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Profit e no profit così la Liguria può crescere insieme all’Africa

a cura di in data 10 Gennaio 2015 – 11:35

La Repubblica – Il Lavoro, 3 gennaio 2015 – L’incontro sul tema “L’attività internazionale della Liguria e i fondi europei 2014-2020”, organizzato dalla “Rete ligure per la promozione e lo sviluppo delle relazioni e delle partnerships internazionali”, è stato un momento di confronto assai utile su due temi decisivi: come la Liguria può favorire lo sviluppo dei Paesi più poveri e insieme come la Liguria può uscire dalla sua crisi, determinata anche da un’apertura all’estero dell’economia e da una propensione alle esportazioni ancora troppo basse, nettamente inferiori alla media nazionale. La “Rete” ha affrontato i due temi chiamando a discuterne Unione europea, Governo, Regione, Comuni, Ong, imprese, centri di ricerca, sulla base di un’impostazione innovativa -quella su cui la “Rete” è nata- che ha incontrato ampio consenso: la sinergia forte tra la cooperazione destinata a progetti di promozione del welfare di base, dalla sanità alla scuola, e la cooperazione che sempre più coinvolge i privati, mossi dalle esigenze di marketing sociale e di responsabilità sociale di impresa, o dalla volontà di investire sulla futura creazione di un mercato. In sostanza: oggi un discorso sulla cooperazione internazionale che non dica nulla sullo sviluppo anche dell’Italia rischia di relegarla a questione marginale; così come un discorso sull’internazionalizzazione delle imprese che non capisca che la cooperazione può preparare l’internazionalizzazione e che occorre coniugare dono e investimento si rivela sempre più miope. Nell’incontro Andrea Stocchiero del Cespi ha parlato, non a caso, di “internazionalizzazione cooperativa”, perché finalizzata non solo al business ma a un impatto sociale positivo per la popolazione partner. I temi della lotta alla povertà e dell’internazionalizzazione delle imprese restano ovviamente distinti, ma non separati: il paradigma culturale del “no profit” non è più solo quello del “dono da noi a loro” ma anche della ricerca di partenariati basati sulla reciprocità di interessi strategici ed economici, mentre il paradigma culturale del “profit” mira a favorire lo sviluppo dei territori con cui si commercia e dove si investe, evitando comportamenti di rapina e puro sfruttamento delle risorse locali, favorendo invece percorsi di apprendimento e innovazione locali, oltre al necessario rispetto dei diritti umani e ambientali.

L’obbiettivo è un sistema italiano, e ligure, delle relazioni internazionali che faccia lavorare insieme, in un Paese o in un territorio di un Paese, le istituzioni, le ong, le imprese, le fondazioni bancarie, le università. Ma in quali Paesi? In 16-18 Paesi prioritari, ha detto Alberto Ciarlo a nome del Governo, collocati nell’Africa subsahariana e mediterranea. La Liguria deve uscire dal suo isolamento puntando a un cammino congiunto con qualcuno di questi Paesi, a reciproco interesse e beneficio. I fondi europei 2014-2020 vanno utilizzati anche per questo, come è stato illustrato nel corso dell’incontro (per info: www.januaforum.it). Sono opportunità a cui possono partecipare le singole Ong o imprese o i singoli Comuni, ma anche e soprattutto le reti, le partnerships, i distretti. E’ una bella scommessa per la Liguria: il superamento della logica settoriale e frammentata con cui finora si è mossa, la nascita di un pensiero strategico su cui fondare forme di aggregazione del “sistema Liguria” capaci di stare nel mondo, e in primo luogo in quella parte del mondo a noi più vicina, su cui si gioca l’identità europea: l’Africa. Il nuovo pensiero ci serve anche a Expo 2015, una straordinaria occasione di incontro che va utilizzata per costruire partenariati di “internazionalizzazione cooperativa”.

Giorgio Pagano

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