Per un golfo di pace, lavoro e sostenibilità “Riflettiamo sul progetto Basi Blu” – Sabato 13 aprile ore 17 alla Sala conferenze di Tele Liguria Sud
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L’Arsenale immobile

a cura di in data 21 Giugno 2012 – 09:16

La Nazione – 20 Giugno 2012 – La scelta dell’economia della varietà -cioè di un modello di sviluppo basato sulle tre vocazioni industriale, portuale e turistico-terziaria- ha davanti molti problemi, ma non c’è dubbio che il principale riguarda l’industria e il futuro della fabbrica una volta più importante: l’Arsenale. Cento ettari che sono il cuore della città, e che oggi non sembrano avere alcuna prospettiva. I lavoratori diminuiscono sempre più (sono 820), hanno un’età media di oltre 50 anni e non trasmettono più saperi e abilità ai giovani. Erano stati annunciati concorsi per 95 assunzioni in tre anni, 30 nel 2012: ma nulla si muove. L’ultimo dei tanti studi, quello del Cramm, Comitato per la riconversione degli Arsenali, risale al 2009: prevedeva la permanenza dell’Arsenale spezzino, sia pure a ranghi ridotti. Il Sindaco lo definì “un colpo di grazia”. I fatti gli stanno dando ragione: oggi arrivano poche navi, ma se ne venissero di più gli arsenalotti non sarebbero in grado di occuparsene. Il quadro si profila ancor più fosco dopo la presentazione, lo scorso aprile, del disegno di legge del Governo per la revisione dello strumento militare nazionale: entro il 2024 il personale militare diminuirà dalle attuali 183.000 unità a 150.000, quello civile da30.000 a20.000. I militari potranno transitare nell’area civile, per cui è prevedibile che i civili diminuiscano ancora. Le ripercussioni saranno drammatiche anche nella nostra base navale, dove operano 2.400 civili e 9.000 militari.

C’è poi il piano Brin, che riguarda l’ammodernamento delle infrastrutture arsenalizie: 69 milioni per una razionalizzazione interna  che sposti tutte le officine vicino ai piccoli bacini, in modo tale da liberare aree per l’ex Mariperman e le strutture di viale San Bartolomeo e per Fincantieri e Intermarine, che da tempo chiedono di entrare. A parte il fatto che in questo modo non si darebbe risposta  alla richiesta della città di poter sviluppare nautica e turismo nelle aree di Ponente e di far riavere a Marola il mare perduto, va detto che il piano è attuato solo al 25%, con appena 14 milioni spesi. I lavori avrebbero dovuto terminare nel 2015, ma si andrà molto più in là.

Insomma, assistiamo alla morte lenta di una fabbrica. A cui si accompagna il blocco di ogni processo per liberare  aree a vantaggio di altre vocazioni. Qualcosa, da questo punto di vista, si è mosso per le aree esterne all’Arsenale. Molti beni sono stati individuati per essere affidati in concessione o venduti: l’aeroporto di Cadimare, la caserma Duca degli Abruzzi, l’ex Mariperman, l’area ex Mardichi di via XV Giugno e altro ancora. Ma tutto è fermo, perché le procedure sono complesse e incerte, i Comuni non hanno soldi, e il contesto del mercato immobiliare privato è estremamente difficile.

Sia il Comune che la Marina sono in un’impasse. Una situazione di difficoltà che deve diventare per entrambi occasione di dialogo e di  nuovo pensiero strategico.

Giorgio Pagano

Presidente dell’Associazione Culturale Mediterraneo

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