Il capitalismo ha i secoli contati di Giorgio Ruffolo
Alcuni sostengono che il capitalismo avrebbe imboccato una strada di autodistruzione di cui si può prevedere il necessario percorso e la sua inevitabile fine.
Per Giorgio Ruffolo non è vero.
Non c’era niente, nel passato del capitalismo, che fosse necessario e inevitabile.
E non c’è niente di simile nel suo futuro.
Perché le origini del capitalismo possono essere rintracciate ben prima della nostra epoca, prima dell’emersione del volto potente e inquietante dell’impresa contemporanea.
Perché già l’antichità dell’Occidente, tra Grecia e Roma, conteneva in sé i segni di quella attrazione verso il denaro e verso la produzione di valore che costituisce l’essenza della produzione e dello scambio capitalistico.
Il passato del capitalismo gode quindi una durata straordinariamente lunga, e questo spinge Ruffolo a guardare al futuro nella certezza che il capitalismo non avrà vita troppo breve.
Perché esso ha dentro di sé la capacità di adattarsi ai tempi più diversi, l’elasticità necessaria a catturare l’immaginazione degli uomini di qualsiasi epoca, gli strumenti indispensabili per continuare a essere lo scenario economico del futuro.
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