Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Dare i vaccini ai Paesi poveri

a cura di in data 17 Luglio 2021 – 13:35

Il Secolo XIX nazionale, 2 luglio 2021 – C’è un tema decisivo per la salute globale di cui si parla troppo poco: l’accesso diseguale ai vaccini nel mondo. Nei giorni scorsi il direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghebreyesus ha rivelato che “più della metà di tutti i Paesi e delle economie ad alto e medio-alto reddito hanno somministrato dosi sufficienti per vaccinare completamente almeno il 20% della loro popolazione”, mentre “solo 3 Paesi su 79 a reddito basso e medio-basso hanno raggiunto lo stesso livello”.
Ciò mette a repentaglio le vite ovunque, non solo nei Paesi poveri. Ha spiegato su “Civiltà cattolica” Fernando de la Iglesia Viguiristi: “Meno persone si vaccinano a livello mondiale, più è probabile che insorgano varianti resistenti ai vaccini. Se le pandemie di Covid-19 e di Hiv ci hanno insegnato qualcosa, è che i virus non conoscono frontiere. Più consentiamo che queste varianti si propaghino, più persone moriranno. Il rimedio per garantire la nostra sicurezza e il rilancio dell’economia è la vaccinazione globale. Per riuscirci, bisogna fabbricare, distribuire e inoculare più di 8 mila milioni di dosi”.
Basti pensare a cosa potrebbero comportare varianti del virus provenienti dai Paesi poveri, in particolare dall’Africa. Il continente nero ha finora evitato -non sappiamo ancora il perché- l’ecatombe: 4,8 milioni di casi e 130 mila morti, secondo l’Oms, ovvero il 2,9% dei casi e il 3,7% dei decessi globali. Certamente moltissimi casi e, probabilmente, molti decessi non sono stati diagnosticati o notificati: sappiamo pochissimo di ciò che accade in Africa e non possiamo basare il nostro giudizio sui dati africani. Tuttavia il disastro non c’è stato.
Nelle ultime settimane, però, i dati, pur incompleti che siano, segnalano un’impennata. L’allarme sulla terza ondata del virus lo ha lanciato Ghebreyesus: “In Africa i casi di Covid sono aumentati del 52% solo nell’ultima settimana e i decessi sono cresciuti del 32%. E ci aspettiamo che le cose possano solo peggiorare”, anche considerando che “meno del 2% della popolazione è stata vaccinata”. La terza ondata è partita a inizio maggio e al 20 giugno l’Africa aveva già registrato 474mila nuovi casi, il 21% in più rispetto a quelli dello stesso lasso di tempo nella seconda ondata. I Paesi più colpiti sono 12, in 14 è stata segnalata la variante indiana.
L’Africa può ancora attenuare l’impatto della terza ondata, ma non può essere lasciata sola. A livello globale sono state somministrate circa 2,7 miliardi di dosi, di cui poco meno dell’1,5% nel continente. La sola Gran Bretagna ha vaccinato più persone di quante non ne abbia vaccinato l’Africa intera. Secondo Oxfam i Paesi più ricchi, pur avendo il 15% della popolazione mondiale, si sono accaparrate quasi la metà delle dosi dei vaccini. All’attuale ritmo di somministrazione, i Paesi più poveri impiegherebbero 57 anni per raggiungere la protezione totale che quelli più ricchi assicureranno entro gennaio 2022.
Le questioni da affrontare sono due, strettamente connesse tra loro. La prima è che tutta la produzione è nelle mani dell’industria europea e statunitense. Senza una rottura del monopolio, le aziende farmaceutiche qualificate che operano in molti Paesi a basso e medio reddito non potranno contribuire allo sforzo produttivo. In caso di calamità globale è giusto e necessario che le licenze siano quantomeno sospese, perché il vaccino sia prodotto anche nei Paesi poveri. Ciò non è accaduto. Né si sta provvedendo al necessario trasferimento di tecnologie e al potenziamento degli impianti.
La seconda questione è che l’iniziativa Covax -concepita dai governi e dai privati per consentire ai Paesi più poveri l’accesso ai vaccini- sta fallendo per carenza di risorse stanziate dai Paesi più ricchi: ad oggi sono state distribuite meno di un terzo delle dosi promesse. “Bello e impossibile”, così definisce Covax la rivista scientifica Lancet, che gli dedica l’ultima copertina.
Lasciare l’Africa a se stessa, ha detto Giovanni Putoto di Medici per l’Africa-Cuamm, “è un gravissimo errore, oltre che una gravissima ingiustizia”. Anche una volta raggiunta l’immunità di gregge per i propri cittadini, i Paesi più ricchi non saranno fuori dalla pandemia. Solo con la vaccinazione di massa nei Paesi più poveri potremo prevenire mutazioni del virus che potrebbero causare nuove ondate di contagi. Vedremo la luce solo quando la vedrà anche il più sperduto villaggio africano.

Giorgio Pagano
Presidente di Funzionari senza Frontiere, autore di “Africa e Covid-19. Storie da un continente in bilico”

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