Un arcobaleno di città per dire: “Fermiamo le guerre, il tempo della Pace è ora”, Sabato 26 ottobre in 7 piazze italiane la Giornata di mobilitazione nazionale per la Pace
18 Ottobre 2024 – 15:41

Un arcobaleno di città per dire:
“Fermiamo le guerre,
il tempo della Pace è ora”
Sabato 26 ottobre in 7 piazze italiane la Giornata di mobilitazione nazionale per la Pace
LA SPEZIA PARTECIPA ALLA
MANIFESTAZIONE DI FIRENZE
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“Giornata europea della pace contro la militarizzazione UE”. La Spezia 9 maggio 2023 – Intervento di Giorgio Pagano

a cura di in data 5 Novembre 2023 – 13:17

“Giornata europea della pace contro la militarizzazione UE”
La Spezia, 9 maggio 2023 al centro anziani di Piazza Brin
Intervento di Giorgio Pagano

La giornata di oggi fa parte dell’iniziativa “Finanzia la pace non la guerra. Campagna globale sulle spese militari 13 aprile – 10 maggio”.
La spesa militare mondiale ha raggiunto nel 2022 la somma record di 2.240 miliardi di dollari complessivi, che corrisponde a una crescita del 3.7% in termini reali rispetto all’anno precedente. Lo evidenziano le stime diffuse dal SIPRI di Stoccolma. In cifre si tratta di un aumento di ben 127 miliardi in un anno, che supera di gran lunga i 100 miliardi annui che sarebbero necessari a mitigare gli effetti negativi del cambiamento climatico, ma che gli Stati del mondo non riescono a destinare a tale scopo, per scelte politiche miopi.
Ma potremmo parlare di altre indispensabili politiche pubbliche: per la sanità, per la scuola, per l’occupazione e il lavoro…
In realtà siamo passati dal welfare state al “warfare state” (come aveva intuito James ‘O Connor già cinquant’anni fa): un’economia di guerra, una nuova borghesia.
Secondo i dati SIPRI la spesa militare statunitense è aumentata dello 0,7%, raggiungendo gli 877 miliardi di dollari: gli Stati Uniti restano di gran lunga al vertice della classifica, con il 39% della spesa militare globale (3 volte maggiore del Paese al secondo posto, la Cina). Pechino ha aumentato la propria spesa militare per il 28° anno consecutivo (+4,2% a 292 miliardi di dollari) raggiungendo il 13% della quota globale. A causa del conflitto sul territorio ucraino iniziato con l’invasione decisa da Putin si stima che la spesa militare della Russia sia cresciuta del 9,2% nell’ultimo anno, raggiungendo gli 86,4 miliardi di dollari (terzo Stato al mondo). L’Ucraina è entrata per la prima volta nella top 15 (all’11° posto) a causa di un enorme aumento del 640% della propria spesa militare.
Nel 2022 la spesa militare europea è aumentata del 13%, il più grande incremento annuale nella regione nel periodo successivo alla guerra fredda. La spesa totale di tutti i 30 membri della NATO ammonta a 1.232 miliardi di dollari nel 2022, pari al 55% della spesa complessiva.

Il 9 maggio celebra inoltre la Giornata europea della Pace, in occasione dell’anniversario del 9 maggio 1950 (quando il ministro degli esteri francese Robert Schuman tenne il discorso che diede inizio al processo di integrazione europea).
Come si sta preparando l’Unione Europea alle sfide che ci attendono? Come affronterà le crisi climatiche, economiche e sociali che stiamo affrontando? Quali passi sta facendo per affrontare le cause di fondo di queste crisi?
Le risposte a queste domande sono molto inquietanti.
L’UE e i suoi Stati membri hanno fatto passi significativi negli ultimi anni per deviare l’attenzione e le risorse da priorità civili a priorità militari. Solo un paio di anni fa gli avvertimenti sull’influenza di un complesso militare-industriale dell’UE sembravano inverosimili: oggi invece si stanno rivelando una realtà, di cui l’Unione Europea è sempre più orgogliosa.
Anche se le idee e posizioni che puntano a una militarizzazione dell’UE sono presenti da tempo nel dibattito politico, si può ritenere che abbiano guadagnato uno slancio significativo a partire dal 2016 con il referendum sulla Brexit. In pochi anni gli Stati membri e le istituzioni comunitarie – e con una forte azione di lobby da parte delle industrie europee delle armi e della sicurezza – hanno fatto avanzare il percorso di militarizzazione dell’UE a un ritmo preoccupante. L’istituzione della Cooperazione Strutturata Permanente (PESCO) e la Coordinated Annual Review on Defence (CARD) così come l’introduzione del Fondo Europeo per la Difesa (European Defence Fund EDF) hanno aperto la strada a uno spostamento verso priorità militari di tutto il sistema complessivo dell’UE, a scapito della cooperazione degli Stati membri sulle questioni sociali e sulla pace.
Lo sviluppo di capacità militari congiunte è stato incoraggiato e sono stati presi impegni per aumentare la spesa militare sulla base dell’idea che il progetto europeo sia in qualche modo minacciato e che una “Europa più forte” sia necessaria sulla scena globale. Nello stesso tempo un’ulteriore integrazione sociale ed economica dell’Unione viene rifiutata e/o bloccata dagli Stati membri.
Ciò che è certo è che le industrie europee delle armi e della sicurezza traggono (e trarranno) profitto direttamente dal denaro dei contribuenti europei e dagli impegni annunciati in tutta l’Unione di aumento della spesa militare. Ma non è affatto certo, anzi, che la costruzione di un complesso militare-industriale europeo possa avere come risultato un rafforzamento dei legami tra gli Stati membri. Dov’è oggi l’Europa? E’ un Europa – fortezza, come emerge dall’esame della questione migrazioni.

Nel giorno della sua festa l’Europa celebra il suo suicidio: aiutare le imprese della difesa UE ad aumentare la produzione di munizioni e missili, con fondi UE e degli Stati membri, incluso il Pnrr. L’economia di resilienza trasformata in economia di guerra: una inversione a U. USA e NATO chiedono, l’UE risponde.

Sulla pace non c’è affatto un ragionamento strategico europeo.
Biden vuole la guerra prolungata, senza veri vincitori, in Ucraina per separare UE e Russia. E’ una strategia.
Una guerra prolungata non conviene all’Europa.
Ma siamo agli ordini di USA e NATO.
E’ possibile essere insieme sovranisti e atlantisti, agli ordini degli USA: Regno Unito, Polonia, Italia…
Ma non è possibile essere insieme sovranisti ed europeisti, tenere i piedi in due staffe.
Un’Italia supinamente filoamericana costituisce un pericoloso fattore di disgregazione del progetto europeo, non certo un velleitario tramite di connessione tra atlantismo ed europeismo.
Far coincidere queste due appartenenze sarà sempre più arduo.

La questione di fondo è il multilateralismo. L’unipolarismo-suprematismo USA ha portato e porta al disordine. Siamo già al multilateralismo, o almeno ai suoi albori. Due terzi dell’umanità sono contro la guerra: Asia, Africa, America Latina… C’è un sentimento diffuso nel mondo di antipatia verso l’unipolarismo occidentale. Varie aree del mondo possono saldarsi. Pensiamo all’accordo Arabia Saudita – Iran. Al ruolo che sta giocando l’Africa. Pensiamo ai Brics. E soprattutto al ruolo della Cina. Come dimostra la sua posizione differenziata dalla Russia sulla guerra in Ucraina, la Cina non intende cadere nella trappola occidentale della costituzione di un blocco ostile. Ha cioè un’impostazione multilaterale.
La casa comune del mondo rimanga l’ONU: meglio riattivare il multilateralismo, che garantisce le regole per evitare i conflitti.
L’Europa deve esercitare un ruolo: ma tornando al sogno dei padri fondatori. E poi di Gorbaciov, l’altro grande visionario del Novecento, dopo Spinelli. E’ la subalternità agli Stati Uniti che impedisce all’Europa di esercitare questo ruolo. Eppure il multilateralismo, il policentrismo era la cultura politica dell’Europa.

Concludo sul ruolo dei cittadini pacifisti.
Il discorso pubblico è oggi permeato dall’immagine positiva della guerra. Per la prima volta dalla fine del conflitto mondiale il riferimento dominante non è quello della pace. L’unico linguaggio possibile è quello delle armi. Bisogna invece dare valore a una storia, quella del movimento pacifista.
Oggi si dice: prima devono vincere le armi, poi si imporranno le condizioni di pace allo sconfitto. Esattamente come a Versailles nel 1918. Si ricade nella trappola. La guerra perpetua, non la pace perpetua.
Mi viene in mente la Siria: 400 mila morti e 6 milioni di esuli. Senza nessun nostro coinvolgimento.
E poi mi vengono in mente le manifestazioni di fine 2003, contro la guerra in Iraq… C’era ancora forte la coscienza dell’orrore della guerra, maturata da più di una generazione che sapeva capire il valore della pace. Poi c’è stata un’assuefazione al conflitto.
Si è riabilitata la guerra. Sembrava che la guerra fosse diventata tecnologica, molto meno sporca. Ma l’Ucraina ci dimostra che non è così. E’ sempre la guerra di una volta. Dobbiamo riacquistare con urgenza il senso della pace.

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