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Capovani simbolo di libertà e di solidarietà

a cura di in data 21 Gennaio 2021 – 19:18

Il Tirreno, 14 gennaio 2021 – Ci ha lasciato, colpito dal virus, Franco Capovani, il “capo” degli studenti dell’Istituto Chimico di Carrara nel Sessantotto. La sua morte è avvenuta pochi giorni dopo quella di Umberto Roffo, un altro dei “baschi blu” del Chimico. Nato a Querceta, fratello del matematico Milvio, Capovani si era poi stabilito a Milano. Voglio ricordarlo riportando qualche passo della sua testimonianza per la mia ricerca sugli anni Sessanta:
Lo zoccolo duro del movimento fu sempre rappresentato dal triangolo “La Spezia/Sarzana/Massa-Carrara”. Il fulcro di tutta la contestazione studentesca rispetto ad un territorio che andava da Viareggio a Spezia trovò nel Chimico di Carrara il suo riferimento, la sua anima e la sua propulsione.
Al Chimico c’era una presenza di studenti fortemente eterogenea da tutti i punti di vista e ciò rappresentò un terreno fertile per sviluppare il movimento studentesco. Il Chimico fu determinante nel diffondere le idee di libertà: libertà di contestare i professori, libertà di disubbidire alla famiglia, libertà di non rispettare le istituzioni, libertà di amare.
Tutto questo aveva un elemento che fu sempre caratterizzante in quel periodo: la solidarietà. Tra di noi non c’era differenza tra ricchi e poveri, tra uomini e donne, anzi.
Il Chimico garantì il servizio d’ordine necessario a sostenere le occupazioni. Il servizio d’ordine servì anche ad affrontare le reazioni dei genitori, che in alcuni casi furono forti e violente. Non a Carrara, però, dove la storia stessa della città ci favorì nello stabilire con la popolazione forme di cooperazione invidiabili al giorno d’oggi.
Dentro il Chimico avevamo il potere assoluto anche nei confronti delle istituzioni (professori, ecc.), ma mai questa caratteristica si trasformò in arroganza. Organizzammo delle ronde notturne che controllavano tutto, al fine di dimostrare che contestavamo ma avevamo nel contempo un forte senso civico: abbiamo governato decine di occupazioni senza mai provocare un solo danno.
Il Sindaco ed il Questore cercarono sempre un rapporto diretto con me. Avevamo piena libertà di manovra…
Certamente in quel periodo tutto non fu così, ma nel territorio da noi controllato tutto si sviluppò nel modo descritto, per il semplice motivo che ero riuscito a far passare l’idea che l’appartenenza al nostro Chimico era un valore, anche identitario. Da qui l’idea dei baschi blu, che portavamo per farci riconoscere.
L’altro elemento da considerare è che nessun partito riuscì ad egemonizzare il movimento; non solo, chi tentò finì miseramente. Ho sempre difeso l’autonomia e l’identità del movimento
”.

Franco fu poi militante di Lotta Continua. Si trasferì per qualche tempo a Bari, per “portare la rivoluzione” nel Sud. Si stabilì infine a Milano, dove lavorò come tecnico in uno stabilimento farmaceutico e si impegnò nella CGIL e nel PCI. Il partito gli offrì una candidatura alla Camera, ma lui rifiutò: “Sono sempre stato un battitore libero”. Mantenne sempre rapporti con la sua Versilia e anche con lo Spezzino: quella di Punta Corvo era la sua spiaggia preferita.
Un film del 1977 di Chris Marker dedicato alle lotte degli anni Sessanta, “Le fond de l’air est rouge”, è diviso in due parti: “Le mani fragili” e “Le mani tagliate”. Furono rivolte etiche e libertarie dalle mani fragili, mani spietatamente tagliate in una società dove vinse il dominio del denaro. Ma le speranze e i sogni dei ragazzi di allora restano come “segnali del passato” da riportare in scena nel futuro. Perché avevano alla base un’idea di uomo e di attese sul destino dell’uomo -la “libertà” e la “solidarietà” di cui parla Capovani- che non potranno mai scomparire.

Giorgio Pagano
già Sindaco della Spezia, autore con Maria Cristina Mirabello di “Un mondo nuovo, una speranza appena nata. Gli anni Sessanta alla Spezia ed in provincia”

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