Presentazione alla Spezia di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Venerdì 5 aprile ore 17 alla Biblioteca Civica Arzelà di Ponzano Magra
28 Marzo 2024 – 08:58

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Se aumenta in Liguria lo spread della povertà

a cura di in data 30 Luglio 2012 – 10:37

La Repubblica – Il Lavoro – 30 Luglio 2012 – La nota annuale dell’Istat sulla povertà rivela che lo spread che deve preoccuparci di più, quello sociale, aumenta in modo drammatico, anche in Liguria. L’11,1% delle famiglie è relativamente povero (ha cioè una spesa mensile al di sotto del 50% della spesa media della popolazione), mentre il 5,2% lo è in termini assoluti (non può permettersi neppure il minimo indispensabile). La povertà relativa è così suddivisa: 4,9% al Nord, 6,4% al Centro, 24,7% al Sud. La Liguria ha uno dei dati più alti del Nord: 6,2%. Il peggioramento riguarda le famiglie in cui non vi sono redditi da lavoro ma anche i cosiddetti “working poor”, in grande prevalenza operai. Coloro che qualcuno aveva avuto la faccia tosta di definire “privilegiati” sono in buona parte, il 15,4%, poveri. Si tratta di record negativi che non si registrano in alcun Paese europeo, eccetto la Grecia. E’ il risultato di vent’anni di crescita zero e di aumento delle diseguaglianze, accelerato dalle politiche di rigore senza equità e stimoli allo sviluppo. Vuol dire che c’è un mondo che ha dato tutto, e che non può più dare altro. E verso il quale tagli ulteriori, oltre che crudeli, sono impraticabili.

Ma la spending review del Governo Monti non si accorge dello spread sociale. Per dirla con il Presidente della Regione Burlando: “Questa si chiama “cut”, taglio. E la cosa peggiore è che non distingue tra Regioni virtuose come la nostra e le altre”. Per la Liguria si prevede un taglio alla sanità di 22 miliardi da qui al 2014, e poi ci sono i colpi al fondo per la non autosufficienza, al trasporto pubblico locale… In un contesto in cui la Regione Liguria ha già ridotto le sue spese del 27% dal 2009 al 2011. Né i Comuni se la passano meglio: quello di Genova ha già avuto un taglio di 103 milioni nel 2012, la spending review ne aggiunge altri 10. In questo modo il welfare diventa sempre più residuale e si privatizza: è il modello americano, caratterizzato dal crescente predominio del mercato. Che non è per niente più efficiente, come dimostra il fatto che i democratici americani sognano proprio quel modello europeo che la tecnocrazia dell’asse Francoforte-Bruxelles, alleata alle destre liberiste, sta erodendo sotto la maschera delle “riforme di struttura”.
Regioni, Anci, sindacati e terzo settore sono mobilitati per lenire le misure. Quel che serve è un nuovo paradigma, che rovesci i valori e i programmi di uno statalismo liberista che impone dal centro tagli più o meno lineari alle autonomie locali, nell’illusione che si possa in questo modo risanare i conti e favorire la crescita. La verità è che con quella che Giuseppe De Rita ha chiamato la “desertificazione orizzontale del sistema”, cioè l’eutanasia delle politiche pubbliche nei territori, non si va da nessun parte. Anche perché la fine del federalismo all’italiana e il declino del territorio come base del governo e della rappresentanza si stanno consumando, nota Ilvo Diamanti, “senza che emergano altre soluzioni, senza che lo Stato e la politica nazionale abbiano assunto maggiore autorevolezza. Al contrario”. Si continuerà quindi a colpire i più deboli e a deprimere ulteriormente la domanda: con quali effetti sull’economia ce lo comunicheranno nei mesi seguenti, invocando qualche altra manovra decisiva.
Bisognerebbe che il Pd entrasse nelle aule parlamentari con la schiena dritta per ottenere mutamenti radicali. Non è solo il futuro governo che deve andare oltre il montismo: l’alternativa si costruisce lottando “qui ed ora”. Magari proponendo una patrimoniale, tornando sopra ai capitali scudati, rinunciando a qualche F35. E rivoluzionando davvero il settore pubblico non con tagli alla cieca ma con interventi puntuali e razionali che ne correggano le disfunzioni e rendano ogni sua azione più efficiente perché valutata.

Giorgio Pagano

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