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Le meraviglie di Principe e la strada del cacao a Lembà

a cura di in data 20 Ottobre 2015 – 12:14
Principe, Praia Banana  (foto Giorgio Pagano)

Principe, Praia Banana (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 18 ottobre 2015 – La Repubblica Democratica di Sao Tomè e Principe è un Paese composto da due isole principali: Sao Tomè e Principe. Quest’ultima è la più piccola delle due. E’ anch’essa di origine vulcanica, con un rilievo molto accidentato (il punto più alto è il Pico de Principe, 948 metri). In entrambe le isole il clima è tropicale umido, caratterizzato da due stagioni, quella secca e quella delle piogge. Ma tra le due isole -come tra le diverse parti dell’isola più grande- la diversità climatica è notevole. Nella stagione secca, da giugno ad agosto, il clima è mite dappertutto; ma nel nord di Sao Tomè, dove sono situate sia la capitale che Neves, capoluogo del Distretto di Lembà, il cielo è spesso nuvoloso, mentre a Principe il gioco dei venti fa splendere quasi sempre il sole. A settembre avrebbe dovuto cominciare la stagione delle piogge, ma nel nord di Sao Tomè i cambiamenti climatici si fanno sentire: dominano ancora le nuvole, non piove da maggio e la terra ne soffre. Nel sud di Sao Tomè e a Principe, invece, la stagione delle piogge è già arrivata, ed è tutto un alternarsi di acquazzoni e di un bel sole caldo.

Sono stato sabato e domenica scorsi a Principe, prendendomi due giorni pieni di vacanza, come non mi succedeva da tempo. Mi hanno colpito il verde della foresta e la bellezza della costa. Le spiagge sono di rena chiara e fine, come la Praia Banana, che vedete nella foto in alto. I colori hanno una luce molto forte, e l’acqua è cristallina, turchese o verde smeraldo. In entrambe le isole la biodiversità è ricchissima, e l’ambiente è vario, mai monotono. Ma a Principe c’è un’atmosfera primordiale, fuori dal mondo e in un altro tempo, e con altri tempi rispetto a quelli a cui siamo abituati. Tutto è ancora più lontano: è l’effetto di quella che viene definita la “doppia insularità”. Insomma, Principe è un meraviglioso paradiso terrestre.

L’isola, per ora, è salvaguardata dal punto di vista ambientale. Anche nel nord, la parte più facilmente raggiungibile, meta del turismo balneare e naturalistico. Praia Banana, per esempio, è raggiungibile dalla roça di Belo Monte, ex piantagione coloniale (nella foto in basso potete ammirare l’ingresso): gli edifici della roça, poco più di un anno fa, sono stati ristrutturati, nel rispetto delle caratteristiche originarie, da un imprenditore olandese, che li ha destinati a strutture ricettive; i lavoratori agricoli che vi abitavano sono stati spostati nelle immediate vicinanze, in nuove, dignitose, abitazioni. Dalla roça si raggiunge, a piedi, la spiaggia. A Belo Monte sono impegnati 350 lavoratori, tra turismo e agricoltura. Il soggiorno è abbastanza caro: circa 200 euro al giorno a persona. Ma l’ingresso è consentito a tutti: io ho dormito in una pensioncina a basso prezzo (30 euro) a Santo Antonio, capoluogo dell’isola, ho affittato un pick up e ho visitato la roça e poi Praia Banana con lettino e asciugamano, infine ho pranzato in spiaggia, gustando prodotti tipici dell’isola. In tutto ho speso 25 euro. Il giorno dopo ho speso poco di più in una spiaggia altrettanto bella, quella di Bom Bom, dove circa un ventennio fa il medesimo imprenditore olandese costruì, inserendoli molto bene nell’ambiente, alcuni bungalow sotto le palme vicine alla spiaggia. Anch’essi piuttosto cari. Ma, anche in questo caso, il luogo è aperto a tutti. È perfetto per fare snorkeling e birdwatching, si organizzano escursioni in barca, immersioni e battute di pesca di altura. A Bom Bom lavorano 70 addetti, tutti nel settore turistico (qui non c’è la roça, quindi non c’è agricoltura). Ora è subentrato un imprenditore sudafricano, che sta costruendo un villaggio analogo nella vicina spiaggia di Sundy. Peccato, però, che, a differenza delle altre spiagge, quella di Sundy fosse l’approdo per i pescatori della zona, che sono stati trasferiti a Santo Antonio, con loro grande insoddisfazione. Quindi non si può dire che l’isola sia stata, in questo caso, salvaguardata dal punto di vista sociale.

Principe, ingresso alla roça di Belo Monte   (foto Giorgio Pagano)

Principe, ingresso alla roça di Belo Monte (foto Giorgio Pagano)

A Sao Tomè un resort analogo è stato realizzato dalla catena alberghiera portoghese Pestana nel magnifico Ilheu das Rolas (si veda “La terra dove il pesce è vita”, 6 luglio 2015 ): l’intervento, anche in questo caso, ha rispettato l’ambiente naturale, ma ha sconvolto l’ambiente sociale, strappando le popolazioni dal loro contesto storico. Mi rendo conto che non è semplice conciliare tutte le esigenze: però credo sia giusto realizzare strutture turistiche nel rispetto non solo dell’ambiente naturale, il che a Sao Tomè e a Principe è generalmente avvenuto, ma anche di quello sociale. In fondo si tratta di un rispetto non solo nei confronti delle popolazioni ma anche nei confronti dei turisti, che devono essere messi in condizione di conoscere e di entrare in rapporto con le comunità del luogo, la loro cultura, la loro gastronomia, le loro pratiche di vita. Come avviene a Belo Monte e a Praia Banana, ma anche a Mucumblì a Neves (si veda “Mucumblì e l’ecoturismo”, 9 agosto 2015). Amici mi hanno raccontato dello Yucatan: nella costa orientale, arroccata su una falesia sopra il Mar dei Caraibi, c’è Tulum, tra rovine dell’antica civiltà maya, vegetazione lussureggiante, piscine naturali (i cenotes) e lunghe spiagge di rena fine. Per dormire si può scegliere tra le baracche con letti a castello e locale doccia in comune o le casitas, più costose ma ecoturistiche, tutte con cucina esclusivamente locale e corsi di yoga. Gli esempi di turismo sostenibile, legato alle comunità, dunque non mancano.

Ma a Principe ci sono anche altre meraviglie. A Sundy c’è una roça molto bella, che spero possa essere recuperata e valorizzata come quella di Belo Monte. Straordinario è il viaggio, percorrendo una strada sterrata in mezzo alla foresta, fino alla roça di Sao Joaquim, a ovest. Da lì si scende, sempre in mezzo alla foresta, fino alla selvaggia Praia Caixao, dove sfocia il fiume Banzù e si staglia la vetta del Pico Papagaio. Non c’erano turisti, ma ragazzi a bere l’acqua di cocco e a mangiarne il frutto (due squisitezze!). Oltre, nella parte sud dell’isola, c’è il Parque Natural do Principe, una foresta dove non vive l’uomo. Come nella parte sud-ovest di Sao Tomè. Entrambe queste aree sono percorribili attraverso i sentieri: con maggiore difficoltà a Principe, perché la pioggia li rende fangosi. Dall’altro lato dell’isola il confine con il Parque è la roça di Terreiro Velho, dove vive Claudio Corallo, il produttore del cioccolato più buono del mondo.

Il viaggio a Principe ha rafforzato in me la convinzione che la vocazione chiave del Distretto di Lembà è il turismo sostenibile. A Lembà non ci sono spiagge così belle come a Principe, anche se i turisti frequentano la spiaggia, di rena nera, di Ponta Figo sia per lo snorkeling che per la pesca. Ma le piantagioni di cacao, le roças e la foresta del Parque d’Obò con il Pico de Sao Tomè sono di grandissimo interesse. Valgono le Langhe o il Chianti. Nei giorni scorsi abbiamo incontrato Eugenio Neves, segretario della Plataforma do turismo responsavel e sustentavel: un’associazione nata dieci mesi fa, in continua crescita, che raduna una cinquantina di associazioni, ong, comunità e imprese. La loro “bibbia” è la Carta de Sustendabilidade. L’obbiettivo è quello di coinvolgere e dare lavoro alle popolazioni che vivono nel Parque o nella zona “tampone”, a esso limitrofa, attraverso il turismo, l’artigianato, la cultura, la trasformazione dei prodotti agricoli. L’associazione si sta dotando di un Fondo, che servirà per promuovere le attività: la manutenzione dei sentieri, la loro segnaletica, la “strada del cacao”, la realizzazione di un punto di informazione turistica, la formazione delle guide e del personale turistico in genere, le attività di marketing… La Plataforma ha siglato un memorandum di intenti con i Ministeri dell’Agricoltura e del Turismo, e sta lavorando in stretto accordo con il Parque d’Obò: il Consiglio di Amministrazione della Plataforma coinciderà con il Consiglio di Gestione del Parque, e il Fondo citato finanzierà le attività del Parque. Un eccellente esempio, almeno nelle intenzioni, di gestione comunitaria di una struttura altrimenti condannata all’inerzia per carenza di risorse pubbliche, umane e finanziarie. Abbiamo nuovamente incontrato Aurelio Rita, il Direttore del Parque, confermando l’intesa su una visione comune. Una delle roças del Distretto di Lembà, quella di Ponta Figo, sarà la porta di ingresso del Parque nella zona nord del Paese. Ieri, da Ponta Figo, raggiungibile da Neves in pochi minuti in pick up, siamo andati a piedi a Generosa e poi alla roça di Monte Forte, accompagnati da Eugenio Neves e dagli amici della cooperativa di cacao biologico CECAB. Un sentiero percorribile in tre ore: la prima parte della “strada del cacao” è già di fatto realizzata. Lungo il cammino si incontrano il cacao, ma anche la banana, la fruta-pao e la canna da zucchero, che mastichiamo cruda e di cui apprezziamo, a Generosa, due prodotti offerti dalle donne del villaggio: la melassa di canna e l’aguardente, l’acquavite ricavata dalla canna (42 gradi). La canna viene strizzata in un torchio, il succo viene fatto fermentare per otto giorni e poi distillato con un sistema artigianale, fino a diventare un liquore. A Generosa e a Monte Forte ci sono gli essiccatoi solari del cacao, a Monte Forte, sede centrale della CECAB, anche gli essiccatoi termici, e pure un ristorante-albergo. Poco distante da questo sentiero c’è la roça di Diogo Vaz. A Ponta Figo una struttura abbandonata della roça, che funzionava come dimora del “patrao” coloniale, si presta a ospitare il Museo del cacao, e il punto di informazione turistica del Distretto… Il Piano di sviluppo di Lembà sta prendendo forma, giorno dopo giorno, con la partecipazione di tutta la comunità.

Giorgio Pagano

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