascismo, di diventare la forma italiana del ‘patriottismo costituzionale’. La sconfitta del compromesso storico comportò, non a caso,la sconfitta dell’antifascismo, che era stato strettamente associato a quella politica. Per molti anni, a partire dagli anni ‘80, antifascismo e comunismo saranno strettamente identificati. L’antifascismo -e, per la prima volta, anche la Costituzione- pagarono un prezzo altissimo: saranno visti come ostacoli alla ‘modernizzazione’ del Paese”.Fino ai giorni nostri: quelli della scomparsa dei partiti e dell’oscuramento delle origine antifasciste della Repubblica.

Ora che anche la seconda Repubblica è finita, che fare?Dal ’45 a oggi è uscita stritolatala Resistenza popolare e civile, delle donne e degli uomini comuni, che avrebbe dovuto essere posta a fondamento del tentativo di formare le ‘virtù civiche’ degli italiani. Ma è da qui che occorre ripartire: dalle persone, dalle donne e dagli uomini semplici che hanno fatto la Resistenza, e poi la storia democratica del dopoguerra e di oggi. Animati dalla stesso coraggio morale di allora, dallo stesso “ardir”.Il dibattito costituzionale è un’opportunità: le donne e gli uomini semplici possono dimostrare di voler essere cittadini, non sudditi. Ed esercitare la ‘mente costituente’che è mancata ai vertici del potere, difendendo a grande maggioranza lo spirito e la lettera della Costituzione nata dalla Resistenza.

Giorgio Pagano
Copresidente del Comitato Unitario della Resistenza della Spezia, autore di “Eppur bisogna ardir”

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