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Le Seychelles? Meglio Sao Tome’

a cura di in data 17 Settembre 2015 – 20:35
Praia dos Tamarindos    foto Giorgio Pagano

Praia dos Tamarindos
foto Giorgio Pagano

Città della Spezia, 13 settembre 2015 – Nell’isola di Mahè, la più grande dell’arcipelago delle Seychelles, le ruspe finanziate da capitali sudafricani stanno completando la costruzione di Eden Island, un paradiso residenziale con ville e darsene turistiche realizzato sbancando i coralli, sostituiti con uno zoccolo artificiale sulla falsariga della Palma di Dubai. Un monolocale a Eden Island costa mezzo milione di dollari, in linea con i prezzi dell’arcipelago che ospita i due resort più cari al mondo (6.695 e 5.246 dollari per notte). Nel borgo chiamato La Misére, battezzato così perché un tempo era occupato da una baraccopoli, sorge un maniero in stile bavarese, di proprietà del Presidente degli Emirati Arabi Uniti Khalifa al Nahyan, uno degli uomini più ricchi del mondo, che ha avuto un ruolo decisivo nel salvataggio delle Seychelles dal default durante la crisi del 2008-2009 e ha deciso di fare dell’arcipelago l’appendice subequatoriale del turismo cinque stelle di lusso. La Etihad di Khalifa, compagnia neo-partner di Alitalia, ha comprato una quota in Air Seychelles e i suoi consiglieri economici hanno avuto un ruolo chiave nel definire il programma “Seychelles 2040”, tutto basato sullo sviluppo dell’economia dei resort. Intorno alle ville si iniziano a vedere i fili spinati, il mare è sempre più sporco, sono arrivate la droga e le armi. Certo, il reddito medio degli abitanti è molto alto per un Paese africano. Ma la crisi del turismo morde, e il sogno equatoriale è a rischio: uno dei pochi paradisi naturali sta diventando uno dei tanti paradisi immobiliari.

Sao Tomè, un altro paradiso della natura, potrebbe diventare come le Seychelles. Un emiro, o una multinazionale, o un altro Stato disponibili ad “acquisire” un piccolo Stato come Sao Tomè si trovano sempre. Il punto è la volontà dei saotomensi. Io credo che loro vogliano uscire dalla povertà in un altro modo: con lo sviluppo sostenibile, rispettoso della natura e dell‘identità del loro Paese. Il Piano di Sviluppo Sostenibile e Integrato del Distretto di Lembà proporrà e sosterrà questa visione per lo Stato, e soprattutto per il Distretto, dove il turismo per ora si è appena affacciato.

Ma che significa, in concreto, “turismo sostenibile”? Mi sono già soffermato su questo punto nell’articolo della rubrica “Mucumblì e l’ecoturismo” (9 agosto 2015). Meglio di me lo spiega Brigida Rocha Brito, una ricercatrice portoghese autrice di alcuni studi sul turismo a Sao Tomè e Principe: “La pratica turistica in un ambiente insulare richiama la concezione ideale del piacere e delle vacanze in luoghi paradisiaci, caratterizzati dalla diversità e dalla particolarità, dalla distanza dalle relazioni con il quotidiano, in ambienti preservati e ricchi di specie esotiche di flora e fauna, ma anche dall’esistenza di gruppi comunitari che garantiscono la continuità delle culture tradizionali attraverso il mantenimento di pratiche degli antenati. In quanto Paese insulare africano, Sao Tomè e Principe possiede questi requisiti, e può essere definito come una destinazione turistica fattibile, che si identifica così: ambienti diversificati; specie varie ed endemiche; presenza di una società mista, caratterizzata da influenze socioculturali di origine africana ed europea, con forte preponderanza di quella capoverdiana e di quella portoghese”. L’autrice prosegue soffermandosi in particolare sul segmento ecologico e rurale e sul segmento balneare ed elioterapico. Sao Tomè e Principe, quindi, è il luogo dei tanti turismi: il trekking naturalista nella foresta tropicale; l’ecoturismo di interesse specifico (birdwatching, osservazione dei cetacei); l’ecoturismo scientifico-universitario; l’agroturismo e il turismo rurale, sia di imprese individuali che di cooperative comunitarie; il turismo di sole e mare; il turismo culturale-etnico-antropologico; il turismo del patrimonio industriale e agroindustriale; il turismo attivo e sportivo; il turismo vulcanologico. L’insieme di queste attività costituisce il turismo sostenibile, che ha come interlocutore privilegiato il turista “d’avventura”, esploratore e amante della natura.

Parque Obò, Cascata Angolar foto Giorgio Pagano

Parque Obò, Cascata Angolar
foto Giorgio Pagano

Il punto è che questa prospettiva di sviluppo incontra molti ostacoli: la riduzione degli investimenti interni, la fragilità dell’imprenditoria locale e la carenza di appoggi e incentivi da parte delle istituzioni, la debolezza dei Distretti, la difficoltà ad attrarre imprenditori stranieri, i limiti delle infrastrutture di trasporto, la scarsa capacità di fare marketing turistico, l’offerta limitata di alberghi e ristoranti, il cattivo stato del patrimonio rappresentato dalle antiche piantagioni agricole, la difficoltà a salvaguardare l’ambiente e la biodiversità, l’assenza di piani urbanistici e paesaggistici, la carenza della formazione professionale… Il nostro Piano di Sviluppo includerà anche un Piano turistico distrettuale, con indicazioni puntuali per superare ognuno di questi “constrangimentos” (vincoli). Più in generale è necessario che il Piano di Sviluppo -per sua natura un piano integrato- consideri e promuova l’integrazione tra il turismo e tanti altri settori e attività: la filiera agro-alimentare, l’artigianato, la pesca artigianale, l’edilizia tradizionale, le piccole e medie industrie, la cultura, la formazione professionale, l’urbanistica e il paesaggio, il miglioramento dei servizi ambientali, energetici e sanitari, la conservazione delle risorse naturali e della biodiversità…

Le difficoltà certamente non mancano, ma il turismo a Sao Tomè ha ormai un “posizionamento” chiaro, e abbastanza condiviso. Ha un suo “mercato di nicchia”, che non è, per fortuna, quello degli emiri. Inoltre le isole “al centro del mondo” hanno un peculiare punto di forza, che trova il suo fondamento nel fattore umano. Leggiamo ancora Brigida Rocha Brito: “Lo sviluppo delle attività turistiche è promosso a partire dalle comunità locali. I contatti tra il visitatore e i gruppi comunitari sono incentivati, con l’obbiettivo di scambiare esperienze e condividere conoscenze. Il visitatore domanda un contatto diretto con la popolazione locale, manifestando interesse a conversare, ascoltare storie, raccogliere informazioni, apprendere i connotati culturali, i più autentici possibili, mentre la popolazione locale, oltre ad avere una grande curiosità sui modi di vita dei turisti, considera i contatti che si vengono a stabilire come un modo per rendere redditizie le risorse locali: conoscenze tradizionali, gastronomia, produzione artigianale e artistica”. La partecipazione comunitaria delle popolazioni locali è un fattore decisivo dello sviluppo del turismo sostenibile.

Giorgio Pagano

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