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Le origini del fascismo e dell’antifascismo a Lerici – Quarta parte

a cura di in data 15 Luglio 2023 – 07:45

Giulio Poggi
(Fondo Questura, Sovversivi, busta 88, ASSP)

Lerici In 1° marzo 2023

GENNAIO 1923: GLI ASSASSINI E LE VITTIME

Nel numero scorso ho raccontato l’uccisione dello squadrista Giovanni Lubrano, avvenuta alla Pertusola la notte del 21 gennaio 1923. Chi erano veramente gli assassini, i fratelli santerenzini Giulio e Aldobrando Poggi?
Aldobrando Poggi fu arrestato a Parma, dove era fuggito insieme a un complice di Carrara. “Il Tirreno” del 27 gennaio riferì che aveva con sé, regolarmente, un fucile, “perché aveva da difendere un fratello ch’era stato schiaffeggiato”. Era “un bel giovane”: “Nelle tasche dei due assassini, ma specialmente in quella del Poggi, vennero trovati molti calendari profumati e molte fotografie” di giovani donne[1].
La difesa del fratello picchiato da Lubrano, l’amore per le donne e forse qualche rivalità in questo campo: è quel che emerge. “La Stampa” del 27 gennaio scrisse quel che il filofascista “Il Tirreno” non poteva dire:
“Circa i risultati dell’inchiesta compiuta dal gen. Fara, già ripartito, nulla si sa: non si può certo nascondere che profonda è l’impressione per quanto avrebbero stabilito, prima ancora dell’arrivo del gen. Fara, il Comando dei carabinieri e l’autorità di P.S. nei riguardi dell’autore del triste misfatto: che cioè gli elementi sovversivi sarebbero completamente estranei all’episodio brigantesco”[2].
Nel 1924 l’”Avanti!” scrisse che “Lubrano fu ucciso per opera di altri fascisti, e per vilissimi motivi di femmina” ma che allora “si volle nella sua morte vedere la rappresaglia politica”[3].
I fascicoli dei “sovversivi” del Casellario Politico Centrale confermano e rafforzano la tesi che Lubrano non fu ucciso dai “sovversivi” proprio perché i due Poggi non erano “sovversivi”, anche se inseriti nell’albo.
Aldebrando fu condannato nel 1927 a sedici anni di carcere, e scarcerato nel 1932 in seguito ad amnistia.
La prima relazione dei carabinieri è del 28 novembre 1932. Aldobrando si iscrisse al PNF nel 1921 e confermò l’iscrizione fino al gennaio 1923, cioè all’omicidio. Nel Fascio di San Terenzo era criticato perché era “molto incline alle donne” e “trascurava comunque la politica”. Però fu sempre “volenteroso”. Il passaggio chiave è questo: “Non risulta che egli si fosse inscritto al PNF per poter più agevolmente compiere il delitto, in quanto la sua inscrizione risale ad epoca in cui il delitto non poteva essere neppure lontanamente previsto”[4].
Il 28 agosto 1935 i carabinieri scrissero che Aldobrando partecipò all’uccisione di Lubrano perché Giulio era stato da lui “maltrattato e percosso”[5].
Il fratello Giulio non fu mai arrestato. Fu condannato a trent’anni nel 1927. In quell’anno, il 15 dicembre, i carabinieri scrissero: “non consta abbia svolto attività politica, benché professasse idee comuniste”. Per il resto, “è convinzione generale che sia in Francia”[6]. Solo il 6 marzo 1931 compare la località in cui “tanto i parenti quanto altre persone del luogo ritengono” che Giulio viva: Marsiglia[7]. Il 9 aprile 1934 viene definito “elemento pericoloso perché di carattere violento e proclive al delitto”[8]. Poi nient’altro. Nel 1946 si informa che gli atti processuali che lo riguardano erano andati distrutti a causa di un bombardamento. Solo il 15 giugno 1962 ci sono sue notizie: era morto l’11 maggio di quell’anno, dopo essere stato rimpatriato con foglio di via il 16 gennaio 1961. Chissà se rivide Aldobrando a San Terenzo…
Nel caso di altri antifascisti ricercati residenti all’estero, il fascicolo del Casellario Politico Centrale è spesso ricco di documenti, relazioni, informazioni dettagliate. Si muovevano ambasciate, consolati, informatori, l’OVRA… A Marsiglia, terra di emigrazione antifascista, c’erano una sede del Fascio, un Consolato molto attivo… Giulio non solo non fu mai trovato, ma neppure mai cercato. Si può supporre che i fascisti non ne avessero l’interesse.
Veniamo al racconto della morte delle due delle 19 vittime della rappresaglia fascista dopo l’uccisione di Lubrano più legate al territorio lericino.
Il carrettiere settantenne Giovanni Bacigalupi fu ucciso dal ras squadrista Guido Bosero e dai suoi fedeli, in una collinetta di Muggiano, sopra la fabbrica di Pertusola: probabilmente perché amico dei Poggi. L’”Avanti!”, presupponiamo su suggerimento di fascisti avversari di Bosero, scrisse nel 1924 che gli squadristi uccisero il cavallo di Bacigalupi, gli incendiarono la casa e poi lo crivellarono con una scarica di colpi.  Forse Bacigalupi sapeva troppo?
Fioravanti Paolo Raspolini, trentottenne di Romito, residente al Guercio di Lerici, fu “malmenato e legato per i piedi con un cavo d’acciaio ad un’auto di proprietà dell’industriale De Biasi che abitava al Guercio […] e che lì aveva una fornace per la calce dove lavorava come fuochista proprio Silvio Carro [un fascista di Pugliola], e a comandare la squadra c’era proprio il figlio Francesco detto ‘Fernando’, ras di Pugliola. La squadra era composta da gente della zona fra i quali oltre al Carro, Cesare Lupi, Valentino Novelli, Bellucci di Arcola, Rovagna di Pugliola e Pugnatin [Umberto Cresci]. […] Dante fu trascinato fino alla Ripa, fra Fornola e Bottagna, sotto Vezzano, sul greto del fiume, dove, già duramente provato, venne finito con due colpi di pistola, uno alla tempia ed uno al cuore, così, per essere sicuri di ucciderlo, e poi svariati colpi di coltello sia dati di punta che di taglio. […] Qualcuno dice che come estrema umiliazione in bocca gli avevano messi i propri genitali”[9].
Perché questa brutalità? Dante non era un militante impegnato. Ma era lo zio di Stefano Gabriele Paita, ucciso dai fascisti nella spedizione della Serra del 15 febbraio 1922. Forse il suo assassinio era legato ai fatti della Serra[10]?

Giorgio Pagano

[1] “I particolari dell’arresto degli assassini di Lubrano”, “Il Tirreno”, 30 gennaio 1923.
[2] “Un ordine del Fascio della Spezia contro le azioni ‘individuali’”, “La Stampa”, 27 gennaio 1923.
[3] Paolo Marsicano, “I sanguinosi fatti di Spezia”, “Avanti!”, 11 luglio 1924.
[4] Fondo Questura, “Sovversivi”, busta 129, ASSP.
[5] Ibidem.
[6] Fondo Questura, “Sovversivi”, busta 88, ASSP.
[7] Ibidem.
[8] Ibidem.
[9] Alberto Incoronato, “Sotto la lapide dei Barbantan”, Youcanprint, Lecce, 2020, pp. 179-181.
[10] Per un esame più approfondito delle vicende narrate in questo articolo rimando alla mia ricerca “1923, la strage squadrista del fascismo di governo”, “Patria Indipendente”, 22 gennaio 2023.

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