“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi, Venerdì 21 novembre ore 17 a Borgotaro
15 Novembre 2025 – 16:30

“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”
di Dino Grassi
Venerdì 21 novembre ore 17
Borgotaro
Il libro di Dino Grassi “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” sarà presentato …

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Da Spezia alla Lunigiana nel nome della Resistenza

a cura di in data 2 Settembre 2025 – 15:42

La Nazione 18 luglio 2024

Tra la primavera e l’estate 1944 i partigiani delle province di Spezia e di Apuania passarono da 300 a 3.200. I ribelli spezzini erano nei monti circostanti, sia perché la Resistenza era molto difficile nella città – piazzaforte militare – sia perché l’obiettivo era creare il maggior danno possibile ai tedeschi e ai fascisti nelle infrastrutture: la ferrovia per Parma e le statali della Cisa e del Cerreto. Dal marzo si passò progressivamente da una resistenza difensiva tipica del mondo contadino e delle bande locali a esso legate, a una resistenza attiva e guerrigliera. I partigiani attaccavano i presidi della Guardia nazionale repubblicana, dove spesso i carabinieri si arrendevano e passavano con i ribelli, e agivano per far crollare il sistema degli ammassi obbligatori dei prodotti agricoli e del bestiame, d’intesa con i contadini.
Nel fivizzanese nacque il più forte nucleo partigiano del bacino della Magra: vicino al paese di Mommio, dove il radiotelegrafista alleato Domenico Azzari aveva creato un campo di lancio per ricevere armi e aiuti . Con lui c’erano giovani del luogo guidati da Angelo Marini, militari sbandati, anche stranieri, renitenti alla leva e partigiani spezzini inviati dai comunisti e dagli azionisti. Era un antifascismo istintivo ed esistenziale, molto approssimativamente politico. Alle azioni del gruppo – enormemente sopravvalutate – il nemico reagì il 4 e 5 maggio con il più grande rastrellamento compiuto fino a quel momento nella zona: 2.000 nazisti e fascisti contro 60 partigiani, che riuscirono a disperdersi. Fu il paese di Mommio, completamente incendiato, a pagare più di tutti: i morti furono 22. Due i partigiani, Ottavio Manfroni “Speza” – era del Felettino – e il fivizzanese Guido Savina. In onore di Manfroni la banda di Marini prenderà il nome “La Spezia”.
L’entusiasmo crebbe nel giugno, dopo la liberazione di Roma e lo sbarco in Normandia. Le azioni ripresero a Comano, Casola, Monzone, Fivizzano. Il 23 giugno gli uomini della X Mas, al comando di Umberto Bertozzi, uccisero a Spicciano tre partigiani: Bruno Mezzani, spezzino, Rino Battolini e Pierino Cozzani, di Vezzano. Un fascista aprì loro il petto per mangiare il cuore. I corpi furono esposti nella Piazza Medicea di Fivizzano. Un altro partigiano fu ucciso il 4 luglio.
L’episodio anticipò il grande rastrellamento Wallenstein I, attuato all’inizio di luglio, che impegnò 5-6 mila uomini e investì, in Lunigiana, Comano, Licciana, Bagnone, Filattiera e parte del pontremolese e del fivizzanese. La banda 37b sbandò. Sette ribelli furono uccisi in combattimento, l’ottavo, Adelmo Bottero, fu torturato, legato alla ringhiera della chiesa di Lusana e fucilato davanti alla popolazione. La durezza contro i civili fu estrema: almeno una trentina le vittime, tra cui un bambino, una donna anziana, il parroco di Camporaghena Lino Baldini, il medico Giuseppe Giannotti di Panicale. Wallenstein I fu anche una gigantesca razzia di derrate alimentari, bestiame e soprattutto uomini da destinare ai lavori di fortificazione in Italia e nelle industrie in Germania. Nella zona di Bagnone-Licciana altri gruppi partigiani attivi non si ricostituirono fino all’autunno 1944. I nazifascisti dimostrarono di avere ancora una supremazia militare, ma non riuscirono nell’intento di soffocare le bande partigiane e di dividerle dalla popolazione civile.

Giorgio Pagano
co-presidente del Comitato provinciale Unitario della Resistenza

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