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Regioni, enti locali e riforma della Costituzione – Lunedì 16 Maggio ore 17 al Palazzo Doria Spinola di Genova

a cura di in data 14 Maggio 2016 – 08:38
Invito 16 Maggio

Invito 16 Maggio

REGIONI, ENTI LOCALI E RIFORMA DELLA COSTITUZIONE
Lunedì 16 maggio ore 17
Sala del Consiglio Metropolitano di Palazzo Doria Spinola
Largo Eros Lanfranco, Genova

L’Osservatorio Civico Ligure inizia le sue attività con un incontro dedicato al tema “Regioni, enti locali e riforma della Costituzione”. Come nelle iniziative che seguiranno, l’Osservatorio fornirà, nell’introduzione ai lavori, elementi per la discussione: “schede programmatiche” che saranno consegnate ai presenti, pur avendo un carattere “provvisorio”, perché l’obbiettivo è che siano arricchite dalla discussione successiva.

L’Osservatorio ritiene che vada rivisto il riparto di competenze operato dalla riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001, in quanto fonte di continui conflitti. Ma il problema non viene risolto, come fa la riforma della Costituzione Renzi-Boschi, sottraendo competenze alle Regioni per restituirle allo Stato, e complicando il quadro con la soppressione “al buio” delle Province e l’istituzione di Città Metropolitane su una parte sola del territorio. Ne emerge un quadro istituzionale complessivo stravolto, con l’attribuzione alle Regioni di numerose funzioni amministrative prima delegate alle Province, che comporta un ingolfamento di competenze estranee al ruolo legislativo e programmatoriodelle Regioni e il completamento del loro processo di snaturamento rispetto alle funzioni per cui erano nate. Il combinato disposto dell’appropriazione da parte della Regione di competenze delle Province e, nel nostro territorio, anche delle Comunità Montane, e della riduzione, a opera dello Stato, di quasi ogni spazio di competenza legislativa alle Regioni, sta riducendo l’ente di via Fieschi a un grosso ente di gestione amministrativa, in competizione sul territorio con la Città Metropolitana.

Il giudizio dell’Osservatorio sulla riforma Renzi-Boschi coincide con quello dei 56 costituzionalisti, apparso nelle scorse settimane: l’assetto regionale della Repubblica ne uscirebbe fortemente indebolito, riducendole Regioni a organismi privi di reale autonomia, e senza garantire adeguatamente i loro poteri e le loro responsabilità anche sul piano finanziario e fiscale (mentre si lascia intatto l’ordinamento delle sole Regioni speciali). Invece di limitarsi a correggere alcuni specifici errori della riforma del 2001, promuovendone una migliore attuazione, il nuovo progetto tende sostanzialmente, a soli quindici anni di distanza, a rovesciarne l’impostazione, assumendo chiari obbiettivi neo centralisti, secondo un disegno in atto da tempo. Il nuovo Titolo V prevede il ritorno alla competenza esclusiva dello Stato centrale della sicurezza nei luoghi di lavoro, dell’istruzione, delle politiche sociali, di quelle per l’occupazione e il territorio, e così via. Verranno cancellati indirizzi regionalisti che hanno guidato l’Italia per quasi un ventennio: alle Regioni rimarranno in capo, in sostanza, solo le competenze in campo sanitario e urbanistico.

A parere dell’Osservatorio, il declino delle classi dirigenti regionali e il fenomeno delle spese regionali indecenti sono fenomeni che vanno strenuamente combattuti, ma non con un ritorno al centralismo, né virtuoso né efficiente ieri, tantomeno oggi di fronte alle sfide di una società complessa. La stessa costruzione di una democrazia sovranazionale europea è impraticabile senza una profonda riforma degli Stati-nazione, ancorata all’affermarsi di una forte dimensione autonomista e regionalista.

Colpisce, in questa fase, il silenzio delle Regioni, ma anche di coloro, per esempio le associazioni economiche, che certamente non trarrebbero giovamento dal ritorno centralistico, nel campo dell’artigianato come in quelli del turismo e dell’agricoltura.

L’Osservatorio, infine, ha elaborato alcune proposte:aggregazione programmata dei Comuni e mantenimento delle “comunità municipali”; mantenimento di un ente intermedio di area vasta tra Comuni e Regione, anche semplicemente associativo; attribuzione di ulteriori funzioni alla Città Metropolitana e sua disaggregazione in Comuni diversi, per avere una propria identità e giustificare la propria presenza accanto al Comune capoluogo; recupero del ruolo originario, legislativo e programmatorio, della Regione, ascapito di ogni competenza gestionale e amministrativa; rivitalizzazione della partecipazione; riforma delle strutture decentrate dello Stato.

L’Osservatorio ha riflettuto inoltre sulle aggregazioni regionali. Le macroregioni, previste dalla Costituzione e dagli ordinamenti europei, non vanno temute: non sono la via di un indipendentismo anacronistico e velleitario, ma al contrario possono diventare un’opportunità di rinnovamento dei modi di governare.


 

La prima iniziativa dell’Osservatorio Civico Ligure è stata dedicata al tema “Regione, enti locali e riforma della Costituzione”. Giorgio Pagano, del Comitato Promotore, nell’introduzione l’ha motivato così: “Per risolvere i problemi del Paese serve una democrazia fondata sul decentramento e la partecipazione, non affidata all’uomo solo al comando… il centralismo non è mai stato virtuoso ed efficiente in passato, tantomeno può esserlo oggi di fronte alle sfide di una società complessa”. Ernesto Avegno, nella relazione, ha presentato le proposte dell’Osservatorio: aggregazione programmata dei Comuni e mantenimento delle “comunità municipali”; mantenimento di un ente intermedio di area vasta tra Comuni e Regione, anche semplicemente associativo; attribuzione di ulteriori funzioni alla Città Metropolitana e sua disaggregazione in Comuni diversi, per avere una propria identità e giustificare la propria presenza accanto al Comune capoluogo; recupero del ruolo originario, legislativo e programmatorio, della Regione, a scapito di ogni competenza gestionale e amministrativa; rivitalizzazione della partecipazione; riforma delle strutture decentrate dello Stato. Pagano e Avegno hanno infine criticato la riforma della Costituzione Renzi-Boschi, che “ripropone il vecchio centralismo e riduce le Regioni a organismi privi di reale economia”.

Matteo Cosulich, docente di Istituzioni di Diritto Pubblico all’Università di Trento, ha condiviso le proposte dell’Osservatorio, a partire dalla critica al “processo in atto di concentrazione del potere”: “per contrastare questo processo servono un nuovo sentimento civico e una battaglia per far ripartire la discussione pubblica… l’ingegneria istituzionale non basta, ma aiuta”. Cosulich ha così proseguito: “L’accentramento statale non è fonte di virtù, come dimostra la storia del nostro Paese… le Regioni non vanno trasformate in enti di amministrazione e di gestione, che rubano il mestiere ai Comuni, ma devono legiferare e programmare, come fanno le Regioni modello… il problema italiano è che non è mai nata una classe politica regionale -che è solo un tassello della classe dirigente nazionale- mentre le Regioni che funzionano, come il Trentino, hanno una classe dirigente locale”. Secondo Cosulich“la dimensione comunale va ripensata, serve un accorpamento”, così come serve “un ente intermedio, graduato sulla base delle diverse comunità regionali”. Mentre per la Città Metropolitana esiste “un problema di riperimetrazione, bisogna mettere in discussione i vecchi confini… la Città Metropolitana non può coincidere con la Provincia, che era nata per occuparsi del territorio non metropolitano”.

Nel dibattito sono intervenuti Simonetta Astigiano, Giunio Luzzatto, PierfrancoPellizzetti, Pietro Lazagna e Massimo Quaini. Molte le proposte e gli stimoli alla discussione, e una conclusione comune: gli enti decentrati così come sono non funzionano certo bene, ma la risposta non è il ritorno al centralismo ma una profonda riforma dello Stato in senso autonomista e regionalista.

Clicca qui per leggere i documenti consegnati:

icona-pdf Nota sul regionalismo e l’assetto istituzionale

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