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Genova-Spezia una strategia anti-conflitto

a cura di in data 9 Ottobre 2013 – 13:09

La Repubblica-Il Lavoro – 8 Ottobre 2013 – Il tema del “conflitto” tra Genova e Spezia, di cui ha scritto Repubblica, va inserito in una riflessione più generale sulla nostra portualità. Il Forum Port&ShippingTech è stato un’utile occasione, e ha fornito molti spunti. Innanzitutto: come far sì che il Mediterraneo non perda la sua centralità nel mondo? Il Mare Nostrum è cresciuto di importanza grazie agli aumenti dei traffici dall’Estremo Oriente, anche se il primato è rimasto ai porti del Nord Europa, svantaggiati geograficamente ma più efficienti. Il problema è che la sofferenza economica europea si è riverberata anche sulla portualità mediterranea. Senza nessuna visione autoreferenziale del mondo della portualità, il nodo è come si esce dalla crisi europea, cioè come avviare un nuovo ciclo neokeynesiano: esattamente ciò a cui si oppone il trionfante nazional-liberalismo tedesco. 

Ma c’è una specificità della crisi della portualità italiana, derivata da un mix di scarsa efficienza e di troppa frammentazione. Come ha detto al Forum Sergio Bologna, bisogna “allungare i tentacoli sui mercati potenziali del retroterra e costruire alleanze nelle filiere logistiche”. E’ sbagliato puntare solo su container e crociere, trascurando tutto il resto: il punto è che “il sistema logistico italiano oggi come oggi non è ancora in grado di fare un’offerta alternativa a un cliente d’oltralpe”. Bisogna saper offrire migliori tariffe, servizi, tempi agli utenti finali stranieri. L’altra questione chiave è la programmazione: “non servono infrastrutture portuali in grado di accogliere navi da 14.000 teu o stazioni marittime per crocieristi in tutti i porti distanti un paio d’ore di navigazione l’uno dall’altro e costretti quindi, una volta costruite banchine, piazzali e stazioni, a farsi la concorrenza a colpi di sconti e di taglio dei salari”. Serve una riflessione strategica: su come essere più efficienti nelle tecnologie e nell’organizzazione e su come superare la mancanza di una visione d’insieme.
Limitiamoci a quest’ultimo punto: la programmazione nazionale è scomparsa, anche nella portualità. E’ del tutto assente nella discussione sulla legge di riforma. Altrove non è così. In Spagna, dove esiste un sistema pluriportuale simile al nostro, esiste un soggetto che coordina centralmente i programmi e gli investimenti. Da noi, invece, il Ministero dei Trasporti si limita ai controlli formali. La programmazione dovrebbe portare alla redazione di un masterplan, capace di evitare doppioni, sovrapposizioni e sprechi di risorse. La “regia” nazionale dovrebbe essere accompagnata dalla creazione di sistemi integrati nei quali far confluire i porti di un medesimo bacino. In questo quadro occorre pensare, per quanto riguarda la Liguria, a un piano regolatore portuale regionale o addirittura del sistema dell’Alto Tirreno. Il problema tra Genova e Spezia, ma anche Livorno, non è la competizione, che entro certi limiti non guasta. Ma è semmai l’assenza di regole comuni e di comportamenti omogenei. Serve dunque una “regia” che faccia competere queste realtà, tra loro complementari, con gli altri sistemi portuali. C’è spazio per un’iniziativa politica e legislativa della Regione: certo non basta Ligurian Ports.
Infine: vanno costruite relazioni di collaborazione tra i porti delle due sponde del Mediterraneo. L’Europa dovrebbe pensare e realizzare il corridoio Europa-Africa, una sorta di rete Ten-T transcontinentale. Ma qui c’è una limite della politica e della cultura che va superato. Non esiste più una politica estera europea. Alla radice c’è l’incomprensione che la nuova, nevralgica, frontiera dell’Europa non è più l’Est ma, come purtroppo dimostra la strage di Lampedusa, il Mediterraneo. Non rendersi conto di questo aspetto condanna a non avere una politica estera europea. Esiste quindi un nesso strettissimo tra la crisi dell’Europa e la mancanza di uno sguardo al Mediterraneo.

Giorgio Pagano

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