Per un golfo di pace, lavoro e sostenibilità “Riflettiamo sul progetto Basi Blu” – Sabato 13 aprile ore 17 alla Sala conferenze di Tele Liguria Sud
10 Aprile 2024 – 20:59

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Territorio ricchezza contro la crisi

a cura di in data 25 Ottobre 2010 – 14:26

Il  Secolo  XIX – 25  ottobre 2010 – Scrivo da Terra Madre, l’”Incontro mondiale delle comunità del cibo” che riunisce ogni due anni, a Torino, gli attori della filiera agroalimentare di 150 Paesi: 5.000 contadini, pescatori, cuochi che condividono lo stesso interesse per modi di produzione rispettosi dell’ambiente, attenti alle risorse naturali, al cibo di qualità, alla conservazione della biodiversità e alla costruzione di economie locali sane e giuste.
E’ un’esperienza straordinaria: un pianeta dei mille sapori, una sfida al cibo globalizzato, un’occasione per incontrare migliaia di persone e per conoscere di più l’uno dell’altro. Un’esplosione di diversità che coinvolge, commuove, arricchisce umanamente e culturalmente. Anche politicamente: che cos’è la politica se non prendersi cura della vita delle persone e della natura? E’ la diversità la forza di questo evento: la diversità umana, delle culture, dei territori, dei prodotti. Dalle lingue e dalle culture indigene protagoniste nella giornata di apertura, quando i rappresentanti delle principali comunità hanno salutato gli ospiti con parole loro, mai codificate in un vocabolario, all’intervento del fondatore di Slow Food e di Terra Madre Carlin Petrini passando per tanti incontri e laboratori fino al documento finale che sarà consegnato ai governanti di tutti i Paesi, Terra madre è ancora una volta il simbolo di tutte le diversità del mondo. E, in particolare, è l’occasione per capire e condividere la voce dei piccoli produttori dell’Africa, dei contadini che stanno riscoprendo se stessi e ritrovando fiducia, dignità e orgoglio nel loro patrimonio culturale: l’agricoltura a conduzione familiare, che è il fondamento della produzione alimentare sostenibile, della gestione ecologica del territorio e della sua biodiversità.
A Terra Madre c’è anche la bancarella delle comunità del cibo della nostra Val di Vara: i contadini di Pignone con patate e granoturco dall’asciutto, i contadini del pisello nero di L’Ago, i raccoglitori di funghi di Carro e i castanicoltori, e gli allevatori e i produttori del biologico con il miele, i salumi, le marmellate e i sughi delle suore dell’eremo di Buto. E poi la bancarella del presidio del gallo nero della Val di Vara. A fianco, nel Salone del Gusto, c’è anche la farinateria più antica della città, la Pia.
Terra Madre fa davvero riflettere. Non si può affrontare la “grande crisi” solo con le vecchie concezioni. Saremo sempre città industriale, ma producendo in parte cose diverse da prima. E poi saremo città turistica, certo: ma al fondamento del nostro turismo c’è un territorio unico al mondo, che scomparirà se non verrà coltivato dall’uomo. Non si può non pensare, quindi, al ritorno alla terra, alla rinascita di un’agricoltura dinamica, che guardi ai saperi del passato e sfrutti nel contempo le tecnologie moderne. Una strada da seguire per creare nuovi posti di lavoro e nuovi stili di vita. Nei giorni scorsi gli amici di Campiglia mi hanno raccontato come, nonostante tutto, ci sia chi riprende a coltivare i terrazzamenti. Le premesse e gli esempi, quindi, ci sono già. Le istituzioni devono supportarli, perché scommettere sull’agricoltura significa dare una speranza non solo a chi la pratica, ma anche a tutti noi. Significa investire sul nostro futuro.

lontanoevicino@gmail.com

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