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Sel e Centrosinistra, perché ai partiti in crisi servono le primarie di programma

a cura di in data 14 Febbraio 2012 – 10:47

Cronaca4, 8 Febbraio 2012 – Enrica Salvatori, docente all’Università di Pisa, ha posto su Cronaca4 un problema su cui il centrosinistra spezzino farebbe bene a interrogarsi: “Io voglio le primarie perché voglio un dibattito sui grandi temi del futuro della città… aperto prima che le logiche spartitorie delle liste preelettorali preconfezionate mi costringano alla scheda bianca”. E’ una posizione diffusa tra la folla degli apolidi di sinistra, che merita attenzione. Sel ha cercato di dare una risposta proponendo le “primarie di programma”: primarie non solo per selezionare i candidati a sindaco ma anche e soprattutto per scegliere le risposte sui grandi temi del futuro della città. In sostanza: il centrosinistra dovrebbe delineare una cornice generale condivisa da tutte le sue forze, e poi promuovere la partecipazione larga dei cittadini aprendo la contesa su opzioni programmatiche diverse, che stiano dentro la cornice generale. Sel, per esempio, ha manifestato idee diverse su più punti, dal waterfront all’acqua, dall’Enel alla sanità. Alla fine la proposta del centrosinistra si rivelerà completamente nel modo più giusto e più vicino al popolo. Ci si ritroverà uniti, dopo un confronto che avrà arricchito tutti e magari avrà consentito a tutti di cambiare una parte delle proprie idee e di arrivare con trasparenza a sintesi nuove. Come la Clinton e Obama in America, insomma.

Questa proposta, ad oggi, è stata rigettata dagli altri partiti di centrosinistra. Eppure la sua attuazione darebbe un valore aggiunto alla coalizione, perché la aprirebbe a relazioni con la società e con i movimenti che oggi, a partiti screditati e in crisi, servirebbero come l’aria da respirare. Lo capisco che per le persone per bene che militano nei partiti è doloroso sentirselo dire: ma ha ragione Eugenio Scalfari quando scrive su Repubblica che oggi “i partiti, di fatto, non esistono più… esistono soltanto sparuti gruppi dirigenti e autoreferenti, che hanno perso ogni contatto con il territorio e con gli elettori”. Leggo che, nelle ultime ore, sembra frasi strada nel Pd una consapevolezza nuova: “Il Pd è convinto che la strada dell’approfondimento programmatico e con il massimo grado di apertura, di spirito di innovazione, di ascolto e di colloquio e partecipazione con la gente costituisca la via principale per costruire il collante politico della coalizione”, scrivono Veschi e Marsella. Bene: quale strumento migliore, allora, delle “primarie di programma”? Spero, comunque, che una riflessione unitaria e alla luce del sole possa continuare: e che porti a una proposta in ogni caso alternativa a programmi a tavolino privi dell’anima e del corpo degli elettori di centrosinistra.

Vorrei aggiungere qualche considerazione sui rapporti Pd-Sel. Io sono stato critico fin dall’inizio verso il Pd, e ho scelto strade diverse dall’impegno partitico: le associazioni e il volontariato. Ma non sono un antipartito, perché so che di partiti veri, forti, radicati c’è bisogno. Ho aderito di recente a Sel per dare il mio piccolo contributo perché si costruisca un partito di sinistra vero, forte, radicato. Una grande sinistra di governo che rimescoli tutte le culture, una forza della sinistra europea: perché l’unica alternativa possibile all’Europa del neoliberismo è l’Europa sociale che solo le forze socialiste, ecologiste e solidaristiche del vecchio continente possono costruire. Siamo in uno di quei passaggi in cui appare con grande chiarezza come sia stato un suicidio non aver creato in Italia una grande forza socialista. Ma non si può rinunciare. Lo dico con le parole di Matteo Orfini, esponente della segreteria nazionale del Pd: “dobbiamo essere il motore di un nuovo Partito socialista europeo in Italia… nei prossimi mesi il quadro politico italiano si andrà a europeizzare sempre di più… è importante che a sinistra ci si attrezzi per non farsi trovare impreparati”. La foto del futuro, quindi, è quella Bersani-Vendola. Si può pensare tutto il male possibile del Pd, ma resta il fatto che non è pensabile una sinistra senza questo partito. Quindi il Pd va criticato per i limiti della sua connotazione identitaria e della sua prospettiva, ma va incalzato da sinistra, a partire dalla questione sociale e da quella ambientale, con l’obbiettivo di collocarlo a sinistra. Invece che in una federazione con il Terzo Polo, come molti suoi dirigenti vorrebbero. Ci sono quindi, per me, anche motivi di prospettiva politica che spingono all’unità Pd-Sel nei territori. Ma per fare l’unità bisogna essere in due. A un alleato non si può dire solo dei no, a Spezia come a Ameglia. Ecco perché va aperta una riflessione vera.

Un’ultima considerazione: io sono un semplice iscritto a Sel, non ho alcun ruolo dirigente. Né mi candiderò ad alcunché. Tanti cittadini, in questi mesi, mi hanno sollecitato a ricandidarmi a sindaco. Ma non mi è nemmeno mai passato per la testa. Perché ho altre passioni che mi coinvolgono, perché non bisogna mai tornare sui propri passi e perché oggi è importante che la mia generazione sostenga con generosità i giovani che vogliono cimentarsi nella politica. In Sel ci sono ragazzi molto in gamba, che stimo perché credono nel dibattito delle idee e vogliono diventare, grazie alla loro autonomia, “eroi di se stessi”. Perché non sono parolai del giovanilismo né  “fedeli” subalterni a qualche leader.

Infine una  postilla: come in ogni campagna elettorale ogni tanto c’è qualcuno che prova con qualche battuta volgare -ne ho lette su Cronaca4- a mettermi da solo sul banco degli accusati per la vicenda Acam. Classico: si fa con chi non è in competizione, ed è fuori da quelle che Gustavo Zagrebelsky chiama le “oligarchie dei giri”. Sulla materia ho pubblicato, nel 2010, un Diario, dove c’è tutta la verità, in ogni dettaglio. C’è la storia della sconfitta delle mie idee, e c’è la mia autocritica. Ma dopo c’è stato solo il silenzio. Se qualcuno volesse aprire seriamente la discussione, sarebbe il benvenuto. Un confronto vero sul passato farebbe solo bene al futuro di Acam e della città.

Giorgio Pagano

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