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Così gli enti locali possono aiutare l’Africa

a cura di in data 10 Novembre 2009 – 10:21

Il  Secolo  XIX – 10  novembre  2009 – A Stoccolma, il 22-24 ottobre, sì è tenuta la quarta edizione delle Giornate Europee per lo Sviluppo, una sede molto importante di discussione sulla cooperazione allo sviluppo, le sfide globali e il ruolo dell’Unione Europea: 4000 partecipanti, 1500 associazioni provenienti da 125 Paesi, oltre 100 relatori: nessuno di questi era italiano. Assenze che pesano come una montagna: sembra quasi, a volte, che a noi questi temi non interessino e che agli altri non importi di noi. Del resto le promesse mancate di Silvio Berlusconi in materia di aiuti ai Paesi in via di sviluppo non si contano più e l’Italia ha perso ogni credibilità: l’Ocse rileva impietosamente la scarsità di risorse stanziate, mentre Bono Vox e Bob Geldof  di “One” chiamano il nostro Presidente del Consiglio “Mr. Tre per Cento”, con riferimento alla percentuale devoluta rispetto agli impegni solennemente presi per l’Africa.
Eppure non è vero che l’Italia, nel suo complesso, non faccia nulla. Tante iniziative vedono protagonisti gli Enti locali, oltre alle Ong. Lo ha dimostrato la seconda Conferenza delle Autorità regionali e locali africane ed europee, tenutasi a Firenze il 6-7 novembre per iniziativa della Regione Toscana e delle Nazioni Unite. La prima Conferenza si tenne nel 2004, ed ebbe il merito di intuire che il decentramento amministrativo è uno strumento chiave per lo sviluppo locale, il buon governo e la partecipazione democratica in Africa. Nel 2005 fu costituito un osservatorio permanente di amministratori africani ed europei, attraverso il progetto “Euro African Partnership”, a cui dal 2007 partecipa l’Anci: abbiamo lavorato per sostenere il processo di autogoverno e autonomia locale in Africa, tramite il partenariato tra Autorità locali e regionali europee ed africane, gli scambi di esperienze, la formazione del personale dei nascenti Enti locali africani (in quest’ultimo campo anche i Comuni di Genova e della Spezia hanno dato un importante contributo). E perché il tema del decentramento cominciasse a trovare un posto sempre più importante nei documenti e nelle scelte delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea e dei governi nazionali.
La Conferenza dei giorni scorsi è stata l’occasione per verificare come il tema sia diventato davvero centrale nel dibattito e nell’iniziativa politica e istituzionale in Africa. Negli ultimi anni quasi tutti i Paesi hanno adottato riforme dell’organizzazione statale, trasferendo poteri alle istituzioni locali. E’ un processo ancora in corso di realizzazione, differenziato da Paese a Paese perché fortemente influenzato dalle tradizioni amministrative ereditate dai Paesi europei colonizzatori e intrecciato alle caratteristiche sociali e politiche di ogni realtà. E tuttavia c’è un dato comune: lo svolgimento di regolari elezioni amministrative e l’elezione diretta degli amministratori locali, che ha comportato la nascita di nuove relazioni democratiche sia verso l’alto, il governo centrale, sia verso il basso, cioè i cittadini e le associazioni della società civile. E’ migliorata la qualità dei servizi erogati, si è diffusa la partecipazione dei cittadini, è cresciuta l’economia locale.
A Firenze è emersa un’Africa lontana dai troppi stereotipi e pregiudizi diffusi da noi, che ci impediscono di vedere lo straordinario cambiamento in corso: un’Africa che, pur tra immense contraddizioni e limiti, si sta confrontando con questioni decisive per ogni area del mondo, come lo sviluppo territoriale, la valorizzazione delle risorse locali, la costruzione di istituzioni democratiche decentrate. Un processo niente affatto scontato in un continente in cui, negli anni dell’indipendenza, veniva coltivato il sogno di creare Stati fortemente accentrati.
Dal 2004 è stato fatto un grande cammino. Ora dobbiamo continuare a lavorare a fianco dei nuovi amministratori africani. In questi anni li abbiamo incontrati nelle loro città e villaggi, talvolta appena eletti, in Comuni costituiti da poco, ospitati in poche stanze, quasi senza strutture e personale, ma con tantissima voglia di fare e con la consapevolezza del valore storico e delle attese suscitate dalla scelta del decentramento. In queste occasioni, e poi a Firenze nei giorni scorsi, abbiamo capito che il processo non è semplice ma faticosissimo. In Italia, del resto, non ci abbiamo messo 22 anni, dopo la scelta costituzionale, a fare le Regioni? E ora il passo ulteriore, il federalismo, non è maledettamente complicato? Bisogna, anche in Africa, distinguere tra il  decentramento “cattivo”, che moltiplica i livelli di governo e la corruzione, e quello “buono”, che crea democrazia, buon governo e sviluppo locale, riduce le disuguaglianze sociali, previene e risolve i conflitti.
Un decentramento che è fondamentale per combattere la crisi alimentare ed economica che sta colpendo l’Africa. Il dato dell’ultimo rapporto della Fao -1,02 miliardi di “affamati”, 307 milioni in Africa- è la drammatica fotografia dell’aumento delle disuguaglianze e dell’inefficienza delle politiche di aiuto allo sviluppo. Rispetto all’anno scorso, in Africa, chi soffre per fame è il 12,5% in più. Le cause, come hanno spiegato a Firenze gli economisti, stanno nella produttività bassa dei contadini delle nazioni più povere, che accedono con difficoltà all’irrigazione, e nel cambiamento climatico.
Certo, di fronte a tutto questo servono la “grande cooperazione” dei governi nazionali e i relativi flussi di risorse finanziarie. Ma solo i livelli regionali e locali di governo possono garantirne la sostenibilità sociale e politica e l’efficacia.
Quindi non è vero che in Italia ci siamo dimenticati tutti dell’Africa. Per qualcuno non è così. Ora, come ha deciso la Conferenza, dobbiamo dare stabilità a questo impegno e renderlo il meno frammentato possibile. Ecco il senso della proposta di una fondazione, che veda partecipi Regioni, Province e Comuni africani e europei: un contenitore per scambiare esperienze, fare riflessione politica e culturale, trovare nuovi alleati nelle istituzioni internazionali e nei governi nazionali. L’auspicio è che la Regione Liguria e gli Enti locali liguri facciano la propria parte.

Giorgio Pagano
L’autore, già sindaco della Spezia, si occupa di cooperazione internazionale nell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e di politiche urbane nella Recs (Rete città strategiche).

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