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La politica dopo Renzi

a cura di in data 28 Gennaio 2021 – 23:39

La Spezia, Porto Lotti, mostra “Sculture” di Gustavo Aceves, 16 settembre-15 ottobre 2017
(foto Giorgio Pagano)

Città della Spezia, 17 gennaio 2021 – Lungo tutto l’ultimo mese, anch’io ho pensato -come la stragrande maggioranza degli italiani- alla crisi di governo come a una tragedia per il Paese, a fronte del dolore grande per la pandemia e della incertezza economica e occupazionale. La crisi avrebbe inoltre comportato -pensavo- una grave perdita di credibilità tra i cittadini e in Europa. E sarebbe stato poi difficile ricomporre i cocci.
Oggi la crisi non c’è ancora, perché formalmente c’è solo quando un governo viene sfiduciato in Parlamento. Ma la rottura provocata da Renzi, con le dimissioni delle “sue” Ministre, statue di sale manovrate dal maschio-alfa come pedine del suo gioco di potere – che significato potente avrebbe avuto un atto di non subordinazione della Bellanova e della Bonetti! quale simbolo sarebbe stato della ricerca femminile della libertà! -, ci ha pericolosamente avvicinato alla crisi. Vedremo che succederà martedì in Parlamento, come è giusto che sia. In passato non si è fatto quasi mai: i Presidenti del Consiglio andavano al Quirinale per farsi dare il reincarico, a parte Prodi (due volte) e lo stesso Conte (già una volta, dopo la rottura annunciata da Salvini al Papeete).

Io spero che rimanga un governo guidato ancora da Conte, basato in primis sull’alleanza originaria M5S-Pd-Leu (ricordiamoci che Italia viva nacque dopo, da una scissione del Pd, e che la Bellanova e la Bonetti furono elette in Parlamento dal Pd e nominate Ministre in quota Pd). Lo spero perché il governo, al netto di tutti i suoi errori, è riuscito a far fronte all’impatto della pandemia e ha ottenuto per l’Italia uno spazio di rilievo per il Next generation Eu (così dovremmo in realtà chiamare il Recovery plan). So bene che è necessaria la critica (e l’autocritica) su molti aspetti dell’azione del governo, in primo luogo sul piano sociale a ambientale, ma è altrettanto necessario evitare di buttar via il bambino con l’acqua sporca. E poi, che alternative ci sono? E il Presidente del Consiglio chi altri può essere se non Conte? E’ il personaggio più popolare per i suoi meriti; è politicamente il più forte, nonostante sia senza un partito, proprio perché i partiti della sua maggioranza sono, per motivi diversi, deboli; rappresenta il punto di equilibrio e di saldatura tra M5S, Pd e Leu. E’ l’asse portante, non sostituibile, di questa alleanza: per questo non piace a Renzi.

La Spezia, Porto Lotti, mostra “Sculture” di Gustavo Aceves, 16 settembre-15 ottobre 2017
(foto Giorgio Pagano)

La rottura non è quindi incomprensibile. E’ una follia per il momento che stiamo vivendo, ma si spiega non solo con il narcisismo di Renzi. Si spiega anche e soprattutto con il fatto che Renzi vuole colpire l’asse portante di un’alleanza che non sopporta, perché ha ridotto Italia viva alla marginalità politica e al 2%. Perché ha sgonfiato del tutto la bolla Renzi. Non dimentichiamoci che l’alleanza PD-M5S non si poté fare dopo le elezioni politiche del 2018 per il veto posto da Renzi, che allora era ancora nel Pd: fu il suo veto a spalancare alla Lega, che aveva avuto il 17%, le porte del governo e a portare così alla stagione in cui il partito di Salvini raddoppiò i suoi voti. Poi, dopo la rottura tra il M5S e Salvini, Renzi fu tra coloro che proposero l’attuale governo: certo Italia viva -che Renzi allora stava per creare- non poteva andare subito al voto, salvo scomparire o quasi. Ma ora che il governo stava per rafforzarsi e stabilizzarsi, Renzi ha fatto di tutto per farlo cadere.
Il programma, il metodo, e così via sono stati solamente un pretesto. Come ha detto Prodi, se Conte avesse detto sì al ponte di Messina, Renzi avrebbe chiesto il ponte per la Sardegna. Il piano per i fondi europei è passato attraverso tante bozze discusse e modificate, sempre alla presenza delle due Ministre “di Renzi”. Ora siamo a un testo più organico, con i contributi di M5S, Pd, Leu e Italia viva. Renzi avrebbe migliorato il Piano? Mah… Io ho letto che, grazie a lui, la voce “Rivoluzione verde e transizione ecologica” è scesa da 74,3 a 66,5 milioni. Se questo è un miglioramento…

In Europa questo è ancora più chiaro che in Italia. Basta dare un’occhiata ai titoli e ai pezzi dei giornali. Il “Financial Times” ha definito Renzi “Demolition man”, il “New York Times” non è stato da meno: “vendicativo e ambizioso”. Per l’agenza “Reuters” il politico di Rignano è “oggi è tra le figure più impopolari del Paese, quasi sinonimo di slealtà e spietate manovre politiche”. Leggiamo ancora il tedesco “Der Spiegel”: “Sembra la lotta di un uomo disperato. È quasi come un tragico duello: da una parte Conte, il presidente più popolare d’Italia negli ultimi 25 anni, dall’altra Renzi, uno dei politici più impopolari”. Mentre per il catalano “La Vanguardia”, Renzi è “il re degli intrighi di palazzo”. E si potrebbe continuare…

Ma ora come finirà? Marcello Sorgi, su “La Stampa”, giornale non certo ostile a Renzi, ha scritto di una sua “colossale sconfitta”, mentre Conte sarebbe “stravincitore”. Vediamo le ipotesi possibili dopo martedì. Sono quattro:
1) Un nuovo governo Conte appoggiato da M5S, Pd e Leu, e da un nuovo gruppo di centro, formato da ex M5S, ex Italia viva ed altri, senza Italia viva.
2) Un governo con la vecchia maggioranza, quindi con Italia viva, ma senza Conte Presidente.
3) Un governo “tecnico” di larghe intese
4) Le elezioni anticipate.

Le elezioni sarebbero un dramma: non si può stare senza un governo con i pieni poteri in una fase come questa. Circa il governo dei “tecnici” abbiamo già dato: se la politica stenta occorre correggerla, non abrogarla. E come si possono fare le larghe intese con chi ha considerato Trump un modello e ha sostenuto la tesi che l’Europa non è la soluzione ma il problema, e con chi non riconosce che il Covid-19 è una tragedia ben peggiore di quanto aveva predetto? Quanto al ritorno di Italia viva al Governo, porterebbe nuovamente allo stillicidio delle ripicche e dei continui ricatti. Certo, la prima soluzione non entusiasma. Come scrive Marco Travaglio, “è la soluzione peggiore, escluse tutte le altre”. Come dire che è, nella situazione data, la migliore.
Se questa soluzione sarà praticabile, bisognerà costruire quello che non c’è ancora stato in questi mesi: una vera e propria alleanza, con un percorso comune, un’identità, un’anima, una visione di Paese. Basata innanzitutto su un New Deal ecologista e sociale. Il Next generation Eu questo deve essere. Solamente così potrà suscitare passione e vivere anche grazie all’innovazione sociale dal basso e alla partecipazione attiva dei cittadini, fattori indispensabili. All’interno di questa alleanza servirebbe anche un vero, nuovo, partito o forza o associazione di sinistra: legato al popolo e con una ideologia, una cultura. Altrimenti, chissà, la svolta sarà guidata da qualcuno che non proviene dalla storia della sinistra, ma che proverà a fare qualche cosa di sinistra. I tanti che, come me, sono “senza casa” da tanti anni, forse si acconterebbero.

Post scriptum:
Dedico l’articolo di oggi a Lorenzo Vincenzi, Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza, insegnante ricco di cultura e di passione civile. Lo conobbi negli anni Settanta, quando ero Segretario della “mitica” Sezione Centro del PCI: 600 iscritti, tanti giovani e intellettuali, e tanto popolo. Lorenzo era già allora il più colto tra noi. Praticavamo una politica in cui c’erano il legame con il popolo, l’ideologia, la cultura. E il disinteresse personale. Oggi la politica si è afflosciata come un corpo senza più ossatura. Gli strati colti se ne tengono lontani, quelli popolari e giovanili ne sono esclusi e respinti. Serietà, rigore, gentilezza, amore per i giovani, partecipazione alla vita del popolo: sono le lezioni che Lorenzo Vincenzi ci ha lasciato. Il tempo che ci ha dedicato -all’Istituto, nella scuola, all’Università popolare – è stato bello e fecondo, e l’eredità che ci consegna è altrettanto bella ma difficile.

lucidellacitta2011@gmail.com

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