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Presentazione di “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Venerdì 1° Giugno ore 21 a Follo

a cura di in data 28 Maggio 2018 – 21:19
Invito

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Presentazione di “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello
Venerdì 01 Giugno ore 21 a Follo
Struttura pubblica “Giuliano Ratti”

Il libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana” (edizioni Cinque Terre) verrà presentato venerdì 1° giugno alle ore 21 a Follo (struttura pubblica “Giuliano Ratti”, piazza Garibaldi). L’iniziativa è organizzata dalla Sezione Anpi di Follo e dall’Associazione Culturale Mediterraneo. Interverranno Valeria Fregosi, vicesegretario della Sezione Anpi di Follo, e Patrizia Gallotti, Direttore dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della Spezia. Saranno presenti gli autori.

L’intendimento del libro è quello di fornire un materiale organizzato, anche documentario, tramite il quale capire con la ragione e percepire sentimentalmente il fenomeno della Resistenza al femminile: moltissime donne, nate e cresciute sotto il fascismo, mai prima protagoniste, compirono dopo il 25 luglio e l’8 settembre 1943 scelte morali pesanti e drammatiche. Parteciparono agli scioperi operai, organizzarono proteste, diventarono staffette o partigiane in armi. Nelle campagne e nelle montagne si sviluppò la Resistenza civile delle donne, che furono curatrici e sostenitrici: senza il loro aiuto, variamente declinato fra silenzio, protezione, assistenza, il movimento partigiano non avrebbe potuto superare le traversie del durissimo inverno 1944-45.

Senza la pretesa di esaurire l’argomento “Donne e IV Zona Operativa”, il libro sicuramente costituisce una novità e un punto fermo: il nuovo sta nell’articolazione dei contenuti, nell’apparato di note, nell’ agevole accesso al materiale anche grazie all’indice analitico, nelle indicazioni bibliografiche, nell’ampia documentazione fotografica; il punto fermo è dato dal fatto che sono state raccolte- e oltre l’attuale fase storica sarebbe stato davvero impossibile- le ultime testimonianze delle protagoniste e/o di chi a stretto contatto con esse ha vissuto: 32 sono i ritratti delle donne partigiane, e un intero capitolo è dedicato alle donne delle campagne e delle montagne.

“In un certo senso -scrivono Pagano e Mirabello- si è trattato di fare una corsa contro il tempo, per ‘fissare’ criticamente ma non freddamente un ‘altro’ tempo, senza il quale e senza l’affiorare in esso del protagonismo femminile non ci sarebbero state la Repubblica e la Costituzione. E’ un ‘altro’ tempo che ci parla ancora. Nella vita delle donne protagoniste del libro si intravede l’apertura di una breccia, il principio di un percorso di partecipazione: per tante di loro quei giorni furono ‘vissuti veramente da me’… Oggi che il percorso di emancipazione delle donne, così come il più generale percorso di emancipazione sociale, incontra grandi difficoltà, la concezione della Resistenza civile resta un potente strumento di trasformazione culturale: perché insegna che tutti e tutte, e quindi anche i più deboli, e in ogni occasione, possono fare qualcosa”.


Il libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana” (edizioni Cinque Terre) ha fatto tappa anche a Follo, per iniziativa della Sezione Anpi di Follo e dell’Associazione Culturale Mediterraneo.

Valeria Fregosi, vicesegretario della Sezione Anpi di Follo, ha definito il libro “prezioso”, con le due parti “ben intrecciate tra loro, come se fossero state scritte da una sola mano”: i ritratti e le testimonianze, “commoventi ed emozionanti”, e le ricerche di archivio.

Per Patrizia Gallotti, Direttore dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della Spezia, “Sebben che siamo donne” è un libro “importante”, “un tassello che mancava alla nostra storiografia”.

Alla domanda del “perché della scrittura del libro”, Giorgio Pagano ha risposto così: “Volevamo colmare le lacune di una storiografia ‘maschilista’, che ha quasi ignorato il ruolo decisivo delle donne nella Resistenza. Soprattutto il ruolo delle donne delle campagne e delle montagne, fondamentale nell’opera di cura e di protezione dei partigiani, è sempre stato dimenticato”. Pagano ha così proseguito:
“Il libro nasce inoltre dall’interrogarsi su come trasmettere l’eredità della Resistenza e su come combattere il fascismo che rinasce, su come restituire i valori di quegli anni ai giovani di oggi: l’etica della restituzione dei valori è fondamentale per riconnettere i legami tra le generazioni. Oggi i partiti non ci sono più, o almeno non ci sono più quelli veri, radicati nel popolo. E c’è anche una crisi della società civile ‘partigiana’, dei ‘corpi intermedi’. Prima l’eredità della Resistenza cercavano, pur tra limiti ed errori, di trasmetterla loro. Ma oggi? Non possiamo che ripartire dalle persone, dagli uomini semplici e soprattutto dalle donne semplici che hanno fatto la Resistenza, che sono le protagoniste delle tante piccole storie di questo libro. Dagli ultimi, dalle ultime, dalle contadine e dalle pastorelle, dalle mamme che, in un momento drammatico, si sono assunte il rischio di una responsabilità e hanno fatto la ‘scelta morale’. Nei loro racconti c’è il nostro Pantheon”.

Maria Cristina Mirabello, a proposito dell’origine del libro, ha spiegato come fra le motivazioni essenziali ci sia stata per lei quella di “restituire voce e visibilità a tutte le donne della Resistenza, non valorizzate adeguatamente dal punto di vista storiografico”. Ha citato innanzitutto le donne delle campagne e delle montagne, ma anche le staffette e le donne in armi, le quali, non avendo scritto o non avendo avuto l’occasione di trovare una mano disponibile a scrivere i loro ricordi (cosa che lei ha invece fatto per la madre, sebbene molto tardivamente solo nel 2013), erano rimaste senza voce e, quindi, senza storia.

Mirabello ha così proseguito: “Il silenzio storico delle donne, fatte salve alcune eccezioni, era stato interrotto proprio dalla Resistenza, sebbene vada detto come dopo di essa il genere femminile abbia tendenzialmente subito nella società un ritorno indietro: già alla Liberazione moltissime donne non hanno presentato domanda di riconoscimento per avere la qualifica di ‘partigiano’ e ‘patriota’ (a differenza degli uomini), per cui le cifre ufficiali di esse avrebbero potuto essere più rilevanti, ma soprattutto, fatta la Costituzione repubblicana in cui finalmente stavano e stanno scritti i diritti di eguaglianza, le donne sono in genere rifluite nel privato, sono state insomma ‘normalizzate’, per ritornare poi, anche grazie a quanto seminato, a far sentire in modo deciso la loro voce a partire dagli anni Sessanta”.

A proposito della rappresentanza e rappresentatività femminile, Mirabello ha infine ricordato, nell’occasione della Festa della Repubblica, due eccezioni rispetto al riflusso nel privato: si tratta di donne rilevanti per il territorio spezzino e presenti sia nella pattuglia delle Costituenti che nella vita politica italiana del dopoguerra. La prima è Angela Gotelli: importante esponente della Democrazia Cristiana nazionale, rieletta in Parlamento fino al 1963, più volte Sottosegretario alla Sanità e al Lavoro, non si ripresentò poi alle elezioni nel 1963, essendo stata designata Presidente dell’ONMI (Opera Nazionale Maternità e Infanzia) dove rimase per dieci anni. Gotelli, morta nel 1996, molto operò nell’ambito della Resistenza civile fra Varese Ligure e territorio parmense, e ad essa il libro dedica un ritratto. L’altra è Maria Maddalena Rossi, comunista, milanese, morta nel 1995, non annoverata fra i ritratti del libro perché si impegnò nella redazione del giornale clandestino “l’Unità” a Milano. Rossi, dopo essere stata per lunghissimi anni parlamentare, avendo anche rivestito la carica di presidente nazionale dell’UDI (Unione Donne Italiane), concluse la sua vita politica proprio nel territorio spezzino, nel Comune di Portovenere, Sindaco dal 1970 al 1975.

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