Presentazione di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Martedì 30 aprile aprile ore 17 a Tellaro, ex Oratorio ‘n Selàa
26 Aprile 2024 – 08:45

Presentazione di“Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista”di Dino GrassiMartedì 30 aprile ore 17Tellaro – ex Oratorio ‘n Selàa.
All’incontro interverrà Giorgio Pagano, curatore dell’opera e autore di una postfazione e di …

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Crisi energetica, le rinnovabili sono la soluzione

a cura di in data 8 Marzo 2022 – 22:21

Il Secolo XIX nazionale, 27 gennaio 2022 –

“La strada è una sola: è spingendo sulle rinnovabili che l’Italia può ridurre il rischio di esposizione alle crisi energetiche dovute a dinamiche geopolitiche internazionali”: nella sua intervista al “Secolo XIX” Gianni Vittorio Armani, amministratore delegato di Iren, è stato molto netto. Le utility la pensano allo stesso modo, a partire dalla maggiore, Enel. In un’intervista a “Repubblica” l’amministratore delegato Starace ha detto: “Il caro gas finirà, poi tornerà, poi ricomincerà. Il gas è il fratello minore del petrolio e ha i suoi stessi geni, è volatile da sempre… dobbiamo orientarci sempre più sulle rinnovabili”. Perché sono le più moderne, le meno care, le più adatte a contrastare il cambiamento climatico. Servono certamente provvedimenti d’urgenza per ridurre l’impatto del caro gas, ma non bastano: è il momento di aprire un confronto sulle strategie per il futuro, e di scegliere.
La risposta non sta nei nuovi reattori nucleari di quarta generazione, oggi a uno stadio solo sperimentale, né nello sfruttamento di tutto il gas nei mari italiani, che si esaurirebbe in quindici mesi, ma nelle rinnovabili. La transizione durerà almeno due decenni: per affrontarla occorre una politica europea che assicuri l’approvvigionamento di gas mentre il suo consumo si riduce grazie alle rinnovabili e all’efficienza energetica. Ma il punto di fondo è partire davvero con le rinnovabili, decuplicando, in Italia, la nuova potenza rinnovabile installata annua. Il governo deve fare molto di più per accelerare e per semplificare: sia per i grandi impianti, sia per gli impianti di autoproduzione del solare fotovoltaico dal basso con il modello delle comunità energetiche. Così come deve ridurre i sussidi per le fonti fossili -stimati dal ministero della Transizione ecologica in 17,7 miliardi di euro in un anno, il doppio secondo Legambiente-, una misura che sarebbe decisiva per il contrasto al caro bollette; e deve opporsi alla proposta della Commissione europea che, contraddicendo il suo Green Deal, ha incluso nella “tassonomia”, indicandole come fonti “verdi” e dunque autorizzate a beneficiare degli aiuti pubblici previsti, il gas e il nucleare.
L’Italia può diventare un laboratorio di innovazione. Perché ha il sole e il vento, perché ha le tecnologie avanzate in alcune piccole e grandi imprese -Enel, ha scritto l’economista Alessandro Penati, potrebbe trasformarsi in “Google del Green Deal”- e perché ha una millenaria struttura territoriale, caratterizzata da un insediamento minuto e policentrico di piccoli centri urbani e di antichi borghi che potrebbero diventare anch’essi protagonisti della “conversione ecologica”: qualcosa del genere si faceva già a inizio Novecento, quando gruppi di famiglie di molti paesi creavano piccole centrali idroelettriche.
La Liguria ha tutto per essere parte integrante di questo laboratorio, nonostante le contraddizioni di Enel, che pretende di costruire alla Spezia una nuova centrale a turbogas. Per far ciò la Regione deve redigere, in modo partecipato, il Piano Energetico e Ambientale Regionale (PEAR), scaduto nel 2020, e indicare in esso una rotta chiara. Nel campo dell’efficientamento energetico degli edifici la Regione dovrebbe affiancare lo Stato con propri incentivi, eventualmente recuperabili dal risparmio economico che le famiglie avranno dalla riduzione dei consumi. In quello della mobilità dovrebbe incentivare il trasporto pubblico non inquinante e quello ferroviario per le merci. Ancora: andrebbe ripensata la pianificazione dei centri urbani, per passare dalla “città delle distanze” alla “città del quarto d’ora”, una città multicentrica, in cui i servizi essenziali e tutto ciò che serve nei diversi quartieri sia raggiungibile in non più di un quarto d’ora, a piedi o in bici. Infine: in campo energetico andrebbero sviluppati l’idroelettrico e, grazie agli incentivi e all’eliminazione degli impedimenti burocratici, il fotovoltaico e l’eolico. In particolare, il fotovoltaico ha grandi potenzialità, senza occupare suolo verde o agricolo, ma utilizzando le coperture esistenti: in Liguria abbiamo 67 km2 di tetti. Ci sono tutte le condizioni per un PEAR che non preveda nuove centrali con fonti fossili e tantomeno impianti nucleari e sia in piena sintonia con il Green Deal europeo.

Giorgio Pagano

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