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Piazza Verdi e il ruolo della politica

a cura di in data 22 Gennaio 2014 – 19:50

Il Secolo XIX – 18 gennaio 2014 – Ha ragione il professor Di Sacco quando, riferendosi su questa rubrica alla vicenda di piazza Verdi, parla di “morte della politica, intesa come arte del possibile e della mediazione”. Il futuro della piazza è infatti demandato al contenzioso giudiziario tra Comune e Sovrintendenza: scelta legittima, ma ogni volta che si ricorre alla magistratura si assesta -bisogna saperlo- un colpo all’autorevolezza e all’efficacia delle istituzioni. Alla fine, nei tempi lunghi, ci sarà chi vincerà e chi perderà: ma, poiché ogni ente ha tra i cittadini i suoi “tifosi”, rimarrà, nel corpo della città, la ferita della divisione, ormai non più ricomponibile. L’alternativa è chiara: riprendere le fila del dialogo e della partecipazione, pur faticoso che ciò sia. Consapevoli, come dice Di Sacco, che ”in politica non vi è mai nulla di assolutamente certo e stabile”, che “col tempo ogni posizione può essere rinegoziata, ogni scelta può venir messa in discussione” e che “esiste sempre un’interposizione tra posizioni antitetiche”. In politica non è vero che “tertium non datur”: c’è sempre la possibilità di una posizione “terza”, diversa dalle due che si contrappongono inizialmente, di una sintesi nuova frutto dell’elaborazione delle differenze e della negoziazione. 

Lo stesso tema viene riproposto dalla vicenda del Piano Regolatore del Porto, come ricordano sempre su questa rubrica quattro lavoratori portuali. Il Piano fu approvato dal Consiglio Comunale nel 2001, dopo un ampio confronto popolare, con un solo voto contrario; poi approvato dalla Regione nel 2006; infine fu oggetto di un’intesa attuativa tra l’Autorità Portuale e i concessionari della Marina del Canaletto -che va ricollocata per la realizzazione del terzo bacino- nel 2007. Sono passati altri sette anni e il Piano è ancora bloccato. Il Tar, nei giorni scorsi, ha sospeso tutto per mancanza di “corrispondenza funzionale e quantitativa tra gli spazi offerti per la ricollocazione dei concessionari e quelli attualmente occupati, in violazione degli impegni assunti dall’Autorità Portuale nel 2007”. Anche in questo caso l’alternativa alla guerra giudiziaria è chiara: far tornare in campo la politica, per la ricerca di una soluzione coerente con le intese pattuite. E’ il solo modo per garantire l’espansione del porto, che è una delle vocazioni produttive di ogni città di mare (tanto più che un privato ha ottenuto la concessione per realizzare gli ampliamenti); e per garantire la presenza delle attività storiche della Marina del Canaletto, sia quelle imprenditoriali dei mitilicoltori e del rimessaggio nautico, sia quelle della nautica sociale, attività anch’esse tipiche -tutte- di ogni città di mare. I conflitti sono il sale della democrazia, ma compito della politica è ricomporli. Anche se in realtà spesso fa l’opposto: li esaspera. La politica è invece l’arte della convivenza, mentre l’antipolitica è il ricorso alla guerra: “Bellium omnes contra omnium”, la guerra di tutti contro tutti, diceva il filosofo Hobbes. Ma aggiungeva: “Pax est quaerenda”, la pace è da ricercare. Ed è la politica che deve farlo.
Da piazza Verdi al PRP va aperta una nuova fase della vita politica nella città, improntata al dialogo e alla partecipazione. Altrimenti rimarremo impantanati nell’immobilismo degli ultimatum.

Giorgio Pagano
Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo

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