Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

Leggi articolo intero »
Crisi climatica e nuove politiche energetiche

Economia, società, politica: anticorpi alla crisi

Quale scuola per l’Italia

Religioni e politica

Ripensare il Mediterraneo un compito dell’Europa

Home » Città della Spezia, Rubrica Luci della città di Giorgio Pagano

Il reato di umanità

a cura di in data 1 Novembre 2021 – 08:37

Calabria, l’Aspromonte
(2019) (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 3 ottobre 2021 – Guardate la fotografia in alto: è di un villaggio dell’Aspromonte completamente spopolato e abbandonato. Non c’è posto, nella Calabria di oggi, per i villaggi delle aree interne, per le comunità rurali, collinari e montane. Leggiamo l’analisi di Gaetano Lamanna, che la Calabria la conosce come pochi:
“Dopo la rottura del latifondo e la riforma agraria, la Calabria è entrata nella modernità pagando un prezzo altissimo in termini di emigrazione. Ha fornito braccia a buon mercato allo sviluppo industriale del Nord e dell’Europa. Ha distrutto un artigianato fiorente che non ha retto l’urto del mercato dei prodotti industriali. Anche molti che avevano beneficiato della riforma agraria hanno abbandonato le campagne per lo scarso sostegno pubblico, indirizzato soprattutto ad agevolare l’attività edilizia e commerciale, oltre che posti di lavoro nella pubblica amministrazione. La Calabria diventa terra di consumo. Si sviluppa un’economia dipendente e funzionale alla crescita economica delle regioni centro-settentrionali. Con un ceto politico attento solo a intercettare i flussi di spesa pubblica e a gestire affari e malaffari.”
L’esperienza di Riace, voluta in primo luogo dal suo Sindaco Mimmo Lucano, ha rappresentato e rappresenta l’unica alternativa allo spopolamento e all’abbandono. Non è stata solo accoglienza, è stata nuova vita, rinascita per il borgo antico ormai svuotato e rassegnato. Ha accolto i profughi e ha riaperto scuole, botteghe, case. Il “modello Riace” avrebbe dovuto essere la strada maestra per una nuova politica per la Calabria e per il Sud. Per sottrarre la Calabria e il Sud al potere illimitato della ‘ndrangheta e della mafia non basta la repressione, serve affermare nella pratica quotidiana una cultura del rispetto e della dignità di ogni essere umano che è alternativa alla cultura dell’appartenenza e del sangue che è il cuore della cultura ‘ndranghetista e mafiosa.

Calabria, l’Aspromonte
(2019) (foto Giorgio Pagano)

Eppure Mimmo Lucano è stato condannato a 13 anni e due mesi. Un imputato per mafia, se non ha commesso un omicidio e chiede il rito abbreviato, ordinariamente viene condannato a 6/7 anni. Un trafficante di esseri umani responsabile della morte di un numero imprecisato di migranti non arriva a 10 anni. A 13 anni fu condannato Omar, accusato di avere ucciso a Novi Ligure la mamma e il fratellino di Erika.
Le sentenze vanno criticate quando le si ritiene ingiuste. Altrimenti non dovremmo criticare tutte le sentenze che hanno assolto i golpisti e gli stragisti che hanno tramato e ucciso nella seconda metà del Novecento. L’abnorme verdetto di Locri ha voluto in realtà colpire il “modello Riace”. In questi anni chi non ha sopportato l’accoglienza e la rinascita del Sud ha operato in ogni modo per delegittimare quel “modello” e per distruggerlo. Il verdetto è il risultato ultimo di tutto ciò. È un’offesa al diritto, che non va mai ridotto a legalismo meschino ma deve interpretare le gesta umane in un contesto storico. In questo caso le ha interpretate sulla base di una visione del tutto negativa dell’esperimento di Riace. Ha voluto condannare l’esperimento, non i suoi inevitabili errori. Se c’è stato un disordine, c’è stato per ingenuità, non per malaffare.
Lucano non è un mostruoso truffatore, come pensano i giudici di Locri, ma un uomo in povertà, che tutto ha sacrificato ai suoi ideali. A cui non è stato contestato o trovato un solo euro.
Lucano non ha operato per trarne “un vantaggio politico”, come pensano i giudici di Locri, ma ha rifiutato due volte la candidatura elettorale (nel 2018 alle politiche, nel 2019 alle europee) che in caso di elezione gli avrebbe consentito l’immunità (e uno stipendio, a lui che non ha nemmeno i soldi per mangiare).
Ma quali sono, poi, i suoi reati? È un reato -gli è valsa la pena di due anni e dieci mesi- il rilascio di una carta d’identità a una donna nigeriana in difficoltà? Aberrante. Ma chi non l’avrebbe fatto?
È un reato celebrare un matrimonio tra una giovane donna immigrata e un anziano italiano? Ma allora annulliamo migliaia di matrimoni e condanniamo tutti coloro che li hanno officiati (me compreso).
È un reato l’appalto per la raccolta differenziata fatta con gli asinelli (per poter passare nelle strade strette) assegnato dal Comune di Riace a due cooperative del paese che impiegavano italiani e migranti? Ma è un appalto assolutamente regolare. È la legge a prevedere la possibilità di affidamento diretto a cooperative sociali finalizzate “all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate a condizione che gli importi del servizio siano inferiori alla soglia comunitaria”. Io l’ho fatto per anni con la cooperativa Cis del compianto Pietro Cavallini. Per aiutare le persone svantaggiate, non per ottenere consenso elettorale e potere. Come Lucano, anche se così non la pensano i giudici di Locri.
Ma ci sono casi in cui Lucano è andato oltre la legge, è vero. Lui stesso ha ammesso di aver agito a volte lungo una via non prevista dalla legge, per un superiore imperativo morale che lo spingeva a stare con gli ultimi, con i migranti e a dare loro risposte concrete, a cominciare da un tetto e da un lavoro. Il più delle volte il diritto si limita a codificare norme, convenzioni, costumi già in uso. Trasforma in legge lo status quo. È la storia. Per fare funzionare il “modello Riace” Lucano ha dovuto infrangere leggi vecchie e inadeguate. Come quella che non dà diritto ai bimbi che nascono e studiano in Italia di avere la cittadinanza. O come quella che nega la casa popolare, il diritto a un alloggio agli immigrati regolari che sono residenti in Italia da meno di 10 anni.
Rispettare la legge o seguire la propria coscienza? Non è la prima volta che la storia mette gli uomini davanti a questo bivio. Lucano ha scelto l’umanità. Il suo è un “reato di umanità”. Per questo è stato punito.

Post scriptum:
Da domenica prossima, per quattro domeniche, la rubrica “Luci della città” verrà sospesa. Al suo posto, d’intesa con la direzione di “Città della Spezia”, ritornerà la rubrica “Diario dalle Terre Alte”.

lucidellacitta2011@gmail.com

Popularity: 3%