Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Acam, le tre urgenze per il rilancio

a cura di in data 8 Febbraio 2009 – 17:44

Il Secolo XIX – 8 febbraio 2009 – La crisi di Acam ha tre ragioni di fondo. Sulle prime due ho già scritto su questa rubrica il 9 novembre; la terza ragione mi è parsa, riflettendo, sempre più chiara.
La prima ragione: l’azienda ha fatto troppi investimenti, e con un ritorno economico troppo limitato. I Comuni hanno migliorato l’ambiente, con risultati che non vanno dimenticati. Ma abbiamo stressato l’azienda: questo è stato l’errore. Lo ha detto anche  l’ex sindaco di Sarzana Guccinelli, che ha aggiunto: “la grande responsabilità del management sta nel fatto di non aver saputo dire di no nei tempi giusti ai Comuni”. Fummo avvisati, però, dall’ advisor Rothschild e  dai revisori. Di fronte all’aumento del debito nel 2005 (162 milioni rispetto ai 156 del 2004), chiedemmo contromisure all’azienda. Purtroppo è accaduto il contrario: 169 milioni nel 2006, 194 nel 2007, pare 240 nel 2008. Ma i Comuni hanno le loro responsabilità: hanno investito troppo e non sono riusciti a imporre un cambio di rotta.
La seconda ragione è l’alleanza  mancata con altre multiutilities: necessaria per ricapitalizzare e assicurare  più efficienza e economie di scala, mantenendo radicamento territoriale e occupazione. Ho già ricordato la discussione del 2004: l’advisor verificò l’interesse di Amga (Genova) e Acea (Roma), il Comune di Spezia spinse per un’alleanza ma prevalse la scelta di continuare nell’isolamento e di cedere il 49% del gas a Italgas. Da parte di Hera (Bologna) non pervenne alcun segno di interesse, come risulta dai rapporti di Rothschild. Sarebbe bene renderli pubblici, per evitare che qualcuno giochi più parti in commedia. La maggioranza degli azionisti (il Comune di Spezia ha il 37,5% delle azioni), gli amministratori e il management dell’azienda rifiutarono le aggregazioni perché non volevano perdere il controllo proprietario: ma era ed è inevitabile. E ora avverrà in condizioni più difficili. Questa è un’altra responsabilità dei Comuni, anche di chi la pensava diversamente, come il mio: quando si è sconfitti bisogna sempre interrogarsi sul perché. Serve, però, onestà intellettuale da parte di tutti: i massimi dirigenti dei Ds non possono non ricordare che optarono per Italgas, così come i (pochi, è vero) consiglieri di amministrazione e  sindaci di centrodestra.
Infine la terza ragione. Ho sempre pensato che l’azienda potesse sbagliare nelle strategie ma che fosse amministrata bene, senza sprechi. A questo punto è chiaro che non è stato proprio così. C’è certo una responsabilità del management. Ma c’è anche da riflettere alla radice: sugli errori dello “Stato dei partiti”, del “possesso” delle aziende pubbliche da parte dei partiti. Si pensava, in questo modo, di designare in Acam gli amministratori più capaci. Ma è andata male, lo dicono i fatti. Al di là delle diverse responsabilità e del valore di tante persone, è proprio il “sistema” che va cambiato.
Ora guardiamo al futuro. Acam può farcela, ha molti punti di forza e i Comuni sono sulla strada giusta per superare i punti di debolezza: ridurre gli investimenti e ricapitalizzare con un’aggregazione. Aggiungo: cambiare il metodo di scelta della classe dirigente, mettendo alla prova disponibilità civili e competenze professionali che a Spezia ci sono. E poi creare capitale sociale e fiducia. Come ha detto il sindaco Federici, “lo stillicidio degli allarmismi fa solo male ad Acam”. Servono il coinvolgimento, la trasparenza, la ricerca dell’unità  dei lavoratori e della città.

lontanoevicino@gmail.com

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