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Va costruito un nuovo sentimento nazionale

a cura di in data 21 Marzo 2011 – 17:20

Il Secolo XIX – 21 marzo 2010 – Anche a Spezia il 150° anniversario dell’unità d’Italia è stata una vera festa popolare. In piazza c’erano le famiglie, le persone semplici di ogni idea politica. E’ emerso anche da noi quello che Gian Antonio Stella ha definito un “patriottismo mite e maturo”: quello espresso da Giorgio Napolitano, mille miglia lontano dalla retorica savoiarda e fascista, ma arricchito da una nuova fierezza costituzionale e repubblicana. Una visione, quella del Presidente della Repubblica, che vede nell’unificazione “un’impresa storica straordinaria” e “uno storico balzo in avanti per tutti gli italiani”, e ne coglie anche “problemi e debolezze”, sfociate in una crisi radicale risolta con la violenza dal fascismo, fino al “riscatto” reso possibile dalla Resistenza e dalla Costituzione. Questo giornale ha fatto bene, nei giorni scorsi, a uscire con una copia della Costituzione: perché prima di essa l’Italia non aveva un’unità vera, basata sulla democrazia e la libertà.
Dopo 150 anni l’unità è davvero acquisita. Ce lo spiega anche il sondaggio Demos: il 90% degli italiani considera in modo positivo la conquista dell’unità. Ed è significativo il valore attribuito a eventi e simboli unitari: l’inno di Mameli, il Risorgimento, la Resistenza, la Costituzione. Gli italiani guardano con ammirazione a Garibaldi (il più amato, come dimostra anche l’affetto degli spezzini per il monumento ai Giardini), Cavour e Mazzini, ma anche a De Gasperi e Togliatti, a Moro e Berlinguer. La storia nazionale, per molti italiani, è come se finisse con Tangentopoli: da lì inizia il declino, la frattura tra cittadini e politica. Si deve ripartire, per ridare dignità e visione del futuro alla politica, proprio dal “patriottismo mite e maturo” che ha visto in questi giorni il Presidente e un popolo di cittadini unire patria e Costituzione in un nuovo sentimento nazionale.
Spezia ne deve diventare città simbolo. Perché, come  scrive Gino Ragnetti, “è la città più italiana di tutte”, costruita nel suo nuovo volto da una popolazione proveniente da tutto il Paese. Perché allo Stato ha dato tanto, esercitando un ruolo economico nazionale che oggi va reinventato. E perché ha scritto pagine bellissime della Resistenza. Di una di queste ricorre in questi giorni l’anniversario: tra il 18 e il 19 marzo 1944 nove partigiani della brigata garibaldina Picelli, originari di Parma, Massa e Spezia e guidati dal calabrese Dante Castellucci (Facio), si trovavano nel rifugio Mariotti in riva al Lago Santo, nella montagna parmense. Furono circondati da  più di cento nazifascisti bene armati, ma si batterono fino alla loro ritirata. Uno dei nove, Giorgio Giuffredi, mi ha raccontato tante volte questo episodio leggendario, e l’epica che ne nacque nei villaggi che poi videro passare i nove eroi feriti. Due di essi,  Pietro Gnecchi e Pietro Zuccarelli, sono in vita. Nel 2007 si è costituito un Comitato per la Medaglia d’Oro ai combattenti del Lago Santo, presieduto da Nello Quartieri (Italiano), che fu comandante della Picelli. Lo Stato, per i suoi 150 anni, dovrebbe ricordarsi di loro. Nella lapide al rifugio è scritto: “Il grido di vittoria echeggiò per le convalli e insorse la Giovane Italia”. Sono le parole di Mazzini, e il nome di Garibaldi era quello di gran parte delle brigate.

lontanoevicino@gmail.com

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