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Il clima è un’emergenza anche per gli enti locali

a cura di in data 9 Febbraio 2008 – 18:12

Il  Secolo  XIX – 9 febbraio 2008 – Nei giorni scorsi l’’Unione europea ha finalmente  approvato il piano contro il riscaldamento climatico, che ora dovrà passare al voto del Parlamento Europeo e dei governi. C’è chi si aspettava un piano più ambizioso, ma le proposte sono comunque “forti”: riduzione delle emissioni di gas serra del 20% nel periodo 2012-2020, innalzamento dell’uso delle energie rinnovabili fino al 20% e di quello di biocarburanti fino al 10%.
Il Presidente Barroso ha parlato di “costi ragionevoli”-3 euro a settimana per ogni cittadino europeo- e di “guadagni e utili”: un milione di posti di lavoro e la possibilità per le nostre imprese di essere leader nel mondo nel settore dell’”economia di guerra al riscaldamento terrestre”, che diventerà il nuovo traino della stagnante economia mondiale.
Ormai tutti concordano: è vero che la climatologia è una scienza che si occupa di rischi e non di certezze, ma i rischi ci sono. Potrebbero essere minori ma anche più gravi di quanto previsto. Noi stiamo già sovraccaricando l’atmosfera terrestre: nel corso del XXI secolo le temperature medie globali potrebbero innalzarsi di altri 5°C. Stiamo amministrando in modo sconsiderato il pianeta e  abbiamo poco tempo: meno di dieci anni a disposizione per poter cambiare il corso delle cose.
Due studi recentissimi affrontano “la furiosa urgenza” della crisi climatica da due punti di vista particolari.
Il “Rapporto dello sviluppo umano 2007-2008” dell’ONU evidenzia che il clima che cambia uccide l’Africa. Già oggi milioni di poveri sono costretti a convivere con più siccità e inondazioni e con tempeste più intense. Tutto ciò sta minacciando gli sforzi internazionali per combattere la povertà. Se miglioreremo il clima, il 40% più povero del pianeta -2,6 miliardi di persone- avrà un futuro con molte più opportunità.
Il rapporto “L’era delle conseguenze” del Centro per gli studi strategici e internazionali di Washington spiega che il clima che cambia ucciderà la libertà. Il mondo sarà meno illuminato e tollerante; sullo sfondo c’è lo spettro della guerra atomica per il controllo delle risorse. Basta vedere quello che succede già oggi in Darfur, dove le violenze di massa sono dovute a uomini senza scrupolo che approfittano delle contese per la poca terra arata e per l’acqua. Se miglioreremo il clima avremo maggiori probabilità di estendere la libertà e di prevenire le cause profonde delle guerre.
Resistere al cambiamento climatico comporta una rivoluzione politica e culturale profonda: il rigetto di due tesi considerate fondamentali dal neoliberismo. La tesi per cui non c’è incompatibilità tra crescita economica e tutela dell’ambiente, perché il progresso tecnologico risolve ogni problema. E la tesi per cui senza crescita economica non c’è sviluppo sociale e civile. E’ in discussione il nostro modo di intendere il progresso: la realtà climatica è la miglior dimostrazione che il progresso umano non coincide con la creazione di ricchezza economica.
C’è davvero da riflettere: per gli Enti locali –tanto si può fare anche localmente per abbattere le emissioni-, per i governi nazionali e per le istituzioni sovranazionali. E per la politica e i partiti. I laburisti australiani hanno vinto le elezioni mettendo al centro della campagna questo tema. Vuol dire che gli uomini sono sempre più disponibili a compiere oggi sacrifici necessari per preservare le condizioni del futuro dell’umanità, a essere solidali e responsabili verso i loro figli e nipoti. E che “la sfida contro il tempo” si può vincere ancora.

Giorgio Pagano, Presidente Anci Liguria

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