Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Dario Fo, Bob Dylan e La Spezia

a cura di in data 21 Ottobre 2016 – 21:16

Città della Spezia, Cronaca4, La Nazione – 16 ottobre 2016 – Quando ho saputo, contemporaneamente, che avevamo perso il premio Nobel Dario Fo e che Bob Dylan aveva ricevuto lo stesso premio ho provato insieme dolore e gioia. E ho pensato che una profonda “giustizia poetica” unisse i due fatti e due artisti diversissimi tra loro, ma legati da una creatività che ha radici profonde nelle culture popolari: i giullari italiani e i vagabondi americani. Subito dopo il ricordo è andato alla forte impronta lasciata da entrambi a Spezia.

Per molti “Mistero buffo”, il capolavoro di Fo che resterà per sempre nel teatro mondiale un vertice impareggiabile, fu portato in scena per la prima volta proprio nella nostra città, al Teatro Monteverdi, il 1° ottobre 1969. Per altri la prima fu invece a Sestri Levante. In ogni caso l’opera mosse i primi passi da noi.

Era una mescolanza di suoni e toni, idiomi reali e inventati: il grammelot. Una “giullarata popolare del ‘400”, ispirata dai vangeli apocrifi e dalle storie popolari sulla vita di Gesù, poi ogni volta arricchita di monologhi tratti da racconti del Medioevo italiano ed europeo. Negli anni successivi “Mistero buffo” approdò più volte, arricchito di nuove storie, al Teatro Civico, fino alle due memorabili serate del 9 e 10 novembre 1985. Fo lavorò poi alla Spezia per tre settimane nel novembre 1990, per provare al Teatro Astra lo spettacolo “Zitti, stiamo precipitando”, la cui anteprima nazionale fu all’Astra il 21 novembre 1990.

Dylan ci riporta invece a tempi più recenti, il 20 luglio 2001. Volemmo dare, in occasione del G8, l’immagine di città aperta e ospitale. Organizzammo un convegno sulla globalizzazione e chiamammo Dylan al Picco. Ricordo la difficile decisione di tenere il concerto a poche ore dalla morte di Carlo Giuliani, e di dedicarlo alla sua giovane vita appena stroncata. Dylan, come d’abitudine, non disse nulla. Ma cantò le canzoni più impegnate del suo repertorio, da “The Times They are a-changin” a “Blowin’ in the Wind”, fino a “Masters of War”, invettiva contro i potenti della terra: sembrava scritta apposta per il G8, e invece aveva quasi quarant’anni. Che fosse questo il modo di commentare i fatti di Genova, usando le canzoni e non le parole? L’impressione di molti fu questa, chissà se fu così. E ascoltando “Knockin’ on Heaven’s Door” e il verso “Posa quelle pistole, non posso più sparare” sentimmo una stretta al cuore.

Giorgio Pagano
Ex Sindaco della Spezia

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