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Il turismo a metà del guado, bisogna allargare gli orizzonti

a cura di in data 24 Maggio 2014 – 23:57

La Repubblica- Il Lavoro, 24 maggio 2014 – Nel 2013 il turismo ligure ha tenuto, spiegano i dati di Unioncamere: crescono gli arrivi ma diminuiscono le presenze, così come i consumi. Va meglio con gli stranieri che con gli italiani. Salgono il turismo spezzino e quello delle città, mentre cala il ponente. Ma non c’è l’inversione di tendenza rispetto alla crisi che ci ha portato a perdere un milione di turisti dal 2000 a oggi. Non c’è dubbio: senza un grande cambiamento non usciremo dalla crisi. Il problema è più generale, riguarda l’Italia. Nel 1950 un turista straniero su 5 sceglieva lo Stivale, oggi lo fa solo uno su 23. Eravamo al primo posto nelle mete mondiali, ora siamo solo al quinto, e stiamo perdendo anche questa posizione. L’apporto del turismo è di 63,9 miliardi, appena il 4% del Pil nazionale, una quota bassissima. Bisognerebbe arrivare al 20%: ma il turismo dovrebbe essere un tema dominante. Invece è assolutamente trascurato, manca una programmazione generale, un progetto organico, non c’è chiarezza sul ruolo dello Stato, delle Regioni e degli altri enti, né sul rapporto pubblico-privato. La capacità attrattiva è scarsa perché non c’è un “sistema integrato” per il nuovo turista, che è un viaggiatore “attivo” alla ricerca della qualità. Il turismo è il campo del “fai da te”, in cui ognuno addossa le colpe all’altro. Ma continuando così come potremo attrarre gli oltre 100 milioni di nuovi turisti che si affacceranno sul mercato internazionale nei prossimi 2-3 anni?

In attesa di una svolta nazionale, la Liguria non deve rimanere ferma. Il recente rapporto Cescot, basato su interviste agli operatori, ci mette di fronte alla contraddizione tra la “consapevolezza della necessità di fare sistema” e la “carenza di adesione alle aggregazioni”, dovuta sia alla “poca propensione dei privati” che al “mancato ruolo del pubblico”, a cui si richiede una “maggiore/migliore programmazione/pianificazione delle iniziative”. La richiesta del rapporto è una “governance organica del sistema turistico regionale”, che integri pubblico e privato e azioni di promozione e di commercializzazione.

Diagnosi e proposta sono giuste. Non abbiamo un’organizzazione turistica: i diversi soggetti pubblici e privati non fanno un sistema. Serve una rivoluzione copernicana: il motore del turismo sono gli operatori privati, il regolatore sono le istituzioni pubbliche; insieme devono programmare, per dotarsi di una strategia capace di penetrare nei mercati. Gli operatori devono arricchire il prodotto: se le imprese sono piccole, come in Liguria, bisogna costruire i cluster, le reti; il pubblico deve favorire questo processo, incentivando gli investimenti, migliorando la formazione, semplificando le procedure. Per attrarre la nuova domanda internazionale occorre agire su più fattori, che riguardano anche il pubblico: non basta la qualità delle camere, bisogna agire anche su sistema fognario, sanità, parchi pubblici, offerta culturale e sportiva. E valorizzare, anziché disperdere, l’identità paesaggistica e culturale dei luoghi. La nuova stagione dei fondi europei deve servire a questo, sia per gli operatori che per le istituzioni.

L’architrave di tutto è un nuovo patto tra pubblico e privato per fare promozione e commercializzazione e attrarre i nuovi viaggiatori “attivi” del mondo globale. I Sistemi Turistici Locali dovevano servire a questo: a Spezia lavorano bene, altrove in Liguria nemmeno esistono. Le soluzioni di governance possono essere tante, dalle Agenzie di cui parla l’assessore Berlangieri fino ai “distretti turistici” previsti dalla normativa nazionale. Bisogna discutere e decidere. L’importante è non tornare alle vecchie APT. Servono strumenti di area vasta, non di territori ristretti, coordinati a livello regionale, che riscrivano il patto tra pubblico e privato, con chiari impegni per ciascuno. Expo 2015 sarà il primo appuntamento chiave.

Giorgio Pagano

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