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Presentazione di “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana” di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello – Sabato 26 Maggio ore 17 a Fezzano

a cura di in data 22 Maggio 2018 – 08:05
Invito

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Presentazione di “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana
di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello
Sabato 26 Maggio ore 17 a Fezzano
Centro Sociale

Il libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana” (edizioni Cinque Terre) verrà presentato sabato 26 maggio alle ore 17 al Fezzano(Centro Sociale, adiacente al campo sportivo). L’iniziativa è organizzata dalle Sezioni Anpi del Ponente e di Portovenere e dall’Associazione Culturale Mediterraneo. Interverranno Sandro Centi, membro del Comitato Provinciale Anpi, Carla Ferro, staffetta partigiana, e Alberto Vignali, giornalista. Saranno presenti gli autori.

L’intendimento del libro è quello di fornire un materiale organizzato, anche documentario, tramite il quale capire con la ragione e percepire sentimentalmente il fenomeno della Resistenza al femminile: moltissime donne, nate e cresciute sotto il fascismo, mai prima protagoniste, compirono dopo il 25 luglio e l’8 settembre 1943 scelte morali pesanti e drammatiche. Parteciparono agli scioperi operai, organizzarono proteste, diventarono staffette o partigiane in armi. Nelle campagne e nelle montagne si sviluppò la Resistenza civile delle donne, che furono curatrici e sostenitrici: senza il loro aiuto, variamente declinato fra silenzio, protezione, assistenza, il movimento partigiano non avrebbe potuto superare le traversie del durissimo inverno 1944-45.

Senza la pretesa di esaurire l’argomento “Donne e IV Zona Operativa”, il libro sicuramente costituisce una novità e un punto fermo: il nuovo sta nell’articolazione dei contenuti, nell’apparato di note, nell’ agevole accesso al materiale anche grazie all’indice analitico, nelle indicazioni bibliografiche, nell’ampia documentazione fotografica; il punto fermo è dato dal fatto che sono state raccolte- e oltre l’attuale fase storica sarebbe stato davvero impossibile- le ultime testimonianze delle protagoniste e/o di chi a stretto contatto con esse ha vissuto: 32 sono i ritratti delle donne partigiane, e un intero capitolo è dedicato alle donne delle campagne e delle montagne.

“In un certo senso -scrivono Pagano e Mirabello- si è trattato di fare una corsa contro il tempo, per ‘fissare’ criticamente ma non freddamente un ‘altro’ tempo, senza il quale e senza l’affiorare in esso del protagonismo femminile non ci sarebbero state la Repubblica e la Costituzione. E’ un ‘altro’ tempo che ci parla ancora. Nella vita delle donne protagoniste del libro si intravede l’apertura di una breccia, il principio di un percorso di partecipazione: per tante di loro quei giorni furono ‘vissuti veramente da me’… Oggi che il percorso di emancipazione delle donne, così come il più generale percorso di emancipazione sociale, incontra grandi difficoltà, la concezione della Resistenza civile resta un potente strumento di trasformazione culturale: perché insegna che tutti e tutte, e quindi anche i più deboli, e in ogni occasione, possono fare qualcosa”.


Prosegue il giro di presentazioni del libro di Giorgio Pagano e Maria Cristina Mirabello “Sebben che siamo donne. Resistenza al femminile in IV Zona Operativa, tra La Spezia e Lunigiana”, ovunque con grande interesse e partecipazione. Anche al Fezzano, dove i libro è stato presentato per iniziativa delle Sezioni Anpi del Ponente e di Portovenere.
Sandro Centi, del Comitato Provinciale dell’Anpi, ha sottolineato che dai 32 ritratti di donne partigiane contenuti nel libro emerge “una spinta straordinaria delle donne”, e che le testimonianze delle contadine evidenziano che quello delle donne “non fu un semplice contributo ma un apporto decisivo alla vittoria dei partigiani, che senza il loro sostegno non ce l’avrebbero mai fatta”.
Carla Ferro, staffetta partigiana nel genovesato, ha raccontato la sua storia: “lo feci per incoscienza, per amore della libertà”. Il giornalista Alberto Vignali ha raccontato le storie di due donne delle Grazie, Ester Pegazzano, uccisa in un bombardamento, e Mariuccia Cantoni, che -come si seppe solo molti anni dopo- fece la staffetta dalle Grazie a Spezia, approfittando del fatto che doveva recarsi in città per lavoro.
Giorgio Pagano si è richiamato alla testimonianza di Carla Ferro per citare quelle di Vega Gori e Anna Maria Vignolini, impegnate come dattilografe e staffette: anche in loro, ha detto, “c’è un antifascismo esistenziale prima ancora che politico, un moto di ribellione spontaneo di una generazione che si affaccia alla vita e che, con entusiasmo a volte un po’ incosciente, fa la scelta morale di combattere per la libertà”. Pagano ha poi raccontato alcune storie di donne che combatterono nelle formazioni partigiane e di donne contadine, curatrici dei partigiani: “il loro ruolo fu in entrambi i casi decisivo”, il che porta alla “concezione della Resistenza in cui la madre ha la stessa importanza del partigiano”, perché “la resistenza civile e sociale fu la condizione della vittoria della resistenza armata”.
Maria Cristina Mirabello ha sottolineato come la Resistenza sia stata per le donne una stagione di formazione esistenziale, culturale e politica e come, d’altra parte, sempre proprio le donne abbiano “marcato” la Resistenza. Tale loro incisività non è riscontrabile assolutamente in fasi della storia passata. “Sebbene infatti -ha affermato- molte storiografe cerchino attualmente di recuperare forme di protagonismo femminile, ad esempio nel Risorgimento, occorre riconoscere che la prima vera uscita delle donne alla luce della storia si ha proprio nel periodo resistenziale”.
Nella IV Zona Operativa ci sono circa 149 donne riconosciute ufficialmente come partigiane o patriote su 4300 riconoscimenti. Mirabello ha così proseguito: “La cifra avrebbe potuto essere più alta se davvero tutte le donne interessate avessero presentato domanda perché venisse loro data tale qualifica. Non lo fecero perché rifluirono spesso nel privato, ci fu insomma una vera e propria normalizzazione, un ritorno all’ordine. Rimase però traccia importante della lotta delle donne nella Costituzione e rimasero radici che diedero frutti successivamente, a distanza di vent’anni. Ed è opportuno ricordare questo perché il protagonismo, una volta affermatosi, non sempre prosegue in modo lineare, esistono anche i ritorni indietro, le normalizzazioni, rispetto alle quali occorre vigilare”.

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