Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Nessun pregiudizio verso Di Pietro. Ma in questo momento giusto fare una riflessione

a cura di in data 23 Novembre 2012 – 10:22

Città della Spezia – 23 Novembre 2012 – L’intervento di Antonio Parrillo, membro della direzione provinciale dell’Italia dei Valori, è veramente surreale: polemizza con il mio articolo su “Luci della città” di domenica, dimenticando che il suo partito attraversa una crisi profonda, e che critiche ben più pesanti delle mie arrivano a Di Pietro da militanti e dirigenti del suo stesso partito. Addirittura, in Liguria, è stato il segretario regionale dell’IdV, seguito da un assessore e da un consigliere regionale e da molti suoi seguaci, ad abbandonare il partito.

Io non ho pregiudizi verso Di Pietro e l’IdV. Anzi, in questi anni, pur da posizioni diverse, ho partecipato a molte battaglie comuni. Il mio è un sentimento di sconcerto rispetto a quello che ha rivelato Report, anche quando ha replicato a Di Pietro, e rispetto a quello che sta emergendo in tante realtà del Paese: dal Lazio all’Emilia, fino alla Lombardia (si legga l’inchiesta sulla parentopoli lombarda pubblicata da una rivista, Micromega, non certo ostile al’IdV). So bene -l’ho scritto anche domenica- che nell’IdV ci sono tante persone per bene. Mi auguro che Di Pietro possa dimostrare la sua estraneità alle accuse, e che l’IdV possa fare “piazza pulita” al suo interno. Ma il mio, dopo lo sconcerto, è soprattutto un ragionamento politico: come è potuto accadere tutto questo? Credo che chi milita nell’IdV e chi, come me, è stato vicino a questo partito in tante occasioni, una risposta debba tentare di darla. Io credo, come ho scritto domenica, che alla radice ci sia la questione dell’IdV come partito personale, che ha come fonte di autorità il carisma del Capo. Un partito che non ha un passato che produce affinità culturale e senso di appartenenza, e che quindi fatalmente chiede tutto ciò all’ “uomo solo al comando”. Ma, come nell’epica del ciclismo, se quell’uomo inciampa è tutto il gruppo che rovina. E’ questo uno dei motivi che portano il partito personale, dopo una fase più o meno lunga, al declino. Certo: nella seconda Repubblica la stagione dei partiti personali ha riguardato, sia pure in modo diverso, un po’ tutti. Ma domandiamoci: la seconda Repubblica non è entrata in crisi proprio per questo, per l’assenza di partiti “veri”, cioè dotati di una cultura politica, di una vita democratica interna, di una tensione continua alla ricerca della partecipazione popolare? E il Governo Monti non è forse il frutto di questa crisi dei partiti? Ecco perché credo che la terza Repubblica debba caratterizzarsi per la riscoperta della politica democratica e partecipata, quella, appunto, dei partiti “veri”. Ciò significa, nel centrosinistra, superare la divisione tra riformisti e radicali e unificare i vari accampamenti partitici (oggi tutti un po’ in crisi) e le energie civiche che sono fuori dai partiti. Creare cioè un nuovo grande partito popolare, fondato su processi di democrazia integrale e sulla voglia di potere e di partecipazione di iscritti e cittadini: credo che questo sia il sogno della grande maggioranza degli elettori di tutti i partiti di centrosinistra, IdV compresa, e di tanti elettori che oggi sono delusi e distaccati dai partiti.
Devo infine due risposte a due battute di dubbio gusto contenute nell’intervento di Parrillo. La prima: Scilipoti, De Gregorio e compagnia sono stati eletti con i voti del centrosinistra, non solo dell’IdV, e sono finiti a sostenere Berlusconi. Io, esattamente al contrario, sono sempre stato coerente: un socialista riformista, prima nel Pci, poi nei Ds. Proprio per questo non mi sono da subito riconosciuto nel Pd di Veltroni. E proprio per questo non ho proseguito nel cursus honorum. Tutti sanno che ho rinunciato ad ogni incarico. Le mie posizioni politiche possono essere ovviamente criticate, ma il mio radicale “anti carrierismo” è fuori di ogni discussione, perché comprovato dai fatti. Così come è comprovata dai fatti e dai documenti, che ho integralmente riportato nel “Diario su Acam”, la mia battaglia perduta, tra 2001 e 2004, per l’aggregazione dell’azienda con altre ex municipalizzate: fui completamente solo, e quella mia sconfitta è alle radici della crisi successiva. Naturalmente è una pagina della recente storia della città che molti tendono a rimuovere. Ma rileggerla ci farebbe solo del bene.

Giorgio Pagano

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