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Exodus la memoria e l’apporto della comunità operaia del Levante

a cura di in data 21 Maggio 2019 – 10:08

La Nazione, 15 maggio 2019 – Nell’anniversario di Exodus è utile che ci si soffermi -lo ha fatto Marco Ferrari su “La Nazione” del 7 maggio- su come fu “riscoperta” questa pagina così bella della nostra storia. E’ giusto ricordare il ruolo di Marco, insieme al mio da Assessore e poi da Sindaco, ma non credo si possa parlare di “storia riscoperta per caso”, di cui nulla prima si sapeva. In realtà il nostro sforzo di “riscoperta” si incontrò con la memoria popolare del Levante cittadino.
I racconti dei proletari di Fossamastra, Pagliari, Canaletto, Pitelli, che ospitarono e protessero gli ebrei in fuga, avevano tenuto vivo Exodus per tutto il dopoguerra. Fu quella comunità operaia, stretta tra la filanda, le fabbriche e i cantieri, animata da un forte senso di solidarietà, a tramandare attraverso la “storia popolare” una vicenda epica. Nelle sezioni e nelle parrocchie, nei consigli di fabbrica e nei circoli, Exodus non smise mai di vivere.
Il primo a parlarmene fu probabilmente un operaio di Fossamastra, Giulio Negroni. Nel 1990 Giulio scrisse il libro “Il borgo di Fossamastra”, che ebbe uno straordinario successo nel Levante, e non solo. Il libro dedicava ad Exodus pagine molto belle: l’iniziale timore degli ex partigiani, i racconti degli ebrei sui campi di sterminio, il superamento della diffidenza degli abitanti di Fossamastra e Pagliari, che ospitarono i profughi nelle loro case (alcuni dormirono nei balconi) e raccolsero viveri per sfamarli.
Per più di un mese Giulio e la moglie Dina ospitarono tre ebrei, tra cui un rabbino. Leggiamo queste righe: “Questo gesto di spontaneo aiuto mi venne dettato dal ricordo che mi portavo dentro, cioè ricordai quando ci fu il dramma dell’Esercito italiano l’8 settembre 1943; io mi trovavo militare in terra straniera, a Sussak in Jugoslavia, dove trovai grande aiuto da parte della gente del luogo, mi dettero da mangiare e mi ospitarono salvandomi così dalla sicura prigionia che avrei dovuto scontare in Germania”. Erano tempi terribili, ma l’immedesimarsi nella sofferenza dell’altro sconfiggeva ogni chiusura.

Nel libro ci sono molte altre cose: la lettera di ringraziamento da parte dell’ ebreo Arie, che arrivò per posta a Giulio e a Dina insieme a un pacco contenente latte per il bambino che lei aveva in grembo; il ricordo della partita di calcio tra gli ebrei e la squadra del Limone, a cui assistette un’infinità di persone; la grande festa sul molo Pagliari due giorni prima della partenza, con i canti accompagnati dalla fisarmonica fino a notte, e il pane “azzimo” offerto dagli ebrei… E anche il racconto del viaggio della nave “Fenice” ad Haifa, attraverso le parole dello spezzino Bruno Ravasio, che in quella nave era primo motorista.
Fu anche grazie al libro che di Exodus si cominciò a parlare sempre più ampiamente, e si fecero iniziative che organizzammo -quando ero Assessore, tra 1994 e 1997- insieme alla Circoscrizione e alla Scuola di via della Torre. Giulio Negroni c’era, e con lui tanti altri testimoni.
Poi, grazie soprattutto a Marco Ferrari, con l’aiuto decisivo di Adolfo Aharon Croccolo, sapemmo dare il giusto valore nazionale e internazionale a quella vicenda, fino ad ottenere la Medaglia d’oro. Ma il merito fu anche, in non piccola parte, della comunità operaia del Levante, che ci aveva insegnato che bisogna stare sempre dalla parte degli uomini senza passato e senza futuro. E che mai aveva dimenticato.

Giorgio Pagano
cooperante, già Sindaco della Spezia

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