Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Spezia nei giorni della marcia su Roma – Prima parte

a cura di in data 7 Novembre 2022 – 22:29

Squadra fascista spezzina (anni Venti)

Città della Spezia 18 ottobre 2022

18 OTTOBRE 1922: LA MONTATURA DELL’AMMIRAGLIO TUR
Il 28 ottobre 1922, giorno della marcia su Roma, Spezia fu presidiata insieme da fascisti e militari. Il corteo fascista per le vie della città fu aperto dalla banda della Marina, come raccontò il settimanale “Il Popolo” nell’edizione del 4 novembre:
“E mentre la città all’annuncio di tale vittoria si andava da un capo all’altro imbandierando cortei trionfali percorrevano le vie al suono di inni eseguiti dalla banda della R. Marina”.
Come se avvenisse, tra Stato liberale e regime fascista, un regolare “passaggio di consegne”.
L’unico caso di scontro tra fascisti e militari era avvenuto qualche giorno prima, nella notte tra il 17 e il 18 ottobre – esattamente cento anni fa – a San Terenzo. L’episodio, e il modo in cui si concluse il 18 ottobre, fu raccontato nel dettaglio da un alto ufficiale di Marina, l’ammiraglio Vittorio Tur, nel 1939. Tur scriveva da Venezia a un alto gerarca spezzino per chiedere un aiuto per avere il riconoscimento dei suoi meriti fascisti, e allegava un memoriale firmato dal titolo “Benemerenze fasciste”. Nel testo, depositato presso l’Istituto spezzino per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea, Tur narrava di sé in terza persona:
“Nonostante la sua viva raccomandazione ai fascisti di evitare qualsiasi atto ostile verso le Forze Armate e le caserme, alcuni fascisti entrarono nello stabilimento Colombo a San Terenzo, ov’erano alloggiati soldati del genio, e, sorpresili nel sonno, poterono portar via circa 50 fucili. Vi furono colluttazioni senza gravi conseguenze. Il mattino successivo di buonora fu avvertito dal Comandante Dildò che il Comando in capo avrebbe rotto alle ore 8 tutte le relazioni con i fascisti, con evidenti disastrosi risultati. Gli raccomandava di tentare di evitare tanta iattura.
Il Comandante Tur si precipitò al Comando in capo. L’Ammiraglio, che era circondato dal Capo di Stato Maggiore, dal Generale Comandante la Brigata, dal Prefetto e dal Questore, confermò che, dopo quanto era accaduto, avendo i fascisti mancato alla parola, i ponti dovevano essere rotti e che dalle ore 8 le Forze Armate avrebbero agito a qualunque costo. Le Autorità che attorniavano l’Ammiraglio non dissentivano da lui. Con calma il Comandante Tur fece notare all’Ammiraglio che fino allora nella prima Piazza Marittima italiana nulla era accaduto che potesse avere la benché minima ripercussione sfavorevole, soprattutto all’estero, e che sarebbe stato assai grave attuare le decisioni di S.E. Si permetteva far considerare che coloro i quali avevano compiuto l’atto deplorevole a San Terenzo potevano essere comunisti travestiti da fascisti e che la loro azione doveva avere lo scopo non tanto di rifornirsi di armi, quanto di far nascere quello che sarebbe accaduto qualora le disposizioni di S. E. fossero state attuate. Questa frase rasserenò l’ambiente. Fu nominata una commissione mista militare e fascista per compiere un’inchiesta a San Terenzo. Il Comandante Tur ne fu il presidente, con vicepresidente l’ing. Miozzi [segretario provinciale del PNF, NdA]. La commissione tornò verso le ore tredici col risultato che, volutamente per impedire conflitti, confermava la prima supposizione del Comandante Tur e per di più assicurava che entro 24 ore i fascisti avrebbero restituito i fucili”.
L’episodio di depistaggio è davvero significativo perché è emblematico della fitta rete di rapporti e dell’alleanza tra fascisti e vertici militari, caratteristica del fascismo spezzino fin dalle origini. Il 28 ottobre 1922 il comando fascista di Spezia fu assunto, non a caso, dal generale di brigata Giusto Fedele, generale della riserva. Fu lo stesso Tur, in un libro edito nel 1963, “Plancia Ammiraglio”, Vol. III, a rivelare che aveva rivendicato il suo protagonismo nella montatura raccontandolo alle alte gerarchie militari per ottenere la promozione ad ammiraglio di divisione, e che “quando nel ’39 Muti – allora Segretario del Partito – conobbe a La Spezia la mia opera mi fece avere la tessera ad honorem retrodatata al 1922”.

L’ammiraglio Vittorio Tur durante l’occupazione di Cefalonia (1941)

L’”INSURREZIONE LEGALITARIA”
Nel memoriale Tur si legge ancora:
“Legato a tutti i fascisti della Spezia li rifornì di coltelli, di rivoltelle e di munizioni. Ciò attestano i documenti. Nella lista degli Ufficiali, sottufficiali, marinai che presero parte attiva alla vigilia del movimento fascista alla Marcia su Roma ’19 ’20- ’21-’22 (lista in consegna al Fascio di La Spezia) ed a lui inviata in omaggio dal Comandante delle squadre d’azione segrete e del Direttorio del Fascio di Spezia, risulta: ‘Comandante Vittorio Tur, fascista fervente, propagandista tra i marinai, si è trovato con noi squadristi a varie azioni fasciste in Spezia. Largheggiava in permessi per i suoi marinai perché prendessero parte e dessero man forte agli squadristi fascisti contro i sovversivi. Alla testa dei suoi marinai per le vie della città cantava inni fascisti, così nelle passeggiate militari ed istruzioni. È stato presente in azioni pericolose ed ha preso parte con noi al movimento della Marcia su Roma. Ha rifornito di armi e munizioni e mezzi le nostre squadre’.
Nella dedica: ‘A Vittorio Tur che con audacia seppe con noi squadristi di Spezia, con fede fascista sino dalla vigilia, guidare, spingere, convincere Ufficiali Sottufficiali e marinai alla Rivoluzione fascista… Squadrista fervente e prezioso consigliere’”.
Tur così continuava, tratteggiando un esempio perfetto di ciò che accadde esattamente secondo i desideri di Mussolini: una insurrezione sostanzialmente legalitaria, una vittoria politica – e financo parlamentare –sostanzialmente eversiva:
“Quando il movimento fascista entrò nella fase definitiva la situazione si fece grave. I fascisti avevano occupato Poste e Telegrafi ed altri Uffici pubblici. Alla ingiunzione del Comandante in Capo ed alle esortazioni del generale Coralli, nella riunione tenuta alla Croce di Malta, perché lasciassero le zone occupate, essi risposero decisamente ‘no’ e che i soldati avrebbero dovuto passare sul loro cadavere per prenderle. La situazione era realmente seria, tanto più seria in quanto essi volevano costituire pattuglie di ronda diurne e notturne con piena possibilità di agire contro chi essi ritenessero propagandista rosso. Dato l’ascendente del Comandante Tur sui fascisti e la stima che aveva per lui il Comandante in Capo, egli poté risolvere la questione ottenendo una combinazione di servizio misto di marinai e fascisti negli Uffici pubblici e altrettanto nelle pattuglie […]. Una sera l’ing. Civelli e l’ing. Miozzi dissero al Comandante Tur di andare subito con loro in macchina a Milano per informare esattamente Benito Mussolini sullo stato della Marina nei riguardi del fascismo e del movimento in atto. Ma il Comandante Tur, dato il momento, non poteva assolutamente lasciar La Spezia. Un nulla avrebbe potuto infatti far scoppiare la guerra civile. Egli consigliò però di riferire al Capo che se il Movimento era fatto salvaguardando la Monarchia, la Marina sarebbe stata certamente con Lui e fornì loro altre importanti notizie”.
Tur concludeva:
“Il giorno dopo il Comandante Tur riusciva a far organizzare una imponente dimostrazione che si recava all’Arsenale ad inneggiare alla Marina. La musica della Marina, in precedenza preparata in Arsenale, ne usciva suonando Marcia Reale e Giovinezza, mentre dai dimostranti partivano potenti grida di Viva il Re! Viva Mussolini! Viva la Marina! […]
Non molto dopo la Marcia su Roma era brillantemente conclusa”.
Più avanti Tur riportava un brano di una lettera del 1924 di Guido Bosero, allora Segretario del PNF della Spezia, che ricordava le “armi, rivoltelle, fucili che tu hai consegnato nel luglio 1921 dopo i fatti tristissimi di Sarzana”. Dopo il fallimento della spedizione a Sarzana i fascisti avevano firmato, il 3 agosto 1921, il “patto di pacificazione” con i socialisti, promettendo il rientro nella legalità. In realtà, come dimostra il memoriale Tur, il patto non fu mai rispettato. Lo squadrismo avanzò inesorabile, fino all’ottobre 1922. E molto oltre.

Giorgio Pagano

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