Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Luci della città

a cura di in data 28 Agosto 2011 – 14:49
La Spezia,la Marina del Canaletto (2011) Mostra del Gruppo Fotografico Obiettivo Spezia "Luci e colori della Spezia", trattoria "Nella Nassa", 13 agosto-4 settembre 2011 (foto Giorgio Pagano)

La Spezia,la Marina del Canaletto (2011) Mostra del Gruppo Fotografico Obiettivo Spezia "Luci e colori della Spezia", trattoria "Nella Nassa", 13 agosto-4 settembre 2011 (foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia – 28 agosto 2011 – “Luci della città” è il titolo di un bellissimo film di Charlie  Chaplin. La città del vagabondo Charlot si chiama “della Pace e della Prosperità”:  in realtà è un luogo tutto regolato dal denaro, dove regna l’emarginazione. Ma Charlot non è solo una vittima, è un uomo che, con i sentimenti, combatte e resiste. Il film ci parla anche dell’oggi. Le città, nate come spazio dell’incontro e dell’essere in comune, del rapporto io-tu, si sono allontanate da questa prima configurazione, verso quella del rapporto io-altro. Da luogo della reciprocità sono diventate, nell’epoca della solitudine e della paura, luogo dell’alterità. Ma la prima traccia, quella della socievolezza, non può e non deve scomparire. E’ la strada che ci indica Chaplin: la città come comunità, in cui le relazioni tra le persone non siano mercificate. La città amica, la città dei cittadini che si riappropriano degli strumenti della convivialità e dello stare assieme. Questa domanda di città è oggi crescente, dopo un lungo periodo di esasperato privatismo organizzato attorno allo schermo televisivo, e favorisce le esperienze collettive e i rapporti interpersonali. L’idea non è nuova, ci  riporta non solo a Chaplin ma prima ancora a Aristotele, che nell’ “Etica” affermava che “l’uomo felice ha bisogno di amici”. E, per restare al cinema, a Cesare Zavattini, che nel testo per “Miracolo a Milano” di Vittorio De Sica parlava di “una città dove buongiorno voglia veramente dire buongiorno”: un desiderio che esprime l’esigenza di rompere la corazza del cittadino indifferente.

“Luci della città” (in francese “Lumieres de la Ville”) fu anche il titolo di una  rivista di architettura, sorta negli anni Ottanta a sostegno del programma governativo francese “Banlieues ’89”, un grande progetto varato in occasione del bicentenario della rivoluzione per far sì che “l’aria delle città” soffiasse anche sulle periferie. L’architettura di buona qualità doveva servire a renderle meno disperate: ma dopo le rivolte delle banlieues parigine del 2005 tutto è finito nel dimenticatoio, e al posto di architetti e sociologi sono arrivate, come a Londra in questi giorni, le brigate speciali della polizia. Anche questo obbiettivo è più che mai attuale: la città bella e vivibile, la qualità urbana. Stando attenti, però, ai pericoli di appiattimento e di banalizzazione, al rischio che ogni città sia triturata nel processo di omologazione della globalizzazione e resa uguale alle altre dai consumi, dagli stili di vita, da eventi troppo simili, da waterfront e arredi urbani fatti in serie. Fino a perdere la propria identità.

Il film di Chaplin e il programma sulle banlieues ci fanno riflettere sulle “luci” di cui hanno bisogno oggi le città: socialità e bellezza non omologata. Sono condizioni necessarie per il loro successo  anche in campo economico. L’altra “luce” indispensabile è la partecipazione dei cittadini. Come scrive Italo Calvino nelle “Città invisibili”: “Di una città non godi le sette o le settantasette meraviglie ma la risposta che dà alla tua domanda”. La città, cioè, è da considerarsi felice solo se sa rispondere alla domanda di chi la vive. La politica deve saper ascoltare questa domanda, e governare non “dall’alto”, perché altrimenti si impantana, ma con la partecipazione.

“Luci della città” è il titolo della rubrica che ogni domenica, grazie all’opportunità offertami dagli amici di quel preziosissimo strumento di informazione che è “Città della Spezia”, cercherà di portare una piccola “luce” nel dibattito cittadino. Spezia attraversa una fase non facile. La “grande crisi” l’ha colpita nel pieno di un processo di rinascita e l’ha fatta tornare indietro. Non solo sul piano economico e occupazionale ma anche su quello della coesione sociale. Le città sono nel vivo di un dramma sociale e istituzionale: gli Stati vogliono ridurre i debiti colpendo i beni comuni e smantellando il welfare. Quale futuro per l’Italia e per Spezia? Questo è il tema che non appare a sufficienza nell’agenda degli attori politici e nel dibattito pubblico. Eviteremo la tragedia dei beni pubblici e il declino della nostra città solo con un impegno collettivo, sentendoci partecipi di un’impresa comune. La rubrica sarà un tassello del mio “patriottismo cittadino”: penso che sia un dovere esprimere opinioni e fare proposte, soprattutto per chi, come me, ha avuto un ruolo politico di primo piano e ha, oggi, un forte impegno civico e associativo. Ma è un dovere per tutti: nella piazza e nel web. Ecco perché vorrei che la rubrica fosse  il frutto del dialogo e del confronto con i lettori, che potranno suggerire le loro idee scrivendo a lucidellacitta2011@gmail.com. Nella società civile spezzina ci sono attese, progetti, ideali che devono avere una voce e un peso più forti. Se la società si spegne e si ripiega su se stessa, se i governati non pretendono nulla dai governanti, la politica diventa mera amministrazione dell’esistente, separata dai bisogni vivi delle persone. Ecco perché la società deve unire le forze e essere esigente. E la politica deve mettersi, come dice la Costituzione, al suo servizio. La politica non è in sé il Male: anche se oggi è in crisi strutturale e morale e si presenta con il volto della Casta, sopraffatta dall’economia e dalla finanza e dalla inadeguatezza di troppi suoi esponenti, è un’attività nobile e difficile. Per rinascere deve aprirsi alla società e riconnettersi alla vita reale delle persone, e smetterla di essere arena del carrierismo e del cinismo.

 

Giorgio Pagano

 

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