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Presentazione del primo Volume di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Sabato 5 Settembre ore 21 a Framura – Località Costa – Piazza della Chiesa

a cura di in data 31 Agosto 2020 – 08:05

Invito

Sabato 5 settembre alle ore 21 a Framura (località Costa-piazza della Chiesa) si terrà la presentazione del primo Volume del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”.
L’iniziativa è organizzata dal Comune di Framura e dall’Associazione Culturale Mediterraneo. Interverrà Giorgio Getto Viarengo, storico locale; saranno presenti gli autori. Il Sindaco Andrea Da Passano porterà il saluto dell’Amministrazione Comunale.
Il primo Volume è intitolato “Dai moti del 1960 al Maggio 1968”. Il secondo Volume uscirà in autunno con il titolo “Dalla primavera di Praga all’Autunno caldo”.
Il primo Volume contiene i Racconti. 1960-giugno 1968, le Immagini. 1952-giugno 1968 e i Documenti.
La presentazione inizierà con la proiezione del video “Un mondo nuovo, una speranza appena nata”, realizzato da Roberto Celi, del Gruppo Fotografico Obiettivo Spezia, e da Gian Paolo Ragnoli.
Nel libro sono protagonisti anche studenti, operai, intellettuali della Riviera di Levante, dalle Cinque Terre a Levanto, da Framura a Sestri Levante.

Nella Prefazione lo storico Paolo Pezzino ha scritto:
L’opera si segnala per l’utilizzazione di 330 testimonianze di donne e uomini che hanno vissuto le vicende degli anni Sessanta in provincia della Spezia (più quelle dei due autori). Le testimonianze non sono riportate nella loro integralità, ma inserite con frammenti all’interno della narrazione storica. Questa scelta consente di adottare uno stile di racconto coinvolgente e vivace, che fa sì parlare i testimoni, ma dà rilevanza e significato ai loro racconti all’interno di un contesto narrativo.
Altra caratteristica dell’opera è lo spettro veramente impressionante degli argomenti trattati: non ci si limita infatti agli aspetti più evidenti delle lotte sindacali degli operai, del movimento degli studenti, dei rapidi mutamenti del mondo politico, ma si prendono in considerazione anche l’evoluzione del costume, della cultura artistica e musicale, dei quadri ideologici, delle pratiche religiose.
I due volumi sono poi corredati da importanti apparati: una cronologia internazionale e nazionale, oltre che locale, appendici documentarie, le schede biografiche dei testimoni, e le fotografie, che fanno parte a pieno titolo dell’interpretazione e della narrazione storiografica.
In conclusione un’opera monumentale che restituisce alla Spezia, importante città industriale, il ruolo di primo piano che le spetta nel quadro dei sovvertimenti politico-sociali ed economici degli anni Sessanta”.”
.


Il primo Volume del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia” è stato presentato anche nella splendida cornice della piazza della Chiesa di Costa di Framura. L’iniziativa è stata organizzata dal Comune di Framura e dall’Associazione Culturale Mediterraneo. Dopo il saluto del Sindaco Andrea Da Passano si è sviluppato il dialogo tra lo storico Giorgio Getto Viarengo e Giorgio Pagano, presente un folto pubblico.
E’ stata raccontata, tra l’altro, la storia di Bruno Grancelli, presente in piazza: nativo di Framura, fece l’operaio all’INMA, si diplomò alle scuole serali dell’Istituto Tecnico Industriale Capellini, per poi iscriversi nel 1965-1966 a Sociologia a Trento, dove partecipò alla “contestazione”. La testimonianza di Grancelli, ha detto Pagano, “spiega perché fu più fecondo il Sessantotto degli inizi, quello critico, morale e libertario, che non quello successivo, più dogmatico”. Grancelli ci spiega anche, ha continuato l’autore, che “nel primo Sessantotto c’erano spiragli di dialogo tra sinistra ‘nuova’ e sinistra ‘storica’, mentre poi prevalse la rottura”.

Viarengo ha invitato l’autore a riflettere sui valori dell’antifascismo, ieri e oggi. Ha detto Pagano:
Il Sessantotto cominciò con i moti di Genova del giugno-luglio 1960 contro il Congresso del MSI, moti che coinvolsero molto anche Spezia. Nacque una generazione antifascista, che si impegnò negli anni Sessanta in tutte le forze politiche democratiche -PCI, PSI, DC ed altre minori- e le rinnovò dall’interno. Ma poi il fallimento del centrosinistra tra DC e PSI, e la mancanza di una politica alternativa da parte del PCI, furono una delle cause della rivolta dei giovani. Nel Sessantotto l’antifascismo fu molto forte. In Italia, del resto, era ben motivato. In nessun altro Paese il neofascismo era così attivo, la destra eversiva così votata a fare politica con le stragi, in un legame aggrovigliato con i servizi segreti deviati e con ambienti politici e militari. Ma il grave limite dell’’antifascismo militante’ dei movimenti di estrema sinistra fu la trasformazione del fascismo in un contenitore assai dilatabile dove far rientrare tutti coloro non erano di sinistra. In questo modo, tra l’altro, il fascismo perdeva la sua fisionomia specifica. E si sviliva la differenza fondamentale tra fascismo e democrazia. Ci fu, quindi, un altro impoverimento della carica libertaria: in questo caso di quella dell’antifascismo. Certo, i giovani di allora reagivano giustamente alla retorica celebrativa di una Resistenza ‘imbalsamata’: ma con un’altra retorica, quella della Resistenza solo armata, solo di classe… Nelle retoriche speculari della ‘Resistenza rossa’ e della ‘Resistenza tricolore’ uscì stritolata la Resistenza popolare e civile, delle donne e degli uomini comuni, che avrebbe dovuto essere posta a fondamento del tentativo di formare le ‘virtù civiche’ degli italiani. Le stesse ‘virtù civiche’ di cui furono portatori le ragazze e i ragazzi del Sessantotto degli inizi. E’ a queste ‘virtù’ -morali, libertarie, umanistiche- che dobbiamo tornare se vogliamo che l’antifascismo torni ad essere il valore fondante della Repubblica. L’alternativa, devastante, è quella di una Repubblica senza valori”.

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