Per la giustizia sociale e ambientale – Sarzana il 4 maggio, Lerici il 17 maggio e La Spezia il 27 maggio
2 Maggio 2024 – 21:35

Per la giustizia sociale e ambientaleSarzana – Sala della Repubblica 4 maggio ore 16Lerici – Sala Consiliare 17 maggio ore 16,30La Spezia – Circolo ARCI Canaletto 27 maggio ore 21
E’ possibile imboccare oggi la …

Leggi articolo intero »
Crisi climatica e nuove politiche energetiche

Economia, società, politica: anticorpi alla crisi

Quale scuola per l’Italia

Religioni e politica

Ripensare il Mediterraneo un compito dell’Europa

Home » Città della Spezia, Rubrica Luci della città di Giorgio Pagano

25 luglio 1943, non fu solo un’illusione

a cura di in data 23 Dicembre 2023 – 22:14

Volantino dei partiti antifascisti affisso al Cantiere Muggiano dopo
il 25 luglio 1943 (Archivio di Stato della Spezia, Prefettura
Gabinetto, Affari riservati, b. 100, fasc. 7, 29)

Città della Spezia, 25 luglio 2023

LA GUERRA E IL TRADIMENTO DEI “POVERI CRISTI”
Ottant’anni fa, il 25 luglio 1943, cadeva il fascismo. Gli storici Marcello Flores e Mimmo Franzinelli, nella loro “Storia della Resistenza” hanno scritto:
“La guerra aveva posto le premesse per la conquista del potere da parte del fascismo. La guerra prepara le condizioni per il suo tracollo e la sua sconfitta”.
Il momento della verità arrivò quando il regime, entrato nella seconda guerra mondiale nel 1940, dovette misurarsi con gli avvenimenti militari negativi: tra ottobre e novembre 1942 le truppe tedesche e italiane subirono le sconfitte di Stalingrado e di El Alamein. La prima segnò la fine delle speranze di eliminare l’URSS dalla guerra e diede origine alla disastrosa ritirata dell’Italia; la seconda aprì la strada alla completa perdita dell’Africa settentrionale e avvicinò la guerra al territorio italiano.
Per l’Italia, in particolare, la campagna di Russia fu una catastrofe. All’inizio del marzo 1943 l’ARMIR aveva perduto il 97% dell’artiglieria, l’89% dei quadrupedi e il 70% degli automezzi. Su 230 mila uomini, 85 mila erano caduti o dispersi, 27 mila feriti o congelati, 79 mila fatti prigionieri, che in gran parte moriranno.
Il giudizio dello scrittore Nuto Revelli – uno dei sopravvissuti – nel libro “La guerra dei poveri” fu emblematico:
“La colpa peggiore del fascismo non è di aver tradito la generazione del littorio, di aver tradito noi che abbiamo gridato ‘viva la guerra, viva il duce’. E’ di avere tradito questi poveri cristi, a cui la guerra è caduta sulle spalle come un’epidemia”.
I bombardamenti e la fame fecero il resto, dando il senso di una crisi senza ritorno. Alla Spezia il primo bombardamento di grosse proporzioni è dell’11 aprile, a cui seguono quelli del 14 e del 19 aprile, il più devastante. Se le vittime furono relativamente poche è perché tanti spezzini erano sfollati nei paesi vicini, e venivano in città solo per lavorare. Per quanto riguarda la fame, era determinata sia dalla diminuzione delle retribuzioni sia dal razionamento del cibo: il crollo delle calorie giornaliere fu nettissimo, come in nessun altro Paese in guerra.
Questa situazione di emergenza ormai totale portò alla crisi politica e al colpo di stato contro Benito Mussolini del 25 luglio, ordito dal re, dai militari e da buona parte dei gerarchi fascisti. Il regime cadde per loro iniziativa: le forze antifasciste erano ancora troppo deboli. La modalità con cui cadde il fascismo metteva a nudo – osservò nel 1973 Giorgio Amendola, uno dei capi storici del PCI – le difficoltà e i limiti dell’antifascismo.

Volantino dell’Unione nazionale per la Pace e la Libertà rinvenuto in
via Prione dopo il 25 luglio 1943 ( (Archivio di Stato della Spezia,
Prefettura Gabinetto, Affari riservati, b. 100, fasc. 7, 26)

GLI SPARI AL “CANTINONE”
A fine 1942 Giuseppe Granelli, operaio della Falk di Sesto San Giovanni, marinaio silurista, ricevette la cartolina rosa. Destinazione La Spezia, dove arrivò il 10 gennaio 1943. Nel libro di Giorgio Manzini “Una vita operaia” Giuseppe ricorda che “le speranze, fino al ’41-42, erano poche, avevano in mano tutto loro. Noi speravamo solo una cosa, che si perdesse la guerra” e che però dall’autunno 1942 “in fabbrica si parla ormai apertamente contro il fascismo e i pesci che guizzavano sul fondo cominciano a venire a galla”. Anche alla Spezia fu così. Leggiamo il racconto di Manzini:
“La città è sfigurata, la gente per le strade sembra che abbia solo fretta, e nel porto, un mare scuro e minaccioso, la corazzata Roma affiora dall’acqua come un faraglione.
[…] Nella caserma di La Spezia sono duemila i marinai di leva, camerate stracolme. C’è confusione, sciatteria, inquietudine, un clima di incertezza e di provvisorio. Sono in tanti a parteggiare per gli alleati che avanzano, e si sa ormai che la ritirata dei bollettini strategici significa disfatta. La mattina del giuramento, adunata nel campaccio, sono parecchi quelli che, assieme al Granelli, restano nella camerata. Nessuno se ne accorge, non si fa appello, non ci sono controlli. Sembra che non ci sia neppure la polizia militare.
Un pomeriggio, al cantinone, un locale sotterraneo sempre pieno di soldati, un marinaio biondo, smilzo, pallido e teso salta su un tavolo e spara due colpi di rivoltella contro il ritratto di Mussolini: – Noi diamo la nostra vita al fascismo, bisogna rovesciarlo, – e scappa via con altri tre o quattro. È un istriano, dicono, uno slavo, e la polizia lo viene a cercare quando ormai è passata mezz’ora”.
I rapporti dei carabinieri spezzini dal gennaio 1943 al 25 luglio segnalano continuamente esplosioni spontanee di opposizione al regime, simili a quella del Cantinone: scritte murali, esclamazioni in pubblico, “offese al capo del governo”. Il fascismo era sempre più odiato, anche da coloro che in buona fede ci avevano creduto.

PITELLI, IL POPOLO IN FESTA
Era il 25 luglio sera, le 22.30 circa. Il popolo italiano apprendeva dalla radio che il re aveva assunto il comando supremo delle Forze Armate e il maresciallo Pietro Badoglio il governo militare del Paese. La gioia di essersi liberati dalla dittatura portò a manifestazioni di entusiasmo festoso. Non ci fu nessun gesto di vendetta. Il popolo si limitò a cancellare e scalpellare insegne e stemmi del regime, e a invadere le sedi, abbandonate, dei vari organismi fascisti per gettar via carte e suppellettili.
Dino Grassi, allora giovanissimo operaio del Cantiere Muggiano residente a San Terenzo, così ricorda la sera del 27 luglio nella vicina Pitelli – dove i giovani di quelle zone amavano radunarsi –, nel testo “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”, di cui ho curato l’imminente pubblicazione:
“Ho ancora ben chiara nella memoria l’immagine della prima sera di quel giorno a Pitelli: popolazione per la strada ad applaudire gli antifascisti che muniti di scale, picconi e mazze rimuovevano e frantumavano le insegne fasciste”.
Un rapporto dei carabinieri steso il 28 luglio conferma il ricordo di Dino:
“Verso le 21,30 di ieri in Pitelli una massa di circa 2 mila persone, costituita da uomini, donne, bambini, si è improvvisamente riunita portandosi subito alla locale sede del fascio rionale, davanti al quale hanno inneggiato alla Maestà del Re Imperatore, a S. E. Badoglio ed alle Forze Armate. Parte di tale massa riversatasi poi all’interno del caseggiato, ha distrutto mobili, quadri e tutto quanto vi era custodito. Molti documenti gettati sulla strada attraverso le finestre sono stati successivamente distrutti col fuoco… Non si sono verificati atti di violenza alle persone”.
A Pitelli, centro antifascista di primo piano, il primo agosto i carabinieri denunciarono l’affissione su un muro del manifesto del Comitato Popolare Italiano, con data 27 luglio (nella fotografia in basso).
L’episodio di Pitelli – alla Spezia quello più partecipato – raffigura simbolicamente ciò che accadde in quei giorni in tutta la nostra provincia e in tutta Italia. Si manifestarono due reazioni, entrambe spontanee, che non si elidevano a vicenda: il lealismo verso il re e l’esplosione dell’insofferenza popolare, in primo luogo degli operai.
I rapporti dei carabinieri e i mattinali della Questura, nella nostra provincia, elencano le tante iniziative popolari: il 27 al Muggiano, a San Venerio, al Canaletto, a Sarzana (con corteo nelle vie cittadine); il 28 a Ponzano Magra, ad Arcola, ancora al Canaletto e a Pitelli, a Migliarina, al Limone, a Melara, alla Chiappa, a Mazzetta, a San Terenzo – dove stranamente “tre fascisti col benestare del segretario politico trasportavano dalla sede del fascio carte et registri che distruggevano sulla pubblica via” –, alla Serra, a Pugliola, a Romito Magra, dove fu arrestata anche una casalinga; il 29 a Beverino e a Marola; il primo agosto a Manarola.
I partiti antifascisti – tutti in fase di riorganizzazione dopo gli anni della clandestinità e dell’esilio – ebbero in queste manifestazioni spontanee un ruolo inizialmente marginale, poi crescente, teso a incanalare l’agitazione con gli obiettivi della liquidazione del fascismo, della pace e di un governo formato dai partiti democratici.

Volantino del Comitato Popolare Italiano affisso a Pitelli dopo il 25
luglio 1943 (Archivio di Stato della Spezia, Prefettura Gabinetto,
Affari riservati, b. 100, fasc. 7, 30)

LA MOBILITAZIONE DEGLI OPERAI DEL CANTIERE MUGGIANO
Ho fatto riferimento alla insofferenza operaia. Una saldatura tra fascismo e operai non c’era stata. Restavano le diffidenze da parte fascista e la memoria operaia di una ferita violentissima, quella subita negli anni 1919-1922. La memoria aiutò almeno una parte degli operai a compensare l’oppressione e a mantenere una disposizione alla libertà.
Già il 26 luglio si tennero assemblee e iniziative nei principali stabilimenti spezzini.
Riguardo al Cantiere Muggiano, leggiamo un brano di Mario Pistelli – impiegato, militante comunista, che sarà deportato a Mauthausen dopo lo sciopero del marzo 1944 – che fa parte di una Memoria del 1973 depositata all’Istituto Storico della Resistenza:
“Quando la radio italiana, nella sua trasmissione delle ore 22.30 di domenica 25 luglio 1943, annunciò la caduta di Mussolini, mi trovavo assieme al compagno Giuseppe Tonelli, che doveva poi trovare tragica ed immatura morte nel Campo di Sterminio di Mauthausen il 1° maggio 1945, a pochi giorni dalla Liberazione, nella mia abitazione di Via Giosuè Carducci, 2.
[…] ci preoccupammo di preparare una relazione da esporre ai nostri compagni l’indomani lunedì, appena entrati nel Cantiere per il diuturno lavoro.
È bene ricordare che l’unica organizzazione che esisteva all’interno del Cantiere OTO Muggiano era quella del Partito comunista; e per questo eravamo coscienti che bisognava prendere subito contatti con gli elementi antifascisti, anche se non attivi, per poter unire su una piattaforma comune la stragrande maggioranza degli operai e degli impiegati.
Alla riunione parteciparono, oltre al sottoscritto e a Tonelli, i compagni Soresio Montarese, Guglielmo Scaravella, Aldo Cozzani, Giuseppe Morettini e Valdemaro Dini.
La decisione presa fu quella che noi avevamo tracciata nella nottata: ‘unire la classe operaia per le lotte future, per la libertà e la fine della guerra’.
[…] Il nostro lavoro fu più facile del previsto, perché sia i socialisti che il cattolico Stretti di Arcola, ed altri operai e impiegati di tendenze non definite, aderirono con entusiasmo”.
Il Muggiano fu l’unica fabbrica in cui i soldati – riferirono i carabinieri il primo agosto – trovarono, in due copie in una parete dei gabinetti, il manifesto del comitato regionale dei partiti antifascisti (nella fotografia in alto, insieme al volantino dell’Unione Nazionale per la Pace e per la Libertà, firmato dagli stessi partiti, rinvenuto in via Prione sempre in quei giorni).

OTO MELARA: IL PRIMO SCIOPERO DOPO VENTUNO ANNI
Il 28 gli operai dell’OTO Melara interruppero il lavoro. Leggiamo un passo del mattinale della Questura del 29 luglio:
“Alle ore 10 circa di ieri 3 mila operai dello stabilimento OTO Melara hanno abbandonato il lavoro e usciti dalle officine, si sono riuniti nel cortile interno dello stabilimento chiedendo ai dirigenti di allontanare dal lavoro gli operai squadristi, mentre gruppi di operai si recavano agli uffici e infrangevano fotografie e contrassegni del partito fascista. A seguito di immediato intervento di reparti del R. Esercito, della R. Marina e della Polizia gli operai hanno ripreso subito il lavoro dopo brevissima sospensione durata 15 minuti. Si è proceduto al fermo dell’ing. Rossi che è risultato aver istigato gli operai ad abbandonare il lavoro”.
Gli operai spezzini non avevano scioperato nel marzo 1943. Questa sospensione di 15 minuti all’OTO fu il loro primo sciopero dopo ventuno anni.

L’”EPURAZIONE DAL BASSO” ALLA TERMOMECCANICA
Un fatto rilevante avvenne alla Termomeccanica. Il 28 luglio ci furono scontri tra fascisti e antifascisti, il 29 gli operai scioperarono per chiedere la liberazione di cinque compagni arrestati. Leggiamo la Memoria, del 1974, dell’operaio Dante Rotelli, depositata all’Istituto Storico della Resistenza:
“Il fatto accadde il 27 luglio 1943 [in realtà il 28], e fu originato da contrasti avvenuti fra lavoratori antifascisti e filofascisti. Questi ultimi durante il regime si erano compromessi con azioni poco pulite. A sedare tali contrasti intervennero i militari di stanza nella fabbrica con alla testa il loro comandante. L’azione fu rapida: piazzarono quattro mitragliatrici alle porte dei reparti torneria e grandi macchine per intimidire i lavoratori, non arrestarono i fascisti, ma anzi prelevarono i cinque lavoratori antifascisti Comini, Cibei, Nardini, Giuntini e Frati. Gli arrestati furono associati alle carceri di Villa Andreini. L’organizzazione di fabbrica si riunì immediatamente e organizzò due giorni dopo [in realtà il giorno dopo] uno sciopero di protesta di tutti i lavoratori della fabbrica, con inizio alle ore 10 del mattino”.
Le date precise risultano da un rapporto dei carabinieri del 28 luglio e dal mattinale della Questura del 29 luglio.
Gli operai ripresero il lavoro solo alle tredici, dopo aver ottenuto l’impegno della direzione e dei militari al rilascio degli arrestati, che avvenne due settimane dopo. Fu una sorta di “epurazione dal basso”. Lo stesso giorno scioperarono gli operai di molte fabbriche spezzine, per partecipare a una grande manifestazione in città.

LA MANIFESTAZIONE DEL 29 LUGLIO. I PRIMI DUE CADUTI
Il 29 luglio si tenne la manifestazione alla Spezia. Gli operai chiedevano l’aumento del salario e della razione viveri. Mario Pistelli – presente insieme alla maggioranza dei lavoratori del Cantiere Muggiano, che avevano disertato il lavoro – nella Memoria citata ci ha consegnato una cronaca dettagliata. Due operai furono uccisi: il diciottenne Rino Cerretti e la quindicenne Nicolina Fratoni, che “colpita da un proiettile alla regione occipitale, si accasciava cadavere tra le mie braccia e quelle di Marcello Gattai che le eravamo a fianco, stringendo sempre con amore sul petto quella bandiera tricolore che con tanto orgoglio aveva portato durante il corteo”.
La testimonianza di Pistelli coincide con il rapporto dei carabinieri steso lo stesso giorno: Cerretti fu ucciso dai marinai, in seguito la Fratoni fu uccisa dai fascisti, nonostante che i carabinieri gridassero loro di non sparare. I carabinieri furono netti:
“Non risulta che dai dimostranti sia partito qualche frase contro la milizia e si esclude che, dai dimostranti, siano partiti colpi d’arma da fuoco”.

UN MOMENTO BELLO CHE DURO’ POCO
Quegli operai, quei giovani, quelle donne speravano di raggiungere i loro obiettivi in tempi molto brevi. Ma l’8 settembre ci fu l’armistizio, e il nord dell’Italia fu occupato dai tedeschi, che liberarono Mussolini creando la repubblica fantoccio di Salò. Occorreranno ancora molti mesi di sacrifici e di lotte. In quei giorni dopo il 25 luglio anche alla Spezia – come scrisse Cesare Pavese ne “La casa in collina” parlando di Torino – “tutto pareva rinnovato, fresco, bello come dopo un temporale”. Ma aggiunse: “Sapevo bene che non sarebbe durata”. E tuttavia non fu solo un’illusione: si cominciò allora a scrivere una diversa e più avanzata pagina della storia italiana.

Post scriptum
Questo articolo è frutto di ricerche presso l’Istituto Storico della Resistenza e l’Archivio di Stato della Spezia.
Rimando a questi miei articoli precedenti:
“La pastasciutta della memoria e la difesa della Costituzione”, “Città della Spezia”, 28 luglio 2013
“25 luglio 1943, l’arresto di Mussolini e i cortei di Spezia e Sarzana”, “Città della Spezia”, 29 luglio 2013
“25 luglio, riscopriamo la speranza”, “Città della Spezia”, 29 luglio 2018
“Pastasciutta antifascista” 25 Luglio 2022 – Calice al Cornoviglio, intervento di Giorgio Pagano, www.associazioneculturalemediterraneo.com
Comitato Unitario della Resistenza – Apertura dell’anno tematico 2023 “La caduta del fascismo, l’8 Settembre e l’inizio della lotta partigiana” Varese Ligure, 24 Gennaio 2023, intervento di Giorgio Pagano, www.associazioneculturalemediterraneo.com
Le fotografie di oggi riproducono tre volantini conservati all’Archivio di Stato della Spezia (Prefettura Gabinetto, Affari riservati, b. 100, fasc. 7).

lucidellacitta2011@gmail.com

Popularity: 2%