Presentazione alla Spezia di “Io sono un operaio. Memoria di un maestro d’ascia diventato sindacalista” di Dino Grassi – Venerdì 5 aprile ore 17 alla Biblioteca Civica Arzelà di Ponzano Magra
28 Marzo 2024 – 08:58

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Energie alternative, l’Italia deve crederci

a cura di in data 8 Aprile 2008 – 10:34

Il Secolo XIX8 aprile 2008 – L’approvazione del decreto legge sulle centrali elettriche a energia solare apre una pagina nuova nel campo dello sviluppo delle energie alternative. Ora anche i grandi impianti potranno usufruire delle tariffe incentivate finora riservate ai pannelli solari installati nelle abitazioni, e ciò stimolerà investimenti consistenti da parte dei grandi operatori elettrici.
Pierfranco Pellizzetti ha ragione quando scrive sul Secolo XIX che la campagna elettorale trascura la questione energetica, ma è pur vero che le energie alternative sono entrate, come dimostra il decreto, nelle azioni del governo e, anche se se ne parla troppo poco, nei programmi elettorali. Sia il Pd che la Sinistra l’Arcobaleno che il Pdl propongono misure per incrementarne la produzione e l’uso. I punti di vista dei partiti sono radicalmente diversi sul nucleare, ma sulle energie alternative c’è, sulla carta, una certa intesa. Questo orientamento comune, sia pure molto tardivo, è ben spiegabile con due motivazioni.
La prima si riferisce alla necessità di diminuire le emissioni di gas serra e di raggiungere almeno gli obbiettivi di Kyoto. L’Unione europea prevede “ un’economia energeticamente efficiente e a basso livello di anidride carbonica, in grado di catalizzare una nuova rivoluzione industriale” e ha proposto obbiettivi al 2020 di riduzione delle emissioni. Germania e Gran Bretagna hanno preso impegni ancora più ambiziosi: in Germania si è già creata un’industria delle rinnovabili con 235.000 lavoratori. E ora arrivano finalmente misure importanti anche dal Governo italiano.
La seconda motivazione deriva dal mercato: aumentano i prezzi dell’energia -petrolio ma anche carbone- e ciò spinge allo sviluppo delle fonti rinnovabili. Quando il prezzo del barile raggiunge i 110 dollari con una prospettiva di permanenza a quei livelli diventa conveniente investire nelle energie alternative. Bisogna anche tener conto che il petrolio si esaurirà (le previsioni parlano,in media,di 40-70 anni). Se consideriamo che l’oro nero copre il 40% del fabbisogno mondiale di energia,seguito dal carbone e dal gas naturale, rispettivamente al 27 e al 23% (ciò significa che il 90% della domanda energetica globale è coperta da fonti esauribili), ci rendiamo conto che il nostro futuro si basa sulla ricerca delle fonti alternative. Senza entrare nel merito della discussione sul nucleare, ricordo, comunque, che entro 35-40 anni scarseggerà anche l’uranio.
Ecco perché sarei più ottimista di Pellizzetti, che scrive di un ruolo marginale delle energie alternative. Ci sono le condizioni perché ciò non accada, ma occorre uscire da un certo ideologismo e approvare un Piano energetico-climatico nazionale che,nell’ambito del Piano d’azione dell’Unione europea, fissi obbiettivi cogenti, assegni impegni a Regioni e Comuni, investa risorse per la ricerca, incentivi investimenti privati, ecc. Dovrà essere, questo, uno dei compiti primari del nuovo Parlamento e del nuovo Governo.
Il Piano nazionale dovrà basarsi su tutte le opzioni alternative: innanzitutto il sole e la sua energia infinita (solare fotovoltaico, termico e termodinamico); le biomasse; i rifiuti urbani, che in Italia bisogna smettere di considerare solo un problema e non anche una risorsa energetica; l’etanolo, l’alcool di origine agricola da cui ricavare benzina verde; e l’eolico, che da noi va utilizzato con parsimonia -mi riferisco anche al dibattito in corso a Genova- per non alterare il paesaggio di uno dei Paesi più belli del mondo, sia lungo le coste che nelle campagne.
In tanti, in Europa, parlano dell’”economia di guerra al riscaldamento terrestre” come del nuovo traino dell’economia mondiale. Certo è che bisogna tener bene a mente le lezioni della storia: la Gran Bretagna divenne la potenza leader mondiale dell’Ottocento perché per prima sfruttò le proprie risorse di carbone per i motori a vapore; a loro volta, nel Novecento gli Stati Uniti la surclassarono grazie allo sfruttamento dei propri giacimenti di petrolio per i motori a combustione interna. L’effetto moltiplicatore di entrambe le rivoluzioni energetiche è stato straordinario. Ecco perché serve  un’Europa davvero determinata a guidare il mondo nella terza grande rivoluzione energetica dell’era moderna e a combinare sviluppo sostenibile e nuove opportunità economiche. E serve un’Italia che voglia fare la propria parte.
Giorgio Pagano
Già sindaco della Spezia, si occupa di cooperazione internazionale allo sviluppo nell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e di politiche urbane nella Recs (Rete città strategiche)

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