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Le origini del fascismo e dell’antifascismo a Lerici – Sesta parte

a cura di in data 16 Ottobre 2023 – 21:06

Silfide Carro Cresci, Fondo Questura, Archivio Gabinetto, casellario politico, ASSP

Lerici In 1° maggio 2023

VITE DI DONNE E DI UOMINI DEL PRIMO ANTIFASCISMO

Nelle puntate precedenti ho delineato le caratteristiche del fascismo e dell’antifascismo delle origini a Lerici: legato alla borghesia il primo, alla classe operaia il secondo.
Oggi ritorno su questi temi cercando di farli emergere dal racconto delle vite delle persone. La storia è agita dalle persone. Bisogna “trovare le idee nei comportamenti”, mettendo al centro della ricerca storica la dimensione soggettiva. Nel caso dei fascisti lericini è difficile: non hanno lasciato memorie, non ci sono molti documenti, i parenti non hanno fornito notizie rilevanti. Spero che questo vuoto si possa colmare.
Nel caso degli antifascisti lericini c’è molta più documentazione, anche perché il fascismo al potere controllò sempre le loro vite, conservando ogni informazione nel casellario dei “sovversivi”.
Amedeo Carignani ha lasciato una memoria. Nel 1916, a dodici anni non ancora compiuti, lavorava allo Jutificio di Fossamastra. Un lavoro inumano, dodici ore al giorno. Abitava a Canarbino, frequentava amici di San Terenzo, Pugliola, Lerici, Pitelli, Solaro. Con Marcello Gregori diede vita a un circolo ricreativo – una stalla a Bonazzola di Solaro – costituito da giovanissimi. Leggevano Il Libertario e i testi dell’anarchismo: Errico Malatesta, Pietro Gori…
“Queste letture ci infiammavano – scrive Amedeo – vi era anche un inno di Gori sull’aria del Nabucco di Verdi dal titolo Ode a Maggio dedicato alla festa dei Lavoratori in onore ai martiri di Chicago, che diceva presso a poco così: Vieni o maggio t’aspettan le genti/ti salutano i liberi cuori/Dolce Pasqua dei Lavoratori/vieni e splendi alla luce del sol[1].
Ma si formarono “le prime squadracce fasciste”, “cominciarono le bastonature di operai davanti agli stabilimenti e anche nei paesi si cominciò a vedere figli di gente ‘bene’ ? indossare la camicia nera protetti dai carabinieri e pestare a sangue gente inerme […]. A La Spezia fu bruciata la Camera del Lavoro, la lotta era ormai aperta, innumerevoli le vittime. I fascisti partivano a bordo di camion forniti dall’esercito, armati con armi prese negli arsenali dell’esercito e protetti da nugoli di carabinieri e guardie regie. […] La Giustizia non esisteva e i fascisti si sentivano sempre più imbaldanziti. Fu ingaggiata gente di galera che, stipendiata dalla borghesia, commetteva ogni sorte di delitti[2]”.
Amedeo racconta di quando il padre di Gregori venne bastonato a sangue sul lungomare di San Terenzo[3] e di quando lui fu aggredito dal fascista Carro di Pugliola.
Nel 1921 “noi anarcoidi senza nessuna cultura politica aderimmo al Partito Comunista d’Italia”. Nel luglio quei giovani andarono con gli arditi del popolo a difendere Sarzana dai fascisti. Dopo mille angherie, Amedeo e Marcello Gregori fuggirono in Francia:
“E così una mattina della fine di agosto 1922 partii da casa con 300 lire, senza bagagli, col solo vestito che avevo indosso” [4].
Le vie dell’esilio si aprirono anche per molti imputati per i fatti della Serra, assolti o condannati e amnistiati, e per altri “sovversivi”. Per chi restò fu ancora più difficile. Strettamente sorvegliati, ci fu chi si appartò, chi fece una vita di stenti e di vagabondaggio, chi dissimulò per poter sopravvivere, anche se il regime non sempre si fidava.
E ci fu chi, come Vittorio Bianchi, ardito del popolo a Bagnola a quindici anni, picchiato a sangue nel gennaio 1923[5], si impegnò all’interno della Pertusola, fino a quando fu scoperto e assegnato al confino di polizia.

Annunziata Raspolini, madre di Stefano Gabriele Paita, archivio Alberto Incoronato

Alcuni dei protagonisti dei fatti della Serra furono coinvolti in un altro episodio mai chiarito, avvenuto alla Serra il 1° maggio 1931, quando “un gruppo di forsennati proditoriamente aggredirono a colpi di rivoltella cinque giovani inermi colpevoli soltanto di essere fascisti”[6], come scrisse il 13 maggio 1931 il prefetto in una relazione. Furono arrestati e poi rilasciati Cesare Zanello – “ritenuto il fomentatore dei fatti”[7]– Gabriele Zanelli e Argiglio Bertella “Argì”, che poi contribuì alla realizzazione della tipografia clandestina del CLN e del PCI alla Rocchetta.
Protagoniste furono anche le donne. Quelle di San Terenzo: dopo l’aggressione al consigliere comunale comunista dell’8 giugno 1922[8] “il paese intero, principalmente le donne, si ribellarono al nuovo sopruso” e i due caporioni fascisti “se la diedero a gambe andando a Lerici”[9].
Silfide Carro, lericina, anarchica come il marito Giacomo Cresci, incarcerato per la dinamite “che gli serviva per la pesca”[10]. Fu probabilmente lei, dopo la condanna, a organizzare la solidarietà delle “generose donne del paese[11]”. Faceva la cucitrice, per poter allevare i tre figli. Emigrò in Francia, restò sempre anarchica.
Le “Barbantane”: come la Annunziata, madre di Stefano Gabriele Paita.
La vicenda di “Argì” fa riflettere sul “filo rosso” tra arditismo popolare e Resistenza.
Quella di Luigi Giorgi conduce invece al legame con l’antifascismo del dopoguerra. Giorgi, segretario della sezione socialista di Lerici, ardito del popolo il 21 luglio a Sarzana, condannato per i fatti della Serra, emigrò a Marsiglia. Dopo la Liberazione chiese alla Questura di Spezia e al Consolato d’Italia a Marsiglia l’esito del procedimento penale e gli fu risposto che nulla esisteva a suo carico. Tornato a Lerici nel 1947, fu tratto in arresto. Ci fu un’immediata manifestazione antifascista. Un funzionario di Ps scrisse al questore:
“Ieri sera, verso le ore 21 ero telefonicamente avvertito dal maresciallo comandante la Stazione dei Carabinieri di Lerici che, a seguito dell’arresto di certo Giorgi Luigi di Emanuele […] era stata inscenata una dimostrazione davanti alla caserma da parte di tutti gli antifascisti di Lerici per ottenerne la liberazione.”[12].
Giorgi fu rimesso in libertà, il suo mandato di cattura fu revocato solo nel 1954, dopo anni di lotte. La solidarietà espressa da “tutti gli antifascisti di Lerici”[13] fu la dimostrazione che l’esperienza dei primi antifascisti non era stata dimenticata.

Fine. Le precedenti puntate sono state pubblicate nei numeri di dicembre 2022 e di gennaio, febbraio, marzo e aprile 2023.

Giorgio Pagano

[1] Memoria di Amedeo Carignani, depositata presso il nipote Mauro Martone, p. 3.
[2] Ivi, pp. 3-4.
[3] Si veda la seconda puntata.
[4] Memoria di Amedeo Carignani, p. 7.
[5] Si veda la quinta puntata.
[6] Fondo Questura, Archivio di Gabinetto, casellario politico, busta 70, fascicolo 80, ASSP.
[7] Fondo Questura, Archivio di Gabinetto, casellario politico, busta 77, fascicolo 20, ASSP.
[8] Si veda la seconda puntata.
[9] Corrispondenze, San Terenzo Mare, 11 giugno 1922, Il Libertario.
[10] Si veda la quinta puntata,
[11] Corrispondenze, Sarzana, Una grave condanna, 20 giugno 1922, Il Libertario.
[12] Fondo Questura, Archivio di Gabinetto, casellario politico, busta 90, fascicolo 6, ASSP.
[13]Ibidem.

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