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Giorgio Pagano presenta “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945” a Follo Sabato 5 marzo ore 17

a cura di in data 4 Marzo 2016 – 16:01
Invito

Invito

GIORGIO PAGANO presenta
EPPUR BISOGNA ARDIR.
LA SPEZIA PARTIGIANA 1943-1945

Follo sabato 5 marzo ore 17 Struttura pubblica Giuliano Ratti

Il libro di Giorgio Pagano “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945”, dopo le affollate presentazioni alla Spezia, Sarzana, Levanto, Lerici, Sesta Godano e Migliarina, verrà presentato sabato 5 marzo a Follo (ore 17,30, Struttura pubblica Giuliano Ratti). All’iniziativa, organizzata dalla Sezione Anpi Follo e dall’Associazione Culturale Mediterraneo, interverranno William Domenichini, segretario della sezione Anpi Follo, e Mino Ronzitti, presidente dell’Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea.

Il libro, edito da Cinque Terre, è una storia della Resistenza nella IV Zona operativa, fatta rivivere attraverso le testimonianze dei protagonisti, le ragazze e i ragazzi di settant’anni fa. “Eppur bisogna ardir” si apre con la prefazione di Donatella Alfonso, giornalista di “Repubblica” e scrittrice, e prosegue con l’introduzione dell’autore e i tre capitoli “La Storia”, “Racconti e ritratti” e “Facio e Laura” (si tratta delle pagine dedicate alle figure di Dante Castellucci “Facio”, partigiano ucciso da altri partigiani, e della sua compagna Laura Seghettini).

Tra i protagonisti del libro ci sono anche i partigiani di Follo, in gran parte indirizzati dal parroco don Franco Borelli nel Battaglione “Val di Vara” della Colonna “Giustizia e Libertà”. Proprio per questo la zona di Follo fu oggetto di rappresaglie e rastrellamenti: a Piana Battolla, a Follo alto, a Sorbolo, a Bastremoli, a Pian di Follo.

La conclusione è affidata al saggio “La Resistenza e la sua eredità 1945-2015”, una riflessione su come trasmettere ai giovani la scelta morale e la concezione della politica della Resistenza e su come far sì che l’antifascismo e la Costituzione siano alla base di uno “spazio repubblicano” condiviso da tutti gli italiani. “Oggi -sostiene l’autore- i partiti non ci sono più, o almeno non ci sono più quelli veri, radicati nel popolo. Prima l’eredità della Resistenza cercavano, anche se non ci sono mai riusciti fino in fondo, di trasmetterla loro. Ma oggi? Dobbiamo ripartire dalle persone, dalle donne e dagli uomini semplici che hanno fatto la Resistenza, che sono i protagonisti delle tante piccole storie di questo libro. Ma ripartire anche, più in generale, dalle donne e dagli uomini semplici della nostra storia del dopoguerra e di oggi. Non dai poteri costituiti, ma dai germogli che nascono dal basso, dalla società”.

Il titolo del libro è quello di un verso originario di “Fischia il vento”, la canzone più amata dai partigiani ai monti. Giorgio Pagano spiega così lo spirito che pervade il libro: “L’ardore, inteso come coraggio morale, è il tema di questo libro. Perché, come disse Robert Kennedy, ‘il coraggio morale è merce più rara del coraggio in battaglia o dell’intelligenza’. Settant’anni fa ognuno si trovò solo di fronte alla propria scelta. Ogni partigiano ebbe un suo personale ‘ardir’: da tutte queste storie individuali sorse una storia collettiva. Fu la dimensione morale, che Piero Calamandrei indicava come una sorta di impulso diffuso, generato ‘da una voce sotterranea’, a indicare agli italiani la via della ribellione e del riscatto. Le ombre della Resistenza, che pure ci furono, non scalfiscono la luce della dimensione morale. Il valore del coraggio morale dei partigiani è più che mai attuale in una fase in cui è del tutto assente dalle qualità degli uomini pubblici, sostituito dall’accondiscendenza supina e dalla cedevolezza d’animo. Di coraggio morale abbiamo bisogno per tornare alla politica-virtù contro la politica-cinica tecnica del potere”.


 

Il libro “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945” di Giorgio Pagano ha suscitato interesse e attenzione anche a Follo, nella sala affollata della struttura pubblica “Giuliano Ratti”. Dopo l’introduzione del segretario dell’Anpi di Follo William Domenichini, che ha definito il libro di Pagano “un libro di storia e memoria che tocca i sentimenti e nel contempo un libro politico che attualizza i valori e la concezione politica della Resistenza”, è intervenuto Mino Ronzitti, presidente dell’Istituto ligure per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea. Anche per lui “Eppur bisogna ardir” è un “libro di storia e di politica, ricco di riflessioni e di emozioni, appassionato e coinvolgente, serio e originale, capace di cogliere la dimensione umana delle persone, non solo la dimensione politica dei soggetti collettivi”. Ronzitti si è soffermato su quella che ha definito “la domanda di fondo del libro”: “perché la Resistenza non è diventata una biografia della Repubblica?”. Secondo il Presidente dell’Ilsrec “la guerra fredda mise al centro la discriminante comunismo-anticomunismo al posto di quella fascismo-antifascismo”, impedendo al Paese di fare i conti con il proprio passato fascista e alla Resistenza di fare i conti con se stessa e le sue contraddizioni”. “Siamo in un Paese -ha concluso- in cui è difficile avere la percezione di una storia e di una memoria condivise, per responsabilità delle classi dirigenti: lo smarrimento attuale deriva dai limiti dei partiti del dopoguerra”.

Giorgio Pagano ha ricordato, in una sala intitolata a un partigiano della “Brigata Val di Vara” della Colonna “Giustizia e Libertà”, presenti i due partigiani giellisti Carlo Borrini e Sergio Ferrari, il ruolo fondamentale di “Giustizia e Libertà” nella Resistenza, e in quella spezzina in particolare. E ha reso omaggio, in particolare, alle figure dei comandanti Daniele Bucchioni e Amelio Guerrieri. Pagano ha poi ripreso l’analisi di Ronzitti: “Nel dopoguerra l’anticomunismo ha diviso il fronte antifascista, ma la risposta dell’antifascismo fu tale per cui esso tese a riproporsi non tanto e non solo come insieme di valori più o meno condivisi dall’insieme delle forze che agiscono nello spazio repubblicano, ma come linea politica tendente a rimettere in discussione le divisioni interne fissate dalla guerra fredda”. “Poi -ha aggiunto- ci fu l’identificazione tra compromesso storico e antifascismo, con la sconfitta del primo che portò all’emarginazione del secondo… la nascita di un partito unitario della sinistra avrebbe invece potuto ‘sbloccare’ la democrazia italiana dalla pregiudiziale anticomunista e contribuire a dar vita a due schieramenti alternativi ma uniti nella condivisione dei valori fondanti della Repubblica… perché nessuno avrebbe più potuto identificare antifascismo e comunismo”. Finita la prima Repubblica, è cominciata “la stagione del leaderismo, della verticalizzazione del potere e della scomparsa dei partiti radicati nel popolo e costituzionali”, che prosegue con le riforme costituzionali ed elettorali in atto, “che concentrano sempre più il comando in poche mani”.

“Ora che la storia dei partiti è finita -ha proseguito Pagano- occorre ripartire dalle persone, dalle donne e dagli uomini semplici che hanno fatto la Resistenza e dalle donne e dagli uomini semplici della nostra storia del dopoguerra e di oggi”. Quindi ben oltre la configurazione antifascista ma “animati dalla stessa scelta morale di settant’anni fa, dall’‘ardir’, dal coraggio per il bene, per la cura degli umili e degli oppressi, per la libertà e la democrazia”. Solo su questa base sarà possibile “ricostruire partiti veri” e “sconfiggere l’idea che ha dominato nell’ultimo ventennio: la ‘governabilità’, che ha portato all’uomo solo al comando e al cittadino spettatore, rassegnato e abulico”. Pagano ha concluso così: “A chi dice ‘governabilità’ noi rispondiamo, fedeli alla Resistenza e alla Costituzione: partecipazione civile e governo democratico”.

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