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Presentazione di “Il mestiere della sinistra nel ritorno della politica” di Stefano Fassina, La Spezia, 17 Febbraio 2023 – Intervento di Giorgio Pagano

a cura di in data 6 Luglio 2023 – 09:53

Foto di Enrico Amici


Presentazione di “Il mestiere della sinistra nel ritorno della politica” di Stefano Fassina
17 Febbraio 2023 alla Spezia
Intervento di Giorgio Pagano

La presentazione del libro di Stefano Fassina è la terza iniziativa del ciclo “Socialismo e democrazia, uguaglianza e libertà. Storie, riflessioni, speranze”, organizzato dall’Associazione Culturale Mediterraneo e dal Circolo Pertini
Perché questo impegno?
La sinistra ha subito una sconfitta storica, che è stata culturale prima ancora che politica. La frattura tra cultura e politica è l’elemento di fondo per capire la sconfitta: la sinistra è foglia morta senza un pensiero critico. Occorrono luoghi di elaborazione e trasmissione di un pensiero critico sul presente e di rilancio di un’idea alternativa di società: noi questo vorremmo essere, non altro.

Il libro di Stefano Fassina è importante per dare basi intellettuali solide alla sinistra. Contiene anche una lista essenziale di autori da studiare. Bisogna lottare, ma con una visione critica, un disegno alternativo. Bisogna lottare e pensare. Senza una visione critica dilaga il neoliberismo, cioè l’esaltazione del presente. E non si lotta, ma si sta al governo perdendo di vista la vita. Bisogna stare al governo senza staccarsi dalla vita.

Il libro spiega che è cambiata la fase: siamo nella “post globalizzazione”. É singolare che questa consapevolezza manchi alla maggioranza del gruppo dirigente del Pd.
Anche se c’è ancora l’ordoliberismo in Europa. Ci eravamo illusi con il Next Generation Eu, ma l’austerity non è finita.
Tuttavia l’ordoliberismo non regge più. Nelle classi popolari provoca “spaesamento identitario” e “spiaggiamento economico”.
Da qui il ritorno della Politica. Ma da destra: Brexit, Trump, il sovranismo. Una risposta da destra. Piena di contraddizioni. Non so se la destra riesce a rispondere del tutto all’insicurezza sociale, alle sue ragioni profonde, con il senso identitario chiuso, che alimenta nuove paure e incertezze. La gente vota a destra, non c’è dubbio, ma soprattutto non vota. Tutta l’offerta politica sembra essere detestata. Quella di destra meno, ma non infiamma troppo i cuori. Certo è, però, che il vuoto politico per la destra può essere un’occasione.
La crisi è di sistema, va esaminato tutto il quadro, destra compresa.
Ma è soprattutto la sinistra a essere in crisi, è indiscutibile.

Per Fassina il mestiere della sinistra è ridare valore al lavoro. Scrive:
“Il mestiere distintivo della Sinistra nello scenario di ritorno della Politica è ridare valore morale, economico e sociale al lavoro attraverso la ricostruzione della sua rappresentanza e soggettività politica. È una sfida culturale, prima che politica, per navigare le contraddizioni sotto i nostri occhi: la conversione ecologica, la mutazione degli equilibri geopolitici, lo smarrimento identitario, l’emergenza educativa, l’inverno demografico, la transizione digitale. Quindi il mestiere distintivo della Sinistra non è genericamente ‘stare dalla parte degli ultimi e dei più deboli’. È stare dalla parte del lavoro come specifico interesse economico: il lavoro subordinato, in forma esplicita (come il lavoro dipendente) o implicita (come la parte sempre più ampia del lavoro ‘autonomo’ delle professioni e della micro e piccola impresa soffocata dal ‘mercato’)”.
Il 25% dei lavoratori privati -il 77% dei 23,4 milioni di occupati- ha un reddito al di sotto della soglia di povertà.
É un mondo che non vota più a sinistra.
L’impegno per i diritti civili è sacrosanto, ma non è il tratto distintivo della sinistra. La sinistra deve unire diritti sociali e diritti civili. Integrare periferie e ZTL. Sono stato per molti anni il segretario della Sezione Centro del Pci. Ero un diffusore dell’”Unità”, portavamo il giornale nelle case la domenica mattina. Arrivavamo a vendere 500 copie. Erano i primi anni Settanta. Nel mio giro andavo nelle case di grandi giornalisti, scrittori, pittori… dei professionisti… ma anche nelle case degli operai, della povera gente. Finivo al Poggio, quartiere degradato, distrutto nel dopoguerra e poi abbandonato dalla proprietà: lì c’erano i “casini” con le “donnine”, le ultime, parecchio su con gli anni ma sempre attive. Portavo l’”Unità” anche a loro, ovviamente a fine giro, perché sapevo che avevano “lavorato” fino a tardi. Spesso le svegliavo, ma erano molto gentili anche loro. Mi offrivano sempre il caffè. La sinistra italiana era una sinistra di popolo, non era una ridotta classista. Così le grandi socialdemocrazie europee.
La questione di fondo è quella dei diritti sociali.
Sto lavorando alla pubblicazione della memoria di Dino Grassi, il “capo” della classe operaia del Cantiere Muggiano. Dino racconta che il grido dell’Autunno caldo era: “Uomini sì, bestie no”.
Oltre cinquant’anni dopo i lavoratori della GKN denunciano: “Siamo trattati come numeri, come animali”.
Dobbiamo riaffermare la centralità del lavoro. E accompagnare questa strategia con strumenti di contrasto alla povertà e con politiche attive del lavoro (quest’ultimo è un vero “buco nero”).
Dobbiamo riscoprire il conflitto per far rispettare la persona che lavora.

Sono molto stimolanti le pagine del libro sull’Europa.
L’allargamento a est è stato caricato sulle spalle del lavoro subordinato (la concorrenza tra lavoratori, le delocalizzazioni).
La sinistra deve perseguire una autonoma visione dell’Europa: il principio sociale della Costituzione deve prevalere sui principi liberisti dei Trattati europei. La Politica deve riprendere il controllo dell’Economia.
Sulle migrazioni Fassina spiega come siano state scaricate sulle spalle del lavoro subordinato. Per creare la lotta tra ultimi e penultimi. Mi batto da anni sia per il “diritto di migrare” che il “diritto di restare”. Bisogna riscoprire la cooperazione internazionale, concordo con Fassina. E ripensarla.

Sono molto stimolanti anche le pagine sulla guerra. E per la pace. Nel nome non solo dei principi ma anche di un’analisi realistica:
“Le conseguenze di una ‘lunga guerra’ per la ‘vittoria dell’Ucraina’, per ‘liberare l’intero territorio ucraino’, per il ‘regime change’ sarebbero insostenibili sul versante energetico, economico, migratorio e politico. Oltre che per il popolo ucraino, per noi e per l’Africa ricaduta nelle carestie”.

La prospettiva individuata da Fassina è un neoumanesimo laburista e ambientalista.
Io e Caprioni, presidente del Circolo Pertini, diremmo: socialismo. O eco-socialismo.
In ogni caso serve una sinistra che tolga i voti dei lavoratori alla destra. E che ridia ai lavoratori il senso dell’importanza del voto.
Una sinistra con una politica netta. Non si batte la destra con il “ma anche”.

La situazione non è affatto semplice. Il Pd è inquinato dal neoliberismo. Il M5S ha un elettorato -fluido- di sinistra, ma non è un partito di sinistra. Nella società civile c’è vitalità, ma anche apatia. Ci sono più lotte in Francia, in Gran Bretagna e in Spagna che in Italia, dove i livelli salariali sono tra i più miserabili.
Forze politiche, forze sociali, associazioni devono federarsi, trovare un minimo comune denominatore.
Dalla sconfitta, dalla stasi dobbiamo ripartire. Per pensare e per lottare.

Giorgio Pagano

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