Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Un patto per recuperare spazi culturali. Così ritroveremo il patrimonio dello spirito.

a cura di in data 10 Settembre 2012 – 09:51

La Nazione – 5 Settembre 2012 – Un nuovo patto tra Marina Militare e città e la redazione, proposta dal Sindaco, del “Piano regolatore delle aree militari” dovrebbero proporsi il recupero per la città non solo di spazi ad uso sociale e produttivo ma anche ad uso culturale. Ce lo suggerisce la mostra del Gruppo Fotografico Obiettivo Spezia “Segni del sacro”, allestita al Museo Diocesano, che celebra uno spaccato del patrimonio artistico e spirituale della Spezia, attraverso le immagini delle quattro chiese più antiche, che testimoniano la ricchezza della storia di Spezia dal Medioevo in poi: Santo Stefano a Marinasco, San Michele Arcangelo a Pegazzano, la pieve di San Venerio e San Francesco Grande, la meno conosciuta perché “sfrattata” dalla costruzione dell’Arsenale. Eppure oggi possiamo ancora ammirarne la facciata, così come l’annesso edificio conventuale e i suoi chiostri.

Come spiega Andrea Marmori nella scheda a corredo della mostra, la comunità francescana giunse alla Spezia dalla Toscana alla metà del XV secolo e si stabilì nel colle che occupava l’area dell’odierna piazza Europa. Il luogo venne però ben presto abbandonato per l’aria insalubre, e nel 1457 i frati si trasferirono “a trecento passi dalla città, presso una cappella antica e semi-abbandonata, sacra al martire Sant’Erasmo, situata presso il rio di Fabiano”, dove costruirono la Chiesa dedicata a San Francesco. Nel 1458 Pio II incaricò l’abate del monastero di San Venerio del Tino “d’accogliere le preghiere e i voti degli abitanti della Spezia e autorizzare i Minori Osservanti a costruirsi, alla Spezia o presso le mura cittadine, un convento”, determinando in questo modo anche l’edificazione del convento. La comunità francescana ricevette donazioni private e acquistò un ruolo rilevante nella vita sociale e religiosa della città: nel 1584, in occasione della visita del delegato apostolico monsignor Angelo Peruzzi, la chiesa risultava provvista di dodici altari, oltre al principale. Nel 1592 vennero intrapresi ingenti lavori di ampliamento dell’edificio, da allora chiamato San Francesco Grande: la chiesa si dotò di quattro nuovi altari e al dormitorio maggiore furono aggiunti due chiostri, un ampio refettorio e una biblioteca, da cui provengono i preziosi corali conservati alla Biblioteca Mazzini. La chiesa conteneva importanti opere d’arte, come la terracotta “L’incoronazione della Vergine” di Andrea della Robbia e il dipinto “Il martirio di San Bartolomeo” di Luca Cambiaso, oggi nella chiesa di Santa Maria Assunta. I francescani lasciarono la loro sede nel 1863, a seguito dell’esproprio per l’erigendo Arsenale: la chiesa divenne magazzino, e lo è tuttora, mentre il convento ospitò una prigione, poi un lazzaretto e, infine, una caserma dei Carabinieri.
Chiesa e convento sono ai confini tra Arsenale e città: gli edifici possono dunque essere restituiti abbastanza agevolmente, facendo arretrare il muro arsenalizio per un breve tratto. Così come il magazzino e la caserma possono essere ricollocati in altre strutture interne all’Arsenale, oggi non utilizzate. La cultura e la storia della città sono la nostra identità. E l’identità è ciò che rende forte una città, ed è anche il tema nuovo della domanda turistica. Ecco perché San Francesco Grande, unico edificio quattrocentesco ben giudicabile alla Spezia, deve tornare alla comunità.

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