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Business e turismo, la città va alla ricerca della sua identità

a cura di in data 10 Novembre 2010 – 16:01

La  Repubblica – Il  Lavoro – 10  novembre  2010 – Spezia ha fatto del recupero del rapporto con il mare la cifra della sua nuova identità. Le scelte pianificatorie sono nette: l’industria militare e il porto, le vocazioni produttive storiche, devono diventare compatibili con la nuova mission del turismo e con la riappropriazione da parte degli spezzini di quel mare a cui, dall’Arsenale in poi, sono stati costretti a dare le spalle. E se la “riscoperta” del mare è ancora una scommessa a ponente per l’ignavia del Ministero della Difesa, nel centrocittà è un obbiettivo possibile. La pianificazione prevede infatti che il primo bacino portuale sia riconvertito a waterfront. E’ una straordinaria occasione per rivoluzionare l’immagine e l’economia della città, riposizionandola “drasticamente” in quel settore turistico abbandonato a metà Ottocento, e per rendere Spezia più vivibile. La caratteristica di fondo del progetto di Josè Maria Llavador, vincitore nel 2007 del concorso di idee, è proprio questa: costruire non solo il volano del nuovo sviluppo (stazione crocieristica, alberghi, centro congressi) ma anche il luogo della socialità legato alla nostra storia di città di mare. E quindi: proseguimento della Passeggiata Morin, aree verdi, percorsi pedonali e ciclabili, spazi per la cultura, lo sport e il divertimento. E il superamento della frattura rappresentata da viale Italia, per connettere strettamente waterfront e centro storico. Insomma: esaltare insieme vocazione turistica e identità marittima della città.
Il progetto vincitore si è perso nelle nebbie dell’Autorità Portuale per più di due anni ed è tornato da poco nella veste del masterplan, un disegno preliminare al progetto architettonico. In città si è aperta una discussione, resa più vivace, nei giorni scorsi, da una critica del Presidente della Provincia alle “variazioni sostanziali rispetto al progetto vincitore” e all’”aumento dei volumi edificatori”. Gli hanno replicato sia il Sindaco (“gli spazi pubblici per verde, cultura e spettacolo sono i nove decimi del progetto”) che il Presidente dell’A.P. (“anche se forse preferivo la prima versione di Llavador”, ha ammesso). E il Sindaco ha aggiunto: “sulla qualità del progetto e della partecipazione della città ci sono io come garante”.
Va ora data concretezza alla scelta della partecipazione. La responsabilità dei rappresentanti non è in discussione: semmai viene arricchita dalle attività partecipative. Servono regole e tempi definiti. A Spezia c’è l’Urban Center, concepito proprio come laboratorio urbano: lo si può attivare con i metodi, già sperimentati, della pianificazione strategica o di Agenda 21. O con quelli di altre esperienze: dal debat public francese alla tedesca Planungszelle, ai Town Meetings e alle Consensus Conferences americane.
Capire le differenze tra progetto vincitore e masterplan, e il perché, dovrebbe essere il primo passo. E le linee guida per decidere? Dovrebbero essere queste: evitare un disegno urbano troppo diverso dal contesto; assicurare una traccia che renda inconfondibile il nostro waterfront dagli altri, con un “simbolo” che non sia una torre-hotel ma un luogo della cultura; garantire una riconquista sociale di spazio pubblico; far sì che il progetto disponga delle risorse economico-finanziarie necessarie alla sua realizzazione. Sembra la “quadratura del cerchio”, ma altre esperienze ci insegnano che si può fare.

Giorgio Pagano
già Sindaco della Spezia, Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo

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