Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Don Sandro Lagomarsini, un saggio scomodo (seconda parte)

a cura di in data 8 Febbraio 2022 – 22:13

Càssego – 1965
cartolina archivio Lagomarsini

Ameglia Informa 1° gennaio 2022

DA SARZANA A CASSEGO (seconda parte)

Sandro Lagomarsini, giovane amegliese del Liceo Parentucelli di Sarzana, era – mi racconta Andrea Ranieri – “uno degli studenti più bravi ma anche il più bello”:
“Destò sensazione il fatto che andasse in Seminario… Molte ragazze si disperarono!”.
Dopo questa scelta, “si pensava che avrebbe fatto una carriera importante nella Chiesa… non ne entravano tanti di ragazzi così intelligenti… a rovinargli la carriera furono la sua fede, la sua intransigenza, a partire dall’opposizione alla guerra in Vietnam”.
Don Sandro, dopo essere stato curato alla Cattedrale di Sarzana dal 1963 al 1965, fu nominato Parroco di Càssego di Varese Ligure il 4 luglio 1965. Dal 1965 al 1968 frequentò Scienze Biologi­che a Pisa. Dal 1966 al 1968 insegnò matematica e scienze nelle Medie e nel Liceo del Seminario. Così mi racconta il suo primo impatto con Càssego:
“Appena arrivato, mi venne incontro Angelo Piazza, il primo abitante che conobbi: ‘Siamo come pecore senza pastore’, mi disse. Mi scontrai con una realtà tradizionalista. Anche in montagna c’era un classismo molto forte. I residenti allora erano 190, tanti venivano a messa, ma pochissimi facevano la Comunione. Quando chiesi il perché uno di loro mi rispose: ‘Se la facessi i compaesani direbbero: che cosa ha combinato di male per confessarsi?’”.
In quei tre anni don Sandro viveva in Seminario e raggiungeva Càssego al sabato: non c’era ancora l’autostrada, il viaggio durava più di due ore. D’estate, mi dice, organizzava un campeggio:
“Nel campeggio del 1965 una notte venne un gran temporale. La mattina dopo Egidio Banti, con la sua macchina da scrivere, scrisse il suo primo articolo”.
Durante la settimana don Sandro andava a Pisa, all’Università. Fu tra coloro che cominciarono la “contestazione”:
“Nel 1967 partecipai alla prima assemblea alla Sapienza pisana, per chiedere – assieme ad alcuni professori incaricati, tra cui il professor Giorgio Mancino – una migliore organizzazione delle aule e del lavoro universitario (a Biologia il primo contestato era il professor Benazzi). Dopo i fatti del marzo 1968, andai a far visita in carcere a Federica Bosco”.[1]
Don Sandro conobbe molti dei futuri leader del Sessantotto: Ovidio Bompressi a Carrara (al cineforum), Luciano Della Mea alla Spezia… Ma il suo punto di riferimento, come abbiamo scritto nella prima parte dell’articolo, fu don Lorenzo Milani:
“Ho cominciato a collaborare al quindicinale ‘Settimana del Clero’ di Bologna nel luglio 1967, con un articolo sulla morte di don Milani. Gli articoli, una rassegna critica sul mondo cattolico, sollevarono molti malumori, particolarmente in alcuni Vescovi”.[2]
Don Sandro mi racconta che non riuscì a conoscere don Milani:
“Inviai alla parrocchia di Barbiana qualche riga a sostegno della sua posizione sull’obiezione di coscienza, ricevetti in risposta la notizia dell’uscita del libro ‘Lettera a una professoressa’. Ne ordinai subito alcune copie e cominciai a presentarlo in giro. Andai a trovare don Milani insieme al sarzanese Pino Meneghini, ma padre Balducci mi disse che non voleva incontrare nessuno. Era malato, morì poco dopo. Andai ai suoi funerali”.
Don Sandro sostiene che l’incarico a Càssego non fu una punizione. Questa ci fu, ma successiva: l’esclusione dall’insegnamento, nel luglio 1968:
“A Cassego c’era bisogno di un Parroco. Il mio predecessore aveva costruito la colonia ma aveva avuto qualche guaio con la giustizia, perché complice del sottogoverno. […] La punizione scattò nel 1968. La DC, tanti preti, si lamentavano per i miei articoli, per il fatto che ero intervenuto a una manifestazione contro la guerra del Vietnam al Moderno e a un’iniziativa del PSIUP con Tullio Vecchietti… Il clima era “Dagli al comunista”. […] Sempre nel 1968, con gli amici Giuliano Giaufret, Franco Carletti, Gianluca Solfaroli (non ricor­do altri), ho partecipato a qualche riunione del Circolo don Milani”.[3]

Sarzana, piazza Matteotti – fine anni Sessanta
cartolina collezione Landini

L’”avversario” del prete amegliese fu il Vescovo Giuseppe Stella:
“Il 18 luglio 1968 il Vescovo Stella mi convocò e mi disse: ‘I preti non ti vogliono più in Semina­rio’. Mi sono alzato e ho salutato. Non ho completato gli studi universitari, che avevo iniziato su richiesta del Vescovo. Con l’arrivo del Vescovo Siro Silvestri, nel 1975, ho ripreso la collaborazione con gli organismi diocesani. Ho rivisto il Vescovo Stella nel 1983. L’ho salutato cordialmente. Mi ha detto che seguiva la mia attività pubblicistica e l’apprezzava. Il Vicario generale Luciano Ratti mi ha portato per anni come esempio di ‘grandezza d’animo’. […] Anche il Cineforum fu oggetto di polemiche. Furono esautorate, per la gestione del Cineforum, figure come don Agostino Tassano, Delegato Vescovile per l’Azione Cattolica, spo­stato a fare il Parroco a Ceparana, e Gino Sbrana, dirigente dell’Azione Cattolica”.[4]
La madre di don Sandro ormai aveva “accettato” il figlio prete. Si ribellò, mi racconta il figlio:
“Andò da Stella, ma lui non la volle ricevere”.
Da allora, per sette anni, fino all’arrivo di Monsignor Silvestri, don Sandro non si mosse da Càssego, non scese mai né a Sarzana né alla Spezia.
Nel luglio 1968 cominciò la straordinaria esperienza del doposcuola. Mi spiega:
“Ho preso alla lettera ‘Lettera a una professoressa’: lascia l’Università, mettiti a fare scuola”.
Fu, come vedremo, un’esperienza di un livello e di un respiro alto, quanto meno nazionale: giovani di montagna che diventano protagonisti, scrisse Mario Lodi, di “un progetto di riforma della scuola, dal basso e dal di dentro”.[5]

Giorgio Pagano

[1] Giorgio Pagano, Maria Cristina Mirabello, “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”, Volume primo, Edizioni Cinque Terre, La Spezia, 2019, p. 507. I fatti del marzo 1968 sono passati alla storia come “i fatti della Stazione di Pisa”, durante i quali vi furono scontri tra studenti e polizia. La studentessa Federica Bosco, sarzanese, fu tra gli arrestati.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] Ivi, pp. 507-508.
[5] Presentazione di Mario Lodi a Sandro Lagomarsini, Ultimo banco. Per una scuola che non produce scarti, Libreria Editrice Fioren­tina, Firenze, 2009, pp. 6-7.

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