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Presentazioni di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata” a Ceparana, Carrara e Montaretto di Bonassola – 28, 29 e 30 Luglio

a cura di in data 23 Luglio 2022 – 23:17


 

Il programma delle presentazioni del libro di Giorgio Pagano e di Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” è molto fitto anche nel mese di luglio.
Entrambi i Volumi del libro saranno presentati giovedì 28 luglio alle ore 21 a Ceparana (Pubblica Assistenza, Via Feletta 15), con Luca Basile, e venerdì 29 luglio alle ore 21 a Carrara (giardino di Palazzo Binelli, via Verdi 7), con Carmine Mezzacappa e Marcello Palagi.
Il secondo Volume sarà presentato sabato 30 luglio alle ore 21 a Montaretto di Bonassola (Casa del Popolo).

“Caratteristica dell’opera -scrive lo storico Paolo Pezzino nella Prefazione- è lo spettro veramente impressionante degli argomenti trattati: non ci si limita infatti agli aspetti più evidenti delle lotte sindacali degli operai, del movimento degli studenti, dei rapidi mutamenti del mondo politico, ma si prendono in considerazione anche l’evoluzione del costume, della cultura artistica e musicale, dei quadri ideologici, delle pratiche religiose. I due Volumi sono poi corredati da importanti apparati: una cronologia internazionale e nazionale, oltre che locale, appendici documentarie, le schede biografiche dei testimoni, e le fotografie, che fanno parte a pieno titolo dell’interpretazione e della narrazione storiografica. In conclusione un’opera monumentale che restituisce alla Spezia, importante città industriale, il ruolo di primo piano che le spetta nel quadro dei sovvertimenti politico-sociali ed economici degli anni Sessanta”.

I due Volumi si soffermano anche sui principali episodi che coinvolsero Carrara, Massa e la Versilia: dalla lotta degli studenti di Viareggio del febbraio 1967 alla “grande occupazione” delle scuole del dicembre 1968, che coinvolse gli istituti superiori di tutto il litorale tirrenico -Carrara in primis-, dalle lotte operaie agli avvenimenti della notte della Bussola. Le “Immagini” del libro contengono, tra l’altro, la collezione completa dei manifesti del Collettivo di Controinformazione del Liceo Artistico di Carrara.


 

Giorgio Pagano, autore di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”, e Luca Basile, storico del pensiero politico, docente all’Università di Bari, si sono confrontati a Ceparana, ospiti della rassegna “Libri al chiaro di luna”, sul Sessantotto.
Per Basile il libro di Pagano è “importante e affascinante”, perché “dalla storia delle vicende di un territorio arriva all’analisi di un movimento storico su scala globale”. Basile ha aggiunto di condividere la tesi di fondo del libro: “il Sessantotto fu una forte domanda morale di democrazia, di partecipazione, di autogoverno, che investì le istituzioni, la scuola, la vita privata, e chiedeva, in forme nuove, l’inveramento della Costituzione”, ma che non trovò “una risposta all’altezza da parte delle forze politiche” ed ebbe perciò “breve vita, fino al Maggio francese o poco oltre”, anche se la spinta proseguì per una parte degli anni Settanta, fino alla sconfitta del compromesso storico e all’uccisione di Moro. Tuttavia molte istanze del Sessantotto, ha proseguito, ci parlano ancora, in primo luogo “la domanda di un sapere che non sia dominio separato dalla vita”, un grande tema che da allora è stato eluso.
Pagano si è soffermato sulla sua metodologia di storico: “cerco di trovare le idee nei comportamenti delle persone, parto dalle dinamiche individuali… così come non ho scritto libri sulla moralità della Resistenza ma sulla moralità che le persone espressero nella Resistenza, allo stesso modo non ho scritto un libro sulla lotta morale del Sessantotto ma sulle tante lotte morali degli studenti, degli operai, delle ragazze di allora”. Nei momenti vitali della storia, come la Resistenza e il Sessantotto, secondo Pagano “alla radice c’è sempre una scelta morale, un’aspirazione all’autodeterminazione individuale dentro un contesto comunitario, un’aspirazione che io chiamo fratellanza”. Le ribellioni sono momenti vissuti intensamente, in cui “le donne e gli uomini esprimono energie, passioni, affetti e sentimenti in misura ben maggiore degli standard emotivi della vita quotidiana”. Ma non sono solo “momenti gioiosi ed eccitanti”, perché “possono rimanere invischiate nelle loro contraddizioni e mescolarsi perfino all’odio”. Il Sessantotto “fu la festa dell’incontro e della scoperta dell’altro nello spazio senza barriere dell’assemblea, fu un movimento nonviolento e pacifista”, che non seppe però, nel suo sviluppo, “difendersi da una deriva estremista, anche violenta”. Le prime manifestazioni furono “all’insegna del gioco e della provocazione verbale, happening, resistenza passiva”. In tempi relativamente brevi “la violenza guadagnò una legittimazione anche tra quelli che non la praticavano: mentre all’inizio era l’eccezione, poi l’eccezione fu la nonviolenza”. “Uno scacco”, ha concluso Pagano, “su cui indagare ancora”.
Questi i prossimi appuntamenti con “Un mondo nuovo, una speranza appena nata”: venerdì 29 luglio alle ore 21 a Carrara (giardino di Palazzo Binelli, via Verdi 7); sabato 30 luglio alle ore 21 a Montaretto di Bonassola (Casa del Popolo).


 

Il libro di Giorgio Pagano e di Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” è stato presentato a Carrara a Palazzo Binelli, dove nel Sessantotto c’era la succursale del Liceo Artistico, luogo principale del movimento.
Il Sessantotto carrarese è stato raccontato da Giorgio Pagano, che vi ha dedicato alcuni capitoli del libro, e da Marcello Palagi, allora insegnante del Liceo Artistico. “Il terreno di impegno principale, di riflessione e di azione fu allora la scuola: vecchia, autoritaria, burocratica, vessatoria, astratta, selettiva e di classe”, ha detto Palagi, che ha raccontato i tentativi di “controscuola”, sulla scia di “Lettera a una professoressa” di don Milani. Per Pagano il Sessantotto fu “il primo movimento di liberazione dopo l’esaurimento della lotta antifascista, una rivolta etica che chiedeva più democrazia e partecipazione nella scuola, nella società, nelle forme della vita privata, poneva cioè il tema di attuare la Costituzione antifascista con un linguaggio e con forme politiche nuove”. L’autore, a conferma di questa tesi, ha letto brani di volantini degli studenti del Chimico, del Liceo Scientifico Marconi, dell’Artistico: le parole chiave sono “cambiamento di vita”, “la scuola nuova si fa non si chiede”, “concezione di vita di tipo comunitario”, “conquiste da ottenere per fasi”.
Ma questo Sessantotto etico, che metteva al centro la riforma del sapere e la “lunga marcia attraverso le istituzioni”, “fu presto sconfitto per il prevalere di vecchi schemi dottrinari e violenti nel movimento stesso, per l’incapacità delle forze politiche riformatrici di interpretare le pulsioni vitali del movimento, per la forza delle idee neoliberiste e decisioniste che nacquero proprio allora, contro il Sessantotto”. Ma “da quella marea l’onda di ritorno arriva fino a noi”, ha detto Pagano. Il dibattito si è concluso con la fiducia che quella spinta umanistica oggi “dormiente” torni con linguaggi e forme politiche ancora diversi, adeguati ai tempi nuovi.


 

Il libro di Giorgio Pagano e di Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” ha suscitato partecipazione e confronto anche a Montaretto di Bonassola, nella Casa del popolo. Il luogo, sede storica del PCI, non poteva non suscitare un dibattito sul rapporto tra il Sessantotto e il più grande partito della sinistra di allora. “Il Sessantotto colse il PCI alla sprovvista”, ha sostenuto Pagano. E tuttavia la posizione espressa dall’allora segretario Luigi Longo era una novità importante “perché riconosceva l’emergere di nuovi soggetti nella lotta democratica per il socialismo -gli studenti- e cercava di stabilire con essi un rapporto dialettico e critico”.
Il PCI era allora certamente “un organismo ‘vitale’ -ha proseguito l’autore- come dimostra anche l’esame degli atti del IX Congresso provinciale spezzino, tenutosi nel gennaio 1969”. Il tentativo di convogliare il potenziale innovativo del Sessantotto in una proposta di trasformazione del Paese “fu un processo contraddittorio: nonostante le grandi difficoltà iniziali il PCI in qualche modo recuperò”. Ma, nonostante segnali ricchi di potenzialità, “al fondo la sua cultura politica non seppe incontrarsi con la spinta del Sessantotto: alla fine prevalse la diffidenza per i tratti ‘piccolo-borghesi’ del movimento”. Le tematiche sollevate dalle forme autonome e inedite di politicizzazione emerse nel Sessantotto “non furono mai centrali nel PCI: erano domande di nuove finalità della politica: domande di libertà e di liberazione, di rinnovamento del sapere, della cultura, del costume, delle forme di vita, dei rapporti tra le persone e tra i cittadini e lo Stato”. Il PCI, ha sostenuto Pagano, “aveva un pensiero troppo poco gramsciano per mettere al centro la ‘riforma intellettuale e morale’”.
Questa la conclusione: “Dopo il Sessantotto, il 1976 fu il momento in cui il PCI raggiunse il massimo della forza e al tempo stesso rivelò i suoi limiti, di linea politica e di bagaglio culturale. Alla fine degli anni Settanta fu chiaro che la strategia dell’eurocomunismo e del compromesso storico, preparata da Enrico Berlinguer fin dal 1969, era fallita. Per il mancato distacco dall’URSS, ma non solo per questo. Mancò quella ridefinizione dei contenuti del ‘socialismo di sinistra’ o ‘nuovo socialismo europeo’ che introiettasse nel corpo teorico del partito a
cultura emersa nel Sessantotto. A ciò si aggiunse la resistenza all’avanzata del PCI da parte delle forze dominanti: la risposta reazionaria, spesso ‘sommersa’, utilizzò prima lo stragismo nero, poi il terrorismo rosso”.

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