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Giorgio Pagano presenta “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945” a Pignone, Sala consiliare Giovedì 14 Luglio ore 21

a cura di in data 8 Luglio 2016 – 18:37
L'invito è a pagina 7 dell'agenda

L’invito è a pagina 7 dell’agenda

GIORGIO PAGANO PRESENTA
“EPPUR BISOGNA ARDIR. LA SPEZIA PARTIGIANA 1943-1945”

Pignone, Sala consiliare giovedì 14 Luglio ore 21

Il libro di Giorgio Pagano “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-1945”, dopo le affollate presentazioni alla Spezia, Sarzana, Levanto, Lerici, Sesta Godano, Migliarina, Follo, Valmozzola, Pontremoli, Arcola, Sestri Levante, Massa e Genova, verrà presentato a Pignone giovedì 14 luglio alle ore 21, nella Sala consiliare. L’iniziativa è organizzata dal Comune di Pignone in collaborazione con il Consorzio “Il Cigno”. Interverrà Silvano Zaccone, Presidente del Consorzio “Il Cigno”.

Il libro, edito da Cinque Terre, è una storia della Resistenza nella IV Zona operativa, fatta rivivere attraverso le testimonianze dei protagonisti, le ragazze e i ragazzi di settant’anni fa. “Eppur bisogna ardir” si apre con l’introduzione dell’autore e prosegue con i tre capitoli “La Storia”, “Racconti e ritratti” e “Facio e Laura” (si tratta delle pagine dedicate alle figure di Dante Castellucci “Facio”, partigiano ucciso da altri partigiani, e della sua compagna Laura Seghettini).

Tra i protagonisti del libro ci sono i partigiani e i resistenti della Val di Vara, nelle cui montagne e colline hanno operato la maggior parte delle nostre bande: da Federico Salvestri “Richetto” ad Antonio Siligato “Nino”, da Daniele Bucchioni “Dany” a don Giovanni Bobbio, ai tanti contadini e alle tante donne che ovunque sfamarono, curarono e protessero i partigiani.

La conclusione è affidata al saggio “La Resistenza e la sua eredità 1945-2015”, una riflessione su come trasmettere ai giovani la scelta morale e la concezione della politica della Resistenza e su come far sì che l’antifascismo e la Costituzione siano alla base di uno “spazio repubblicano” condiviso da tutti gli italiani. “Oggi -sostiene l’autore- i partiti non ci sono più, o almeno non ci sono più quelli veri, radicati nel popolo. Prima l’eredità della Resistenza cercavano, anche se non ci sono mai riusciti fino in fondo, di trasmetterla loro. Ma oggi? Dobbiamo ripartire dalle persone, dalle donne e dagli uomini semplici che hanno fatto la Resistenza, che sono i protagonisti delle tante piccole storie di questo libro. Ma ripartire anche, più in generale, dalle donne e dagli uomini semplici della nostra storia del dopoguerra e di oggi. Non dai poteri costituiti, ma dai germogli che nascono dal basso, dalla società”.

Il titolo del libro è quello di un verso originario di “Fischia il vento”, la canzone più amata dai partigiani ai monti. Giorgio Pagano spiega così lo spirito che pervade il libro: “L’ardore, inteso come coraggio morale, è il tema di questo libro. Perché, come disse Robert Kennedy, ‘il coraggio morale è merce più rara del coraggio in battaglia o dell’intelligenza’. Settant’anni fa ognuno si trovò solo di fronte alla propria scelta. Ogni partigiano ebbe un suo personale ‘ardir’: da tutte queste storie individuali sorse una storia collettiva. Fu la dimensione morale, che Piero Calamandrei indicava come una sorta di impulso diffuso, generato ‘da una voce sotterranea’, a indicare agli italiani la via della ribellione e del riscatto. Le ombre della Resistenza, che pure ci furono, non scalfiscono la luce della dimensione morale. Il valore del coraggio morale dei partigiani è più che mai attuale in una fase in cui è del tutto assente dalle qualità degli uomini pubblici, sostituito dall’accondiscendenza supina e dalla cedevolezza d’animo. Di coraggio morale abbiamo bisogno per tornare alla politica-virtù contro la politica-cinica tecnica del potere”.


 

La presentazione di “Eppur bisogna ardir. La Spezia partigiana 1943-45” di Giorgio Pagano è stata l’occasione, anche a Pignone, di una riflessione sulla memoria della Resistenza e sull’attualità dei suoi valori. Silvano Zaccone, presidente del Consorzio Il Cigno, che ha organizzato l’iniziativa, ha introdotto la serata, dopo il saluto della Sindaca Mara Bortolotto. “In un periodo di forte crisi della politica e di mancanza di passioni, la possibilità del riscatto -ha detto Zaccone- sta nelle virtù civiche che, come spiega il libro di Pagano, costituiscono l’eredità perenne della Resistenza”. L’autore si è soffermato soprattutto su questo punto, leggendo pagine del libro dedicate a episodi che testimoniano l’umanità e la solidarietà della popolazione contadina della Val di Vara durante la lotta di Liberazione. “I partigiani dei nostri monti sopravvissero nei durissimi inverni 1943-44 e 1944-45 soprattutto grazie alle famiglie contadine e alle coraggiose donne della Val di Vara, che li ospitarono e li sfamarono per mesi”, ha detto Pagano, che ha così proseguito: “lo sforzo costante del libro è quello di rievocare non solo lo scontro bellico ma anche la corposità e l’intensità della Resistenza non armata, e di far parlare non solo i comandanti militari, ma anche le donne, gli operai, i contadini, i ragazzi, i sacerdoti”. L’umanità e la solidarietà, ha spiegato Pagano, “si manifestarono già subito dopo l’8 settembre 1943, sia con i primi barlumi di iniziativa di molti militari sbandati per combattere tedeschi e fascisti, sia con le manifestazioni di aiuto concreto che gran parte della popolazione offrì ai soldati fuggiaschi”. E ha citato lo storico Claudio Pavone: “Lo scatenarsi di un tendenziale bellum omnium contra omnes trovò un contrappeso nell’aiuto che disinteressatamente si prestavano persone tra loro sconosciute. L’asprezza della guerra civile e della guerra contro l’occupante batteva alle porte, e la gente sembrava avesse scoperto che l’unico punto di appoggio rimaneva la fiducia nel prossimo”.

Pagano ha così concluso: “La crisi attuale della politica e della democrazia si può superare solo tornando, nei tempi nuovi, ai valori di allora. Dobbiamo fare come i partigiani: essere attori e non spettatori. Scegliere il bene contro il male, la libertà contro la dittatura. La dignità del lavoro contro la sua mercificazione. L’accoglienza dei migranti contro il loro respingimento. L’eguaglianza tra i sessi contro il femminicidio. Dobbiamo concepire la vita come cammino non solo individuale ma collettivo. Dobbiamo ricominciare a dire di no, a contrastare l’accettazione supina della realtà. Oggi trionfa l’acronimo Tina (There is no alternative”), inventato dalla Thatcher. Ma non dobbiamo arrenderci al fatalismo e al conformismo, un’alternativa c’è sempre. Dipende da noi stessi, dalla nostra passione critica individuale che si incrocia con quella altrui. Torniamo a esprimere un no consapevole e fiero ai tanti soprusi, troveremo nuovi e sconosciuti compagni di viaggio”.

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