Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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La Spezia medievale, il palazzo di via Biassa e l’enigma della Loggia

a cura di in data 13 Maggio 2019 – 21:43
La loggia della Curia trecentesca riaffiora durante la ristrutturazione del Palazzo Comunale - 1904 - foto di Antonio Borgato pubblicata in "La Spezia" di Amelio Fara.

La loggia della Curia trecentesca riaffiora durante la ristrutturazione del Palazzo Comunale – 1904
foto di Antonio Borgato pubblicata in “La Spezia” di Amelio Fara.

Città della Spezia, 5 maggio 2019 – “Città della Spezia” ha giustamente dato rilievo all’iniziativa di un gruppo di cittadini che ha rivolto un appello al Sindaco affinché l’edificio di origine medievale di via Biassa 93 non venga demolito o ne vengano almeno preservate le testimonianze di epoca medievale.
Condivido questa richiesta e invito anche altri a farlo. Credo che l’obbiettivo principale sia quello del recupero della facciata, nella quale, spiega l’appello, “sono visibili al piano terra e al primo piano i resti di un portale e alcune pietre ben squadrate (con feritoia) di epoca medievale, oltre a un bell’arco in mattoni”. Mi rendo conto che quest’opera di salvaguardia è, in un edificio fortemente lesionato e bisognoso di essere messo in sicurezza, tecnicamente non semplice, e anche onerosa dal punto di vista economico. Ma è un necessario “atto di rispetto nei confronti della storia della Spezia e dei suoi cittadini”, per dirla con le parole dell’appello. Il Comune dovrebbe quindi approvare sì il progetto dei privati ma dando loro precise prescrizioni relative alla facciata.
Credo invece che il resto dell’edificio possa essere demolito e ricostruito, non solo perché pericolante ma anche perché privo di significative tracce del passato. Anni fa, nell’esame di un precedente progetto riguardante il palazzo, la Sovrintendenza Archeologica aveva rilevato come non fosse di alcun interesse un muro di rilevante spessore presente all’interno: si sperava fosse un muro originale, fu invece classificato come un elemento spurio successivo.

QUELLO CHE ABBIAMO PERDUTO
Più in generale ha ragione, sempre su “Città della Spezia”, Piero Donati quando afferma che noi italiani siamo un popolo di smemorati e che questo male italiano non risparmia gli spezzini:
“La storia urbana di Spezia è costellata di gravissimi errori. Tutti danno la colpa ai bombardamenti, ma sia prima che dopo la Seconda Guerra Mondiale sono state commesse azioni ingiustificabili. Penso all’abbattimento, negli anni Venti, dell’importantissimo oratorio di Sant’Antonio Abate, dove si trova oggi l’attuale piazza Cesare Battisti. Uno scritto del 1916 di Ubaldo Mazzini dimostra quale fosse l’importanza di quell’edificio, abbattuto senza che ci fossero ragioni di pubblica incolumità o altro. Sono stati salvaguardati alcuni oggetti, tra cui due statue portate in Santa Maria, ma tutto il resto è andato perduto.
Lo stesso dicasi per l’ex Convento agostiniano del Poggio. Non tutti sanno che piazza Sant’Agostino prende il nome dal fatto che lì sorgeva il più antico Convento cittadino risalente al Trecento, quello degli agostiniani, all’interno del quale era conservato il celebre dipinto del Carpenino del 1539, diventato poi l’emblema del Museo Diocesano. Durante la guerra è stato colpito dalle bombe, ma non raso al suolo. L’eliminazione di ogni traccia, per realizzarci un campetto da calcio, è avvenuta nel 1957, dodici anni dopo la guerra, e una colonna è stata portata a Brugnato come souvenir personale dall’allora sindaco, Ravecca, per collocarla a pochi metri dalla Cattedrale brugnatese, ingenerando peraltro equivoci sulla composizione effettiva del patrimonio locale. Ritengo, a tal proposito, che si potrebbe anche lavorare affinché la colonna ritorni alla Spezia e al suo posto, così che i ragazzi che giocano a pallone abbiano almeno un barlume di memoria di quello che c’era prima del campetto”.

La loggia della Curia trecentesca riaffiora durante la ristrutturazione del Palazzo Comunale - 1904 - foto di Rodolfo Zancolli, dall'Archivio Storico della Mediateca Regionale Sergio Fregoso.

La loggia della Curia trecentesca riaffiora durante la ristrutturazione del Palazzo Comunale – 1904
foto di Rodolfo Zancolli, dall’Archivio Storico della Mediateca Regionale Sergio Fregoso.

COM’ERA SPEZIA MEDIEVALE
Le considerazioni di Donati ci spingono a questa domanda: ma com’era Spezia medievale, o meglio tardomedievale? Possiamo immaginarlo leggendo le opere di Agostino Falconi, Ubaldo Mazzini e Ubaldo Formentini, e poi di Amelio Fara e di Paolo Cevini: la cinta delle mura, il ponte romano venuto alla luce a seguito degli scavi per le fondazioni del Palazzo comunale nell’attuale piazza Beverini, ponte lungo il quale correvano le mura, che da un lato arrivavano fino al mare e dall’altro, passando a fianco dell’oratorio di San Bernardino (oggi sede del Museo Diocesano), salivano al Castello… Più in alto ancora c’era la Bastia. Lungo la cinta delle mura c’erano cinque torri a difendere le porte della città. E poi c’erano le case, i palazzi come quello di via Biassa 93, la chiesa di Santa Maria, il convento di Sant’Agostino al Poggio e l’oratorio di Sant’Antonio Abate.
Furono i bombardamenti aerei nel quartiere di Santa Maria a rivelarci molti elementi fino ad allora sconosciuti. Come ha scritto Paolo Cevini:
“Paradossalmente, solo l’orrore della guerra e il trauma violento delle distruzioni poteva d’improvviso svelare la natura storica, ricca e profonda, delle strutture edilizie della città. […]Ma è tardi, ormai: alle distruzioni della guerra seguono altrettanto impietose quelle di una dissennata ‘ricostruzione’”.

LA LOGGIA
Nella città medievale c’era, inoltre, la Curia. Nelle due foto in alto e in basso potete vedere le immagini della Curia trecentesca venuta alla luce con gli scavi per il Palazzo Comunale, nel 1904. Ubaldo Mazzini ci descrive i resti della loggia della Curia perfettamente. Lì si adunava il Parlamento, si rogavano gli atti, si amministrava la giustizia. Sarebbe perfino possibile, come Mazzini auspicava, ricostruirla esattamente com’era. L’obbiettivo non credo debba essere questo, ma un altro: sapere dove sono finiti quei resti. Il ponte romano è assai probabilmente ancora sotto piazza Beverini, ma i resti della Loggia? Quando lo chiesi, mi si rispose che furono forse portati al Convento delle Clarisse durante la Seconda Guerra Mondiale, insieme ad altri reperti del Museo, per salvarli dai bombardamenti. Che non risparmiarono però il Convento, che andò distrutto. Tant’è che negli scavi archeologici delle Clarisse, alla ricerca di ciò che rimase sepolto dopo i bombardamenti, fu trovato un capitello, ora nel Museo Archeologico del Castello San Giorgio, forse appartenente alla loggia della Curia. Ma altri reperti furono forse portati non alle Clarisse ma in zone più sicure della Val di Vara, dove è più difficile siano andati distrutti.
Servirebbe un archeologo o storico dell’arte con la passione del cercare ancora. Qualche cosa, alla fine, troverà… Proprio per questo, dopo aver letto che l’Amministrazione Comunale intende realizzare un edificio nell’area dove sorgeva il Convento delle Clarisse, mi domando, e dobbiamo domandarci: siamo proprio sicuri che gli scavi archeologici fatti in passato non debbano essere ripresi? Accanto al nostro bellissimo Castello San Giorgio e ai tratti delle mura che sono rimasti, tutte le altre tracce costituirebbero un itinerario culturale, affascinante per noi spezzini prima ancora che per i turisti.

lucidellacitta2011@gmail.com

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