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Giovanni Giudici un poeta nel golfo

a cura di in data 22 Giugno 2011 – 16:57

Il   Secolo  XIX – 22   giugno  2011 – Un mese fa ci ha lasciati il poeta Giovanni Giudici. Nato alle Grazie nel 1924, si era formato a Roma: diceva con un sorriso di considerarsi “un ligure diseducato a Roma”. Fu poi alla Olivetti a Ivrea, quindi a Milano e infine tornò in Liguria, prima alla Serra e poi al suo paese natio. Ma alle Grazie era sempre tornato per le vacanze: “il paese in riva al mare – dov’ero nato e non potei restare”. Era malato e non scriveva da anni, ma l’importanza della sua opera rimane nel tempo. Giudici è una delle grandi voci del Novecento, straordinariamente capace di coniugare attenzione alla realtà concreta e sociale e sentimento. Fu anche un acuto giornalista culturale: collaborò con molte riviste e quotidiani, tra cui il Secolo XIX.
Giudici fu “poeta del Golfo”, luogo sempre presente nella sua sensibilità. Fin dal “Giornale intimo” del 1944, dove è descritta la vista delle Grazie dalla sua scrivania: i “filari di verde”, “le case e i tetti rossi” e “finalmente, sull’estremo della piccola baia, la Chiesa in cima alla salita di ciottoli”, “che aveva un colore indefinito di secoli”. C’è anche, raggiunta in vaporetto, Spezia, “questa mia città martoriata dai bombardamenti”, con “le vie piene di fango” e le osterie dove, con poche lire, si mangiava “trippa, coniglio con patate e castagnaccio”. Le Grazie e Spezia tornano nello “Zibaldone” del 1960: la festa del Pezzino, dove “la strada è stretta, c’è un’orchestra, cantano” e “la gente si accontenta”; e il Palio del Golfo: “l’entusiasmo è assai scarso, perché vince il Fezzano e la gran festa autoctono-napoletana sarebbe stata la vittoria -per qui consueta- del Cadimare”. Spezia è presente anche nelle poesie, con piazza Saint Bon, via Prione, il teatro Monteverdi. Sono belle, poi, le pagine dedicate alla Serra: fu “un felice decennio”, grazie alla terrazza da cui ammirare le isole e all’amicizia con il poeta Paolo Bertolani e con Mario Soldati. Non manca l’omaggio all’“urbana eleganza” di Lerici e alla “gloriosa storia” di Sarzana, dove era andato a vivere lo spezzino Carlo Di Alesio, a cui Giudici sottopose per oltre vent’anni i suoi versi, anche in corso d’opera.
Fu proprio Carlo a insistere perché Giovanni, nel 1990, accettasse la proposta del Pci di Portovenere di candidarsi in Comune, ottenendo un sì. Flavio Bertone capì per primo che cosa bisognava fare: “ma allora lo candidiamo a Spezia!“. Fini così, con Giudici nella “testa di lista”. Io ero il segretario cittadino e feci la proposta all’organismo dirigente. Il Pci aveva sempre avuto la capacità di coinvolgere gli intellettuali (un solo nome: il professor Mario Farina, anch’egli scomparso quest’anno), ma i primi segni della sua crisi già si coglievano: la proposta fu sì recepita, ma con freddezza e qualche ostilità. Altri tempi, comunque: oggi una cosa del genere sarebbe impossibile. Per sancire il suo nuovo legame Giudici volle presentare in anteprima a Spezia il suo nuovo libro, “Fortezza”. Mi onoro di averne copia, con una dedica molto bella. Diventammo amici: era una persona affabile e generosa.
L’attività di Giovanni come consigliere comunale nel ’90-’92 fu parte integrante della vicenda della fine delle vecchie giunte di sinistra e della svolta del ‘93 con la prima elezione diretta del sindaco. Varrà la pena tornarci.

lontanoevicino@gmail.com

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